Capitolo 53 (prima parte)

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Ieri sera Sabrina Messieri mi ha chiesto di passare alla sede della Villafiore Recording, così ho fatto una veloce colazione insieme ad Alizée, scusandomi per il fatto di essere di corsa, e mi sono lanciata per strada per non arrivare tardi

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Ieri sera Sabrina Messieri mi ha chiesto di passare alla sede della Villafiore Recording, così ho fatto una veloce colazione insieme ad Alizée, scusandomi per il fatto di essere di corsa, e mi sono lanciata per strada per non arrivare tardi.

La casa discografica è nella zona occidentale della città. Da "casa Arnaud" non sono vicina, perché devo superare un paio di quartieri, la zona universitaria e altri tre quartieri, cambiando altrettanti autobus.

Ho passato tutto il tempo a messaggiare con mio padre, spiegandogli cosa è successo e perché ho deciso di andarmene da mia madre. Credo che si senta in colpa perché, se non avessimo ripreso i rapporti, non sarebbe mai accaduto. Ne dubito, perché in qualche modo io sarei comunque esplosa e lei avrebbe perso la testa.

Non siamo conciliabili. Ci siamo solo sopportate per tutti questi anni perché non potevamo fare altrimenti.

Il punto di rottura è arrivato quando lei ha pensato che Mike mi avrebbe mantenuta. Non l'ho detto a papà, perché una piccola parte di lui spera che un giorno lo perdonerà e io non posso dirgli che la sua ex moglie lo rivorrebbe indietro per il suo stipendio. Anche se nemmeno quello ha potuto nulla sui suoi nervi saltati che hanno portato al divorzio.

"Domani vieni a pranzo da me" è l'ultimo messaggio che leggo, prima di varcare l'ingresso della casa discografica e di immergermi nei corridoi color caramello da film hollywoodiano. Gli rispondo che va bene, poi entro in apnea fino a quando arrivo all'ufficio di Sabrina Messieri.

Non sono sicura che questa donna mi piaccia, nonostante abbia fiducia in me e creda che abbia delle grandi potenzialità. Continua a chiamarmi "ragazza" invece di usare il mio nome e usa quella maledetta sigaretta elettronica che riempie l'aria di un nauseabondo aroma vanigliato che alle mie narici sembra di plastica. Come di un giocattolo a buon mercato e di pessima qualità.

Ora che provengo da casa di Alizée, coccolata dal profumo dell'incenso che ha acceso ieri sera dopo cena e che si è impregnato sui miei vestiti... Sento ancora di più la differenza.

Busso ed entro appena mi dà il permesso, travolta dall'odore della poltiglia che sta inalando. Accenno un colpo di tosse, per farle capire che il tanfo mi dà la nausea come se fossi incinta. Forse ho il naso troppo sensibile, perché non ho mai visto nessuno fare una piega nel presentarsi nel suo studio.

Anche oggi ha un incredibile trucco brillante sugli occhi, tra ombretto e matita glitterata. Non è una donna a cui piace passare inosservata.

«Ragazza, è vera questa storia?» mi chiede subito, facendo cenno di chiudere la porta.

Inspiro ed espiro profondamente, obbedendo e rassegnandomi all'implicazione logica della domanda. Sa di me e Mike.

«Quale storia?»

«Che stai con un giocatore della Vulnus.» Mi indica di sedermi di fronte a lei e lo faccio.

«Sì, ci sto insieme» dico ferma, sostenendo il suo sguardo inquisitore. «È l'unica cosa giusta che hanno detto della nostra relazione.»

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