Non ho mai pensato che avrei avuto un camerino per suonare in un locale. Non è proprio il mio, perché è quello dei vari musicisti che si alterneranno durante i vari giorni della settimana.
Questa sera lo sto condividendo con la ragazza che era venuta a parlarmi mentre aspettavo una decisione del proprietario e del manager del posto.
Sto sulle mie, sono nervosa. Continuo a guardarmi nello specchio, e vedo ogni piccola imperfezione sul mio viso, a partire dall'eyeliner che ho rischiato di sbavare e che ho dovuto aggiustare di corsa. Persino il mio neo sulla guancia mi infastidisce, nonostante sia molto laterale quasi sotto l'orecchio. E mi sento truccata come una bambola.
Indosso il vestito del matrimonio di Bruno e Cornelia, che mi calza perfettamente. Almeno una cosa è andata da subito per il verso giusto. Stiro le pieghe, lanciando occhiatine al mio riflesso. Non possiedo una grande disinvoltura sui tacchi, mi sembra di camminare su dei trampoli... Se non dovessi stare seduta e suonare al pianoforte avrei una paura pazzesca di cadere e fare una figuraccia.
«Bimba, ti senti bene?» mi chiede la ragazza.
Lei è avvolta da un abito blu scuro, che risalta gli occhi chiari e che la fa sembrare ancora più elegante di quanto non mi sia già sembrata la prima volta in cui ci siamo incontrate – quando aveva dei semplici jeans con una maglietta.
«Spero di non cadere» mormoro.
«Ci sai camminare?» Accenna con il mento ai miei tacchi, anch'essi reduci dallo stesso matrimonio.
«Ci ho camminato. Ma non è il mio forte.»
Fa una smorfia pensierosa, studiando la mia figura per intero. Mi fa sentire a disagio: non mi bastava la stretta allo stomaco che non mi abbandona da quando ho iniziato a prepararmi a casa? Deve mettercisi anche lei?
Si rizza in piedi quando bussano alla porta. Il manager, che non aspetta la nostra risposta per entrare.
Se ci avesse trovate mentre ancora ci stavamo vestendo?
Anche lui mi passa ai raggi X, scrutandomi dall'alto in basso e poi dal basso verso l'alto.
«Non sei male, temevo il disastro» commenta. Mi studia, come se fossi una statua in una mostra d'arte. E io mi sento esposta in una maniera che mi fa vergognare di me stessa.
«Sì, puoi andare. Nelly, sei pronta?»
La ragazza annuisce.
«Tra un quarto d'ora tu inizi» dice allora, rivolgendosi di nuovo a me. «Hai studiato tutto?»
«Con uno dei brani ho avuto difficoltà» ammetto. Preferisco essere sincera.
«Preparalo bene per giovedì.»
Ci lascia, richiudendosi la porta alle spalle con un tonfo secco.
«Fa sempre così?» chiedo.
«Già, non è il massimo della cordialità» risponde, con amarezza. «Lo sopporto solo perché mi pagano bene. E perché sono puntuali con i pagamenti.»
Almeno c'è una cosa positiva nell'essere fissata come una fetta di torta.
«A proposito, non posso chiamarti "bimba" per sempre. Qual è il tuo nome?» Mi porge una mano, che le stringo sentendo la sua pelle vellutata. «Io sono Antonella, ma tutti mi chiamano Nelly.»
«Io sono Lavinia, ma tutti mi chiamano Lav.»
«Be', Lav, spero che resterai a lungo. Per suonare il pianoforte si sono presentati solo dei maschi e non mi piace l'idea di dover stare qui con loro. Hai qualche domanda, ti serve qualche consiglio?»
«S-sì» esito per il cambio brusco di argomento. «Ho l'ansia.»
«È normale. Inspira ed espira profondamente.» Fa dei cenni con le braccia, per aiutarmi nella respirazione, e mi guida nel ritmo di ogni boccata d'aria che inalo.
Sembra funzionare, perché sono così concentrata su ogni respiro da tenere fuori le preoccupazioni.
«Ci sono solo maschi, hai detto?» le chiedo appena mi sento un po' meglio.
«Per suonare al nostro piano sì. Al terzo c'è una violoncellista straordinaria, ma viene solo un paio di volte a settimana.»
«E tu sei qui tutti i giorni?»
«Sì, questo è il mio lavoro.»
Il suo lavoro.
Accenno un sorriso. Si può vivere di musica, si può avere uno stipendio che mi permetta di suonare e basta. Potrei farcela.
Parliamo per qualche minuto, in cui mi dice di essere la cantante del posto – cosa che avevo immaginato, perché alcuni brani sono delle canzoni riadattate per pianoforte – e io le spiego il "discorso Conservatorio", collegato al mio secondo lavoro.
Quindi ho due lavori? Direi di sì, visto che vengo pagata per suonare qui. O meglio: per stasera e per la prova di giovedì lo sarò senz'altro. Se dovessero accettarmi, allora avrei due lavori.
Poter studiare musica e realizzare i miei sogni non sembra più un obiettivo inavvicinabile, messo in questi termini. Motivo per cui stasera e giovedì dovrà dare il meglio di me.
Ansia. Di nuovo.
Riprendo a inspirare ed espirare come mi ha mostrato Nelly. Chissà quante volte avrà dovuto farlo lei...
«Sarai grandiosa, quando ti ho sentita suonare mi hai conquistata subito. E noi siamo solo il sottofondo della cena, nessuno noterà se stoni qualche accordo. Stai tranquilla» prova a incoraggiarmi. Dev'essersi accorta che man mano che si avvicina il mio momento mi sta risalendo la paura di non farcela.
«A parte il manager, lui proprio mi odia.»
Ho la brutta sensazione che voglia mandarmi via e che abbia accettato di tenermi qui solo perché Oreste Faggi è amico di Riccardo.
Nelly lascia cadere la mia considerazione nel vuoto e guarda l'orologio sulla parete. «Per te è ora, vai. Incantali tutti!»
Spazio autrice
Ed ecco Lavinia al suo primo giorno nel nuovo lavoro! Che dite, se la caverà?In questo capitolo facciamo la conoscenza più ravvicinata di Nelly. Era già comparsa nel capitolo in cui faceva il colloquio, la ricordate? Sappiate che io la adoro, quindi dovrà piacere per forza anche a voi, non avete scelta!
Ho visto che le letture su questa storia stanno salendo sempre di più, ve ne sono molto grata (e questa cosa mi rende immensamente felice) <3
Baci a tutti,
Snowtulip.
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Note a canestro
RomanceLavinia ha un sogno, diventare una pianista di professione, e un amore segreto, il giocatore di basket Mike Cooper. Lo ama di un amore platonico, più profondo di quello che potrebbe legare una tifosa al suo giocatore preferito. E non si permetterebb...