Capitolo 3 (prima parte)

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"È un periodo incasinato

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"È un periodo incasinato. Mi farò viva io."

Continuo a pensare al messaggio che Audrey mi ha inviato stanotte, quando a New York era sera. Ha scelto con cura l'orario, per evitare che potessi risponderle subito e provare a contattarla.

Ignoro le chiacchiere dei ragazzi, che hanno iniziato a comportarsi dagli scemi che sono. Ai loro occhi devo avere un'aria grave, appesantita dai pensieri che tengono banco nella mia mente da settimane.

Teo entra in palestra insieme al coach. Sono entrambi tesi, con la faccia di chi ha passato gli ultimi minuti a discutere – Teo maschera ogni emozione dietro alla solita espressione impassibile, ma negli anni ho imparato a leggerlo.

Noi abbiamo già iniziato il riscaldamento. Emanuele ha già fatto gruppo con Pala, Jemmy, Niko, Marco e Ryan: se ne stanno tutti dallo stesso lato della palestra e ogni tanto qualcuno fa dei commenti che fanno ridere gli altri. Mi fa piacere che un ragazzo nuovo si sia integrato con parte della squadra. Fa bene a tutti che non ci siano tensioni tra noi.

Mi basta vedere lo sguardo basso di Léo appena scorge Jacob con la coda dell'occhio. Non potrei sopportare altre rivalità – ammesso che quella tra loro due sia puramente sportiva e che non si portino dietro altri rancori di cui sono all'oscuro.

Teo si sistema accanto a me per gli ultimi esercizi di riscaldamento sul posto. «Arriva oggi, ma è tutto ok.»

Si riferisce a Ethan Carson, a cui mi ha accennato ieri sera.

«In che senso è tutto ok?» gli chiedo a bassa voce, per evitare che il coach ci riprenda. Per fortuna è concentrato a scambiare qualche parola con il vice e non bada a noi, né a Niko che ne ha sparata un'altra delle sue strappando un sorriso persino a Léo.

«Poi» si limita a dire Teo. Jacob è troppo vicino e potrebbe ascoltarci.

Apprezzo la sua premura: preferisco che i nostri dubbi su come la società sta costruendo la squadra rimangano tra me e lui, meglio che gli altri ne siano all'oscuro.

Finiamo il riscaldamento, e poi passiamo a una sessione di allenamento sugli schemi in campo. Siamo interrotti da Arrigo Sabelli – il dirigente della Vulnus che si occupa del mercato – accompagnato da un ragazzo alto, bianco e biondo, con due spalle large e la mascella squadrata. Lo riconosco subito: Ethan Carson.

«Ragazzi, lui è Ethan» ce lo presenta. Il nuovo arrivato passa a stringere le mani di tutti, iniziando dal coach che lo accoglie con gioia. Fa il giro di tutta la squadra, sistemata in cerchio.

Niko, preso alla sprovvista, esita per un istante prima di ricambiare il suo saluto entusiasta, e ne capisco il motivo: se lo hanno preso, significa che sarà lui a giocare titolare e che Niko sarà l'ala grande che partirà dalla panchina. E io, che sono la riserva di Niko, partirò ancora più indietro nelle gerarchie di Colucci.

Quando Ethan arriva a me, mi rivolge un gran sorriso, che non saprei a cosa imputare. Sarà preso dalla frenesia di iniziare il prima possibile, magari anche subito, e di dare il suo apporto alla squadra.

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