61. Filofobia

137 10 27
                                    

L'amore é un affare molto complicato.
Amare ha due facce, come tutto.

Una faccia é gioiosa: é quando con la persona amata si passa del tempo in felicità.

Una faccia é triste: é quando il dolore é insopportabile, opprime il petto e ti lascia senza vitalità.

Esiste in vari gradi e sfumature.
Può essere amore fraterno, passionale, totale, platonico, spirituale e tanti altri.

É naturale amare quanto non amare.
Probabilmente, la scelta più saggia sarebbe non amare; anche se non sta alla persona scegliere.

Capita e basta.

Ma se fosse a comando, forse molta gente sceglierebbe di non amare.
Meno patemi, meno dolori e meno delusioni.

Questo é il caso di Roberto, Piemonte.

Ma andiamo con ordine.

•~-~•

Se c'è qualcuno che Roberto ha amato, in un certo senso, quella é stata la famiglia dei Savoia.

La sua devozione per la casata sabauda era stata sempre immensa, perché lo avevano mantenuto libero e reso nel tempo prosperoso.

Con le giuste alleanze, a parte brevi periodi, i Savoia gli avevano permesso di salvarsi dal dominio di nazioni estere, come non era invece capitato a molti suoi fratelli.

Era tanto per lui, dati i suoi trascorsi precedenti: aveva qualcuno al suo fianco.
Infatti aveva passato molto tempo da solo, anche sotto il controllo dell'Impero Romano, ignorato.

I Savoia erano stati l'opposto.
L'avevano cercato, accolto nelle loro belle dimore e tenuto di conto.

Lo trattavano come se per loro lui fosse davvero importante.
Come se lui fosse degno di far parte della famiglia.
Come se lui fosse degno di affetto.

Era stato allora così semplice per la regione lasciarsi andare a quella sensazione.

Perché quando non ricevi qualcosa, appena te ne danno una briciola, ti attacchi alla mano che ti ha "nutrito".

Senza accorgersene, si era reso schiavo della casata sabauda.

Dipendeva in modo assoluto dalla volontà dei reali: svolgeva tutto quello che essi gli imponevano, tutto pur di ricevere brevi complimenti e qualche briciola di affetto.

Quindi chiudeva gli occhi e si rendeva sordo di fronte alle azioni ingiuste che subiva.
Sopportava quella velata e continua umiliazione, pur di essere tenuto di conto ed essere guardato con un'ombra di fierezza.

Doveva sempre schierarsi dalla loro parte, far credere alle sue genti che le scelte dei regnanti fossero giuste, anche quando il popolo pensava tutt'altro.

Si sentiva un traditore.
Eppure per ricevere attenzioni era costretto a voltare le spalle ai sogni e pensieri del suo popolo.

Per ricevere una carezza breve sulla guancia, un vago sorriso o un breve complimento, sottostava ai loro sguardi sufficienti e algidi quando commetteva un passo falso.

Si chiudeva nel suo studio e lavorava e lavorava, compiendo la maggioranza dei compiti reali, perché i Savoia se ne erano lavati le mani.

«Sei tu queste terre e queste genti, é il tuo dovere gestirle. Noi serviamo solo come volto per gli umani, perché non possono conoscerti. Inoltre, chi può conoscere questi territori meglio di te? Se agissimo noi, ti feriremmo e noi non vogliamo questo.»

Tale discorso, forse con qualche minuscola variazione, gli era stato ripetuto più e più volte nei secoli.

Quando Roberto, con cortesia e mostrandosi sempre sottomesso a loro, tentava di mostrare loro che aveva troppo lavoro fra le mani e che non poteva pure fare tutto il resto che gli chiedevano, lo liquidavano così.

Casa Vargas- Le regioni d'ItaliaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora