80. Una battaglia nel XV secolo

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Maclodio, 1427.

I due eserciti si affrontano nel piccolo paesello della Pianura Padana, in scontri principalmente individuali, ma confusionari nella marasma di gente, fra chi è a cavallo e chi a piedi.

La polvere da sparo non c'è ancora e come armi ci si può accontentare di armi bianche, lance e qualche arma da lunga gittata.

I due non umani, con dalla loro parte la loro gioventù, bassezza e agilità, schivano la maggioranza degli incontri e degli avversari, cercandosi.

Si percepiscono sul campo di battaglia; impossibile non sentirsi come attratto dal tagliare la gola all'altro, spingere fra la polvere e il sangue il corpo del nemico caduto e dichiararsi vincitori.

Il miele incontra il grigio e i due non umani si incontrano in un piccolo spazio come lasciato libero solo per loro due.
<Oh, sei ancora vivo.> commenta il lombardo, estraendo la propria spada e mettendosi in posizione di difesa.

<Non usare quel tono così deluso Luca, potrei perfino pensare di starti antipatico!> ironizza in risposta il veneto, ridacchiando.
Sguaina anche lui la spada, ma in aggiunta gli appare su un fianco una piccola busta di pelle sorretta da una cintola del medesimo materiale e da cui estrae una carta.

<Che trucchetti vorresti utilizzare questa volta, Girolamo? Sono tornato a riprendermi quello che è mio!> asserisce Luca, ai nostri giorni Carlo, fiondandosi sull'avversario.

Girolamo para in fretta il colpo e fa un salto indietro, allontanandosi, e lanciandogli una carta contro, mezzo-urlando: <Fortuna rovesciata!>

Il lombardo è preso un attimo di sprovvista e si accorge solo quando ormai é troppo tardi che la carta è esplosa in scure scintille che gli finiscono sul volto.

La sensazione è uguale ad essere avvolti dal fumo più scuro, tossisce e non vede nulla, brancolando nel buio.
Per fortuna, le sue orecchie funzionano bene e percepisce i passi davanti a sé e la lama che fende l'aria.

Arretra velocemente di vari passi, percependo la spada affondare nella terra e varie imprecazioni volare veloci.
Finalmente il fumo sparisce e un furente Girolamo si sta dirigendo verso di lui per attaccarlo ancora.

Luca para e tenta un affondo, mancando il più basso di miseri centimetri.
<Che c'è? Le sconfitte ti hanno reso un vecchio fiacco~?> lo provoca il veneto.
Avendo schivato con una piroetta, sfrutta il giro e l'inerzia per attaccare al fianco il nemico.

Ma il lombardo para prontamente il colpo e punta alla gola altrui, scoperta.

Loro non indossano armature, se non qualcosa di leggero. Loro non hanno paura della morte, rinasceranno. E anche se sono in guerra, ora come ora sono sprezzanti.
Per stupidità o superbia è difficile dire, la linea che divide le due è sottile.

Girolamo si accovaccia, lancia un'altra carta e dice: <Imperatore rovesciato!>
La carta si dissolve per terra ed essa trema sotto i piedi del nemico, confuso. Viene travolto da una colonna di terra che si erge sotto di lui e lo trasporta in alto a velocità rapidissima.

Ma come si erge dal terreno, si sbriciola e diviene polvere, lasciando a Luca il problema di cadere da vari metri di altezza.
Imprecando fra i denti, cerca di tenersi di schiena e rimette la spada nel fodero.

L'impatto è forte e gli spezza il fiato, spalancandogli gli occhi a forza. La testa gira e il terreno traballa ma non può rimanere inerte ad accettare la sconfitta.

A fatica, mordendosi le labbra, rotola di lato ed evita un fendente, commentato dall'altro con imprecazioni.
Risguaina la spada e tira il fendente a caso, traballando sulle gambe e arretrando.

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