127. Musica consolatrice

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<No, niente radio!> esclama Rosa, girando e pigiando con la manopola della radio dell'auto, ricordandosi dopo qualche secondo come si spenga.

<E perché?! Per arrivare fino al benzinaio c'è un pezzo abbastanza lungo di strada. Il che è una fregatura.> sbuffa Giovanna, che sta guidando.

<Voglio mettere io la musica.> si difende  la ligure.
<Mh.> è l'unica risposta.

<Mi ringrazierai.> promette la più bassa.
Smanetta qualche attimo con il telefono. Va su un'app molto legale per ascoltare musica, cerca nella cronologia e clicca la prima canzone che le piace in quel momento.

Una chitarra suona una melodia lenta e alla sicula non serve una vasta conoscenza musicale per riconoscerla.

<De André? Perché non mi sorprende?> domanda lei.
<Perché mi piacciono le sue ballate?> risponde a tono l'altra, sulla difensiva.

Intanto "La guerra di Piero" riempie l'abitacolo, il cellulare della settentrionale che fa concorrenza alla radio per rumore.

<Perché tale allegria?> sbuffa Giovanna. Non ha voglia di pensare alla guerra. È una regione millenaria, ha già abbastanza tempo dedicato a ripensare ai suoi orrori. E in teoria la settentrionale dovrebbe capirla.

<Perché De André è fatto così, non è un allegrone. E mi piace la melodia delle sue canzoni.> ribatte a voce alta Rosa, ben più abrasiva del normale.

La cosa ironica è che appena dopo le sue parole cala un breve silenzio nell'abitacolo e De André riesce magicamente a infilarci i versi "Sparagli Piero, sparagli ora / E dopo un colpo sparagli ancora / Fino a che tu non lo vedrai esangue / Cadere in terra a coprire il suo sangue"

Giovanna lo copre, prima che riesca anche solo ad aggiungere "E se gli sparo in fronte o nel cuore / Soltanto il tempo avrà per morire", notando: <Non c'è bisogno di essere così rude, Rosa. Perché sei così sulla difensiva?>

<Sei diventata cieca? Anzi, meglo, sei diventata sorda? Di solito come vedi che mi comporto? Come uno zuccherino adorabile e pacato?>
<No, ma solitamente sei più o meno vivibile. Ora sei proprio insopportabile. Da calcio nel culo per farti ritornare furba, se non stessi guidando.>

Il cantautore ancora una volta si intrufola nella loro conversazione, aggiungendo: "Cadesti a terra senza un lamento / E ti accorgesti in un solo momento / Che la tua vita finiva quel giorno / E non ci sarebbe stato un ritorno".

Solo allora Rosa risponde: <Grazie, eh. Gentilissima.>
Ma la voce è più arresa, persa. Fissa lo schermo scuro del telefono, sperando in chissà cosa.

La siciliana nota la cosa dalla coda dell'occhio. Si morde l'interno guancia e sospira silenziosa.
Sembra proprio che le tocchi fare da mamma fuori orario e con una che non ha cresciuto lei... perfetto!

Che vita ingiusta la sua!

Non è strettamente obbligata a niente, a dire al vero. Però, d'altro canto, se secoli e secoli passati a fare la madre (costretta per colpa di un certo stronzo) le hanno insegnato qualcosa, è quello di essere un minimo meno egoista.

Se gli altri stanno male, un po' le dispiace. Vuole aiutarli, perché se stanno bene, può star bene anche lei.

Ogni tanto la sua empatia è schiacciato dall'educazione con Antica Grecia, radicata dentro di sé più di quanto le piaccia ammettere.

A tratti abbraccia la vita spartana, con la sua disciplina dura, piena di sacrifici e dolori e in cui il proprio onore è tutto.
In altri momenti si lascia avvolgere dai metodi sofisti, per cui il mondo è relativo e ogni problema può essere capovolto a proprio favore, tutto grazie all'arte delle parole.

In altri ripercorre le teorie dei filosofi, sia propriamente greci che suoi: Eraclito, Parmenide, Archimede, Empedocle, Socrate, Platone, Aristotele e via discorrendo.

E in altri fa vincere la nuova sé, smussata. Quella sé ibrida, il risultato delle occupazioni romane, arabe, normanne, francesi, spagnole...
Quella sé che non viveva solo di solitudine e della madre dai modi altalenanti.

Quella poco più che ragazza che si era ritrovata il peso di svariati marmocchi sulle spalle e, per qualche strana ragione, non aveva mollato.
E aveva scoperto la bellezza di avere qualcuno con cui avere un vero legame, una vera famiglia, dei fratelli con cui condividere e creare memorie.

Quindi, nonostante una parte di sé rimpianga la vecchia sé, solitaria e un po' misantropa, fa vincere la nuova sé più attenta.

<Ehi, che succede? Ti sei svegliata male oggi?> domanda la meridionale, il tono molto pacato.

Rosa non le risponde, fissando avanti a sé.
Don Raffaé inizia a suonare, invadendo ogni anfratto del veicolo.

Per fortuna il silenzio dura fino all'inizio del ritornello, quando viene cantato la prima volta.
Rosa ferma la musica una volta al distributore del gas.

Scendono entrambe, anche se la siciliana fa tutto il lavoro e la ligure guarda torvo qualsiasi essere prova ad avvicinarsi a Giovanna.

Sa benissimo che si sa difendere da sola, ma vorrebbe evitarle il fastidio. A quanto pare la gente non sa non fare l'ormonata appena vede una donna con un minimo di pelle scoperta.

-Bleah-, pensa la settentrionale. Cosa c'è di eccitante in vedere una donna con degli shorts di jeans e un top a fascia? La stessa cosa vale per un uomo a petto nudo, che cosa c'è di eccitante?!

Non lo capirà mai.

Una volta pagato e risalite, la più bassa fa ripartire la musica. Prende coraggio mentre De André racconta della politica italiana con: "Prima pagina, venti notizie / Ventuno ingiustizie e lo Stato che fa / Si costerna, s'indigna, s'impegna / Poi getta la spugna con gran dignità".

Finalmente ammette: <Mi piace De André perché in qualche modo è terapeutico. Canta della sua terra, quindi dei miei territori, parla dei problemi miei e nazionali. Mi pesano, come so che a te pesano i tuoi. Ma sentirli cantati, resi un'opera d'arte... li rende accettabili. Più chiari da vedere e possibili da risolvere.>

Prende un bel respiro e si permette un piccolo sorriso in volto, un po' malinconico, certo, ma vero.

<La musica è utile. Quella straniera, per urlare fuori la mia rabbia attraverso situazioni che non ho vissuto, non propriamente. De André, per averle incanalate più precisamente, per ricordarmi i miei sbagli e cosa devo migliorare.>

Rosa resta poi in silenzio, mentre la canzone termina.
Non parla spesso a voce alta di quello che le passa per la testa, ma ritiene Giovanna coscienziosa e quindi si fida.

Poi, crede possa capire. Avrà anche lei un metodo per lasciare fuori quello che ha dentro, altrimenti sarebbe impazzita ancora peggio di Francesca. Non sarebbe stato un bello spettacolo.

<Capisco bene. La musica non è il mio principale canale di sfogo, ma comprendo.> dice la sicula dopo svariati secondi di silenzio.

<Grazie per avermelo confidato.> aggiunge, dopo qualche altro secondo, come se se ne fosse scordata e volesse metterci una pezza sopra.

Ma pare così genuina. E a Rosa in quel momento non frega una beata minchia se è totalmente sincera o meno; finché non lo spiffera in giro va tutto bene.

Quindi sorride, con meno tristezza e un po' più ampiamente, e risponde: <Grazie a te per avermi ascoltato e sopportato mentre ero simpatica quanto un palo in culo.>


N/A: spero vi sia piaciuto, con gli esami di maturità alle porte sono più stretta di tempi.

Quindi se ci saranno ritardi o capitoli scadenti, sorry.

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