147. Nuovi politici per niente graditi

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N/A: io non devo decisamente fare storia perché nell'ultima mezz'ora continuavo a pensare ad Henry che faceva "WIIIIIII" nell'Oceano Atlantico...

Se volete risposte, nei commenti chiedetemi.
Io vi lascio al capitolo!

Sofia vorrebbe voluto andarsene da quella casa e rifugiarsi nella sua amata casetta a Bologna. Però forse non basterebbe.
Non impedirebbe alla realtà di essere tale e proseguire inesorabile. Il pensiero la schiaccia e la umilia più di quanto già non lo sia, con la sconfitta enorme ricevuta.

A questo punto potrebbe solo desiderare di potersi rintanare in un'altra dimensione, dove quella fascista non c'è o, per lo meno, non abbia vinto le elezioni.

Ma non può. Serra le mani a pugno e continua a camminare per il giardino della villa fuori Roma in cui abita con gli altri. Arriva vicino al muretto di pietra e dà un calcio ad un povero sassolino. E poi dà un calcio ad un altro. E dopo un altro ancora.

Ma non sta meglio, la frustrazione rimane mentre la scuote. Vorrebbe poter reagire meglio, essere più distaccata e ragionevole, ma non ce la fa più a tenere sempre la testa sulle spalle.

Sono anni che si aggrappa ad una piccola, piccolissima speranza e certezza, e ora che anche quella è stata recisa e bruciata, è stata annientata pure la sua logica.

Momentaneamente, ovvio; ricostruirà in poco tempo i suoi nervi, ma in quel momento non ce la fa ad essere intoccabile perché fredda come una macchina.
Non è mai stata un robot e in quel momento sicuramente non la è, vulnerabile ed estremamente incline a gesti sconsiderati, oltre che in preda all'idiozia, ferita e chissà quante altre sensazioni che si mescolano e rimestano dentro di lei.

Una domanda la strappa dai suoi pensieri: <Cosa ti hanno fatto di male quei sassi?>
Sofia volta di scatto la testa, trovandosi davanti Carlo, in tutta la sua serietà. Anzi, cazzata, non è serio. Ha uno sguardo troppo attento per essere annoiato e le sopracciglia sono inarcate in modo diverso. È curioso.

<Non posso dare dei calci nello stomaco alla nuova premier, lasciami calciare i sassolini.> si difende l'emiliana, incrociando le braccia al petto.
Non ha voglia di parlare con nessuno, neppure Anna, che è praticamente del suo medesimo umore. Non ha bisogno di Carlo nei paraggi, che la scombussola. E non sa più se per le sue ideologie politiche o se per i sentimenti che porta a galla.

<Che immagine cruenta.> commenta lui, sarcastico. La sorpassa e si siede sul muretto proprio dietro di lei, osservandola mentre su gira di 180° per guardarlo di nuovo in faccia.

<Seh, certo.> sbuffa lei <Come se due come noi non avessimo fatto di peggio in guerra e non solo.>
<E anche a qualche politico, non solo a poveri soldati, mh?> chiede retorico, infilando le mani in tasca ed estraendo un pacchetto di sigarette e un accendino.

Prende una sigaretta, se la avvicina alle labbra e conta 5 volte in cui prova ad attivare la fiamma e, anche se già alla 2° volta si è accesa, aspetta la 5° per accendere la sigaretta.

Rimette via l'accendino mentre Sofia trova il modo più provocatorio per rispondergli: <Mi piacerebbe tanto emulare Piazzale Loreto nella primavera del '45, dato che tanto amano Mussolini, ma mi accontento di una piazza qualsiasi di Roma, non bisogna farsi tutta la strada fino nei tuoi territori.>

Carlo alza le sopracciglia, ma lei non sa se sia vera sorpresa o stia solo fingendo, come la buona parte delle volte. Forse è proprio per quello che le piace, è frustrante non comprenderlo e lei, se c'è una cosa che ama, è conoscere.

<Peccato, per una volta mi sarebbe piaciuto decidere in che luogo impiccare dei fascisti.> commenta, riprendendo la sigaretta tra le labbra, inspirando profondamente.

<Che ne hai fatto di Carlo? Lui non parla così.> ribatte l'occhialuta, avvicinandosi. Se devono conversare, che la guardi e non si concentri su quella dannata sigaretta, per diamine!

Il lombardo rimuove la sigaretta dalle labbra ed espira il fumo dalle narici, neanche fosse un drago pronto ad attaccare. La osserva con la sua solita estrema indifferenza e si difende: <Ho fatto i miei errori, sono stato egoista ma non vuol dire supporti più quelle idee.>

<Ah sì? Puoi sostenere una cosa senza dire di farlo, può essere anche una cosa inconscia, che non realizzi.> punzecchia Sofia.

<Solo perché ritengo che esista un darwinismo sociale? Che chi è debole, perisce nel nostro sistema?> la interroga, storcendo le labbra, per poi aspirare di nuovo dalla sigaretta.

<Sì. Assolutamente sì. Tutti hanno il diritto, in quanto persone vive, pensanti, immerse nel mondo, di essere protetti e avere i mezzi per vivere dignitosamente.> afferma, sicura.

<È solo un'utopia e, come tale, non si realizzerà mai.>
<Allora dobbiamo condannarci e non provare neppure a cambiare?> inquisisce Sofia, allargando le braccia, esasperata. Come fa a volere il bene delle sue genti, se pensa così?

<Ci abbiamo provato tante volte e siamo migliorati, ma abbiamo un limite. L'umanità ha un limite. È egoista. È insensibile. C'è chi crede nella tua utopia, ma chi ha il coltello dalla parte del manico li distruggerà.> quasi sibila Carlo, aggrottando le sopracciglia, portandosi con un gesto fin troppo secco la sigaretta alla bocca.

Sofia, nonostante la sua rabbia, la conversazione e l'atteggiamento altrui, sorride. Ma l'espressione è fredda, derisoria, non è sincera. Lo sta emulando, e odia ciò, ma è anche l'unico modo per fargli capire qualcosa.

<Oh, sì, l'umanità è solo crudele e bla bla bla e solo i potenti scelgono bla bla bla... E le rivoluzioni? Non valgono niente? Non esistono nella tua testa, pur di aver ragione?> incalza, sempre con quel sorriso, puntandogli un dito contro.

Carlo continua ad inspirare dalla sigaretta, osservandola truce. Quando si decide a parlare, espirando il fumo in una nuvoletta amorfa, ribatte: <Spesso non sono servite a niente. Rivoluzione americana? Uno Stato a stampo della ex madrepatria piena di discriminazioni e fondata sull'inequità. Rivoluzione francese? Impero di Napoleone e poi Restaurazione. Rivoluzione del '48? Solo bagni di sangue. Rivoluzione Russa? Un regime dittatoriale crudele.>

<E i partigiani? La loro resistenza non ha fatto niente?> gli chiede Sofia, senza perdere un colpo, il sorriso scomparso. Non ce la fa ad emularlo a lungo.

<Senza gli angloamericani sarebbero rimasti un moscerino neanche troppo molesto.> asserisce lapidario Carlo.

<Senti.> impone l'emiliana, decisamente stanca del suo atteggiamento in quel momento <Non so cosa di preciso ti sia successo di grande trauma nella tua vita per farti essere così cinico ma devi riconoscere che quella neo nazifascista come capo di Governo non farà che danni.>

Il lombardo finisce la sigaretta, spegnendola sul muretto sul quale è appoggiato. Si prende il suo tempo per rispondere.
<Sì, assolutamente, vorrei poterle spaccare la faccia io stesso per tutte le stronzate che le escono di bocca.>

Ok, Sofia deve ammettere che è stupita.
Spalanca gli occhi mentre Carlo se la ride sotto i baffi. Si alza, le dà dei colpetti con chiara ironia su una spalla, la sorpassa e conclude: <Avrò i miei traumi e i miei sbagli, ma sono cambiato su alcuni aspetti. Ho le mie idee, ma non le voglio nella vita politica italiana. Sarebbe auto distruttivo.>

L'emiliana annuisce anche se l'altro non lo vede e, per non dargliela vinta, mezza urla: <Allora lo sai anche tu che hai delle idee del cazzo!>

Lui bellamente la ignora, tornando verso la porta di casa.

L'occhialuta si appoggia al muretto e si convince per l'ennesima volta che Carlo è un enorme mistero. Ma almeno è felice che non solo lei non è entusiasta della nuova premier.

Sempre meglio avere un alleato in più quando vuoi progettare un attentato.


N/A: wow, Carlo non è così fascio come si pensa, wow...
E stiamo attenti a Sofia che farà casini.
E si capisce che sono una persona giusto leggermente politica?

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