102. I segni di Lepanto

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N/A: ricordo a tutti voi che Girolamo è il vecchio nome di Giorgio.

Detto questo, iniziamo questo dolcissimo (PFT-AHAHAHAHA) capitolo.


Lepanto, 7 ottobre 1571

Girolamo urla comandi ai suoi marinai, ormai vicinissimi ad una nave nemica e pronti all'arrembaggio.

La maggioranza di quegli uomini lo conoscono da alcuni anni e sanno che, nonostante la sua irruenza e il volto molto giovane, quasi bambinesco, è un bastardello furbo e si fidano di lui.

Almeno non deve sprecare le sue energie per convincere quei mortali a seguire le sue direzioni.
<Pronti!> impone il veneto, una mano aleggiante sopra l'elsa della sua spada ancora riposta nel fodero.

Sa che nella battaglia ci sono anche quelle altre due repubbliche marinare da due soldi, ma sono insignificanti rispetto a lui, al suo aiuto in guerra.

In fondo, l'ha scatenata lui, anche se per un motivo giustissimo.
Quei dannati ottomani gli hanno rubato quell'isola che lui ha onestamente conquistato per primo al suo precedente possessore!

È strategica ed essenziale per i suoi commerci, la rivuole ovviamente indietro!
Quel turco gli è in mezzo ai piedi nel mediterraneo da svariati decenni ed è ora di rimandarlo nel suo cantuccio.

Finalmente i suoi uomini buttano giù le tavole, e così fanno gli avversari, e si mescolano nel mucchio.
<Andate!> ordina Girolamo, sfoderando la sua spada e buttandosi nella mischia.

Se le cose si mettessero male, è disposto ad usare un po' della sua magia, anche se ingiusto ed amorale nei confronti di semplici umani.

Ma poi lo sente.
L'odore di chi è capo, ma oltre l'umano, di un suo simile.

<Allora lo stronzo si è nascosto su una barchetta del cazzo? Pensava di evitare lo spagnolo, sicuro. Beh, ti sei beccato la ben peggiore Repubblica di Venezia.> sghignazza la repubblica.

Segue l'odore, uccidendo nel mentre un ottomano che con la sua luccicante sciabola gli si era parato davanti.
<Bastardo, dove sei?! Affronta un tuo simile!> urla il piccolo Stato, usando la loro lingua speciale.

Alle orecchie del grande Impero arriva il messaggio di sfida chiaro e tondo. Ghignando, sicuro della propria forza e superiorità numerica, ferisce mortalmente l'insulso umano che ha davanti e para il colpo subito arrivato dal nemico suo simile, ma non pari.

Lo schernisce: <Che ci fai, bambino? Lascia la guerra agli adulti.>
Tenta un colpo di sciabola rapido ma letale. Girolamo ha i riflessi di andare indietro con il busto in tempo, piegando le gambe.

Usando quella indietro come molla si spinge avanti e fa un affondo, sfruttando l'inerzia, minacciando: <Vedremo se dirai lo stesso quando avrò finito.>

Sadiq lo evita con estrema facilità e subito muove la sua arma, mirando alla schiena dell'avversario, lasciata scoperta.

Girolamo, per esperienza, aveva tenuta preparata una carta di protezione e l'attiva un attimo prima dell'inevitabile.
<Usi la magia? Interessante.> commenta l'Impero, fissandolo con occhi famelici da dietro la maschera.

<Sì, quindi fatti uccidere in fretta!> impone la repubblica marinara, giratosi, provando altre mosse.

Inizia un combattimento meno movimentato, basato sul botta e risposta, sul parare e attaccare.

Una pericolosa danza di coppia in cui un passo falso può risultare fatale.
E nonostante lo svantaggio fisico, il piccolo Stato tiene testa con tutta la tenacia che l'esuberanza gli può dare.

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