157. Guarire dai traumi del passato

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N/A: buon anno nuovo, lettori cari!
Beh, potrà essere anche un nuovo anno, ma tanto le mie stronzate sono le stesse!
...

Buona lettura!


<Marie.> la richiama la sua voce. È bassa, delicata, ma piena di speranza. Vorrebbe scappare, ma non ha la forza mentale per farlo davvero.

È stanca di scappare da lui, di ignorarlo a tavola, di dover sempre o quasi avere le cuffiette con la musica a palla per non venire interpellata.

Ma lì, nel cuore della notte, con lui sul divano che guarda la TV a volume basso, con il suo pigiama a quadretti, le provoca un déjà vu e non può resistere al senso di sicurezza che le trasmette.

Ricorda dopo qualche istante come mai ha tale sensazione. L'aveva trovato così quando era tornata in casa con le lacrime agli occhi, il cuore al galoppo e le gambe tremolanti dopo quell'appuntamento disastroso con quell'avignonese di Equitalia.

Anche in quella sensazione, aveva cercato delle attenzioni perché voleva essere amata, voleva essere amabile, apprezzabile.

Quanto è cambiata in lei in quei 12 anni. Così poco tempo per un essere centeneraio come lei, eppure pieno di eventi.

<Possiamo parlare?> domanda Roberto, di fronte al suo silenzio.
Marie annuisce e si siede sul divano, lasciando un po' di spazio tra loro due.

<Scusa.> ammette lei.
Il piemontese la osserva stupito. Inquisisce: <Per cosa?>
<Per come mi sono comportata di merda con te negli ultimi tempi.>

Il fratello si guarda le mani mentre inizia a sproloquiare: <Ho sbagliato qualcosa? Non che non mi piaccia la mia privacy, ma è stato così brusco e non capisco-.>

<Roberto.> lo interrompe, abbozzando un sorriso. È sempre così... Roberto.
Non lo ama come un amante, ma come un fratello sì. Con tutta se stessa. Come non potrebbe? Mette gli altri prima di sé perché crede fermamente in "tratta gli altri come vorresti essere trattato".

Lei ha il dovere morale di fargli mettere davanti se stesso e, se proprio non può, mettersi lei davanti a lui e proteggerlo da un mondo che vorrebbe solo corromperlo fino al midollo.

<Sì?> replica lui.
<Non è colpa tua. Ho... capito qualcosa io. Anzi, più che capito; l'ho detto ad alta voce e mi sono fatta dare dei consigli.> ammette Marie, torturando la fine della maglietta che indossa.

<Che sono antipatico?> scherza il piemontese. Cioé, ha un sorriso in volto ma non è assolutamente detto sia ironico. Conoscendolo, potrebbe davvero crederci.
<Non lo sei.> ribadisce lei <Ho finalmente capito come uscire dalla brutta situazione in cui ho messo entrambi.>

<Evitandomi?>
Marie abbassa lo sguardo, sentendosi estremamente colpevole. Si scusa: <Non ho mai detto che io abbia seguito alla lettera i consigli. Ho preso la tangente, ho fatto la cosa estrema. Come ho fatto con te per secoli. Come ho fatto sempre, con tutto.>

<Non è vero.> ribatte Roberto, costringendola ad alzarle lo sguardo. Tiene la mano lì, sul suo mento, delicato, ma deciso. Continua: <Tu hai sempre odiato i Savoia, eppure ti sei moderata con loro. Hai amato domestici e sei riuscita a ricomporti quando ti hanno spezzato il cuore. Non hai preso la tangente.>

<Ma per le cose più importanti sì. Con te sì.> si ostina Marie. Non merita il perdono così velocemente dal fratellone. L'ha ferito, eppure la difende anche quando lei si sminuisce.

<Tutti noi sbagliamo Marie.> ricorda lui, risoluto.
Il silenzio cala tra i due per lunghi secondi.

L'ex sabaudo allunga una mano e accarezza quelle della sorella, unite, ben più piccole delle sue.
Marie ha l'impulso di stringere quella mano callosa, dalle dita sottili, e non lasciarla più. Ma non vuole fare movimenti bruschi.

Non vuole oscillare tra attaccamento e abbandono. Toglie lentamente le mani da sotto la presa altrui, poggiando una mano sulla sua, constatando quanto sia piccolina. E prima la differenza era pure maggiore.

Ringrazia con tutto il suo cuore che Roberto sia stato sempre un uomo integerrimo di nome e di fatto, che l'ha vista sempre per chi era: una bambina.

<Cosa hai capito?> indaga lui a mezza voce.
La valdostana alza il capo, notando che Roberto sta fissando i propri pantaloni. Probabilmente lo sa dove si va a parare. E non gli piace.
Non che la entusiasmi.

(Francis ha decisamente rovinato la vita di entrambi.)

<Che ho travisato tutti gli "insegnamenti" che Francia mi ha dato. Tu eri l'unica costante e ho deciso che ti amavo. Era solo una farsa in cui mi sono calata e che credevo fosse vera perché volevo proteggerti.> ammette Marie, cercando il suo sguardo fuggitivo.

Il piemontese usa la mano libera per accarezzarle i capelli, attento a non appiattirne le delicate onde, e sorridendole leggermente.

<L'importante è averlo capito.> asserisce, osservando i suoi occhioni spalancarsi.
Poi, in pochi istanti, si ritrova una pallina di capelli castano chiaro e pigiama rosa pastello addosso, che lo abbraccia con tutte le forze nelle sue esili braccia mentre trema contro il suo petto.

Roberto la stringe forte, appoggiando la testa sopra quella altrui, respirando il suo odore, lasciandola sfogare.
Sente gli occhi lucidi, ma non piange. Non ci riesce. Il suo cuore è troppo in shock per la realizzazione per far fare qualcosa al cervello.

La piccola parte di sè speranzosa aveva ragione: Marie non lo vede come un oggetto, Marie non è quelle donne. Marie è una vittima, come lui, dei Savoia e di Francia.

Entrambi volevano solo affetto, volevano solo essere visti e capiti.
Però lui è stato usato come una bambola. E Marie si è finta una pantomima per rientrare in una categoria che le stava stretta.

(Però non può sapere che Marie vuole ancora bene a Francia, nonostante tutto. Deve ancora fare il passo più doloroso.)

Marie, tra i singhiozzi, balbetta: <Ti ho fatto star male per tutto questo tempo perché sono una stupida. Non merito il tuo perdono. Scusa, scusa, scusa, scusa, scusa...!>

Roberto le deposita un delicato bacino sulla testa e risponde a bassa voce: <Hai sbagliato, ma hai capito i tuoi errori. E, se pensi che queste scuse non bastano, avrai tutta l'eternità per dimostrarmi che mi vuoi bene. Sappi che io ti vorrò bene indipendentemente da quel che fai, perché sei mia sorella e ci tengo a te.>

Al che la valdostana alza la testolina, gli occhi rossi e gonfi. Abbozza un sorriso e si avvicina. Gli deposita un bacetto sulla guancia, sussurrando: <Ti voglio bene, Roby.>

Roberto la emula nel gesto e risponde: <Anche io, Marie.>
E la sorellina lo stringe forte, intenta a non lasciarlo per un altro po'.

Non che il piemontese si lamenti.
È felice di riavere vicino la valdostana, sapendo che anche lei, finalmente, sta iniziando a guarire da tutta la merda in cui i Savoia e Francis li hanno buttati.


N/A: finalmente hanno fatto pace, awwww!
Su un trauma condiviso, AWWWWWW.

...

Beh, io l'ho detto che sono la stessa cogliona.
Spero vi sia piaciuto questo capitolo <3

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