137. Voler vivere come un altro

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N/A: siamo indietro nel tempo, quando lo Stato della Chiesa esisteva ed era prepotente.
Quindi Mario=Matteo

E, piccolo disclaimer, c'è un po' di violenza verso metà o giù di lì. Non è niente di tragico, non sono brava con il gore o descrizioni macabre con sangue e ferite, ma meglio prevenire che curare. Ascoltare 'Mary on a cross' per le vibes mentre scrivevo questo capitolo non è stato il massimo.

Spero comunque vi possa piacere e, se potete, lasciate una stellina o un commento, addirittura! Buona lettura.



Angela esce dalla stanza in cui Pietro le ha dato un lunga strigliata per l'ennesima volta. Ma per la umbra le sue parole entrano da un lato ed escono dall'altro: se deve sempre tenerla rinchiusa in qualche convento, lei farà passare a tutti l'Inferno.

Quasi sia stato acquattato tutto il tempo, e non sarebbe strano, Matteo spalanca una porta e, con un vistoso sorriso, esclama: <Angela!>

Senza darle tempo per riflettere, si fionda addosso a lei e l'abbraccia forte forte, il ricciolo a molla nella gioia.

<Mi sei mancata tanto!> commenta il laziale, staccandosi leggermente.
L'umbra alza leggermente la testa per guardarlo negli occhi, ormai l'ha superato in altezza (non che ci volesse tanto), ma il volto è sempre quello di un ragazzino e la gioia è pura.

Scioglie leggermente la postura rigida e propone: <Vuoi passare un po' di tempo insieme nelle tue camere?>
<Certo.> risponde lui, prendendola per mano e portandola via di lì.

Attraversano qualche corridoio e scendono una rampa di scale, quando finalmente entrano in una stanza.

È molto austera, sicuramente è lo zampino di quel vecchiaccio, ma comunque dai vari giochi per terra e nella cesta e qualche libro si capisce che è dell'amico. Almeno danno un tocco di colore.

<Dove hai preso quello lì?> chiede Angela, indicando un piccolo busto messo in un angolo della stanza, con un volto ben conosciuto.

<I costruttori l'hanno trovata facendo degli scavi per ampliare o modificare una qualche struttura e volevano buttarla. Ma io li ho supplicati e l'ho presa! Sembro io, ma più grande! È Impero Romano, giusto?> domanda Matteo, abbastanza retorico.

<Sì, è lui, ha attirato la mia attenzione per quello.> ammette lei.
Matteo la fissa con una sorta di orgoglio e commenta: <Oh, non vedo l'ora di diventare virile come lui! Così i garzoni che lavorano qua smetteranno di prendermi in giro!>

<Io preferirei di no, per te.> Angela gli va contro.
<Perché?!> chiede il laziale, il volto subito spento nella tristezza.

<Sei così uguale a lui, vari territori potrebbero già avere alte aspettative da te. Se poi finissi per essere una sua copia... credo che per te sarebbe orribile. Vivresti nella sua ombra e non è giusto, tu hai il diritto di essere tu, non lui.> spiega l'umbra, osservandolo con mestizia.

Matteo ci rimugina su e annuisce lentamente, comprensivo.
<Sì, capisco, però... sembra così forte e fantastico! Vorrei essere così, come lui! È il più grande impero ad essere mai esistito e non intendo per estensione, ma per quello che ha comportato per il mondo. Per l'influenza che la sua epoca e le sue gesta hanno ancora, a distanza di secoli.> si difende.

<Non vuoi essere come lui, perché la sua innegabile gloria è stata seguita da una lenta morte, tra una debolezza sempre maggiore e un'arrendevolezza schiacciante. Augurerei solo a Pietro una morte simile. Una morte sofferta e patetica.> rimembra Angela.

Matteo non trova qualcosa da ribattere.

Il silenzio pesante viene interrotto dallo sbattere della porta aperta. Pietro è sulla soglia, fumante.

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