89. «Sono fiero di te.»

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N/A: non c'entra niente con il capitolo ma è a prendere polvere su IbisPaint da un po'-

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Perché ogni tanto pure le piccole regioni vogliono sentirsi fighe e ricche


Per vari secoli, Marche (il nome di quel tempo troppo lontano era stato dimenticato) aveva vissuto con tranquillità.

Nonostante nei suoi territori vi fossero Greci, Galli e Piceni, essi vivevano mescolati, in una strana armonia.

Aveva perfino imparato a parlare il greco e così si era messo a discutere con chi veniva nel porto di Ankón dalla Grecia.

Lui non ci era mai stato, ma era rimasto affascinato dalle descrizioni di Atene e Sparta quando erano nel pieno del loro splendore e degli scandali più popolari, che pure semplici uomini di mare conoscevano.

Non che disprezzasse i Galli, fosse chiaro. Anche loro erano interessanti, con le loro armi e tecniche di combattimento.
Dato che erano le sue genti, poteva facilmente chiedere loro di mostrargli le loro armi e come combattessero.

E poi era finito ad usare una lancia che ricordava più un'arma romana che celtica.
Cose che succedono.

Come appunto l'invasione romana dei suoi territori e la loro successiva romanizzazione.

Nuovo nome, nuova vita, anche se la magia di Ankón, raccordo con quella nazione lontana, rimase ancora un po'.
Poco, ma fu meglio di nulla.

Era un modo per leccarsi le ferite per la sconfitta dei Piceni.
Però la magia di Ankón era già finita quando si ritrovò a cambiare ancora e ancora forma e nome, comprendendo territori che non erano suoi o separando i propri.

Ma le regole non le dettava lui e per Impero Romano era solo un bambino tanto inutile da non essere degnato di molta attenzione.
Avrebbe potuto contare sulle dita delle sue mani le volte che l'aveva visto.

Eppure aveva dovuto imparare il latino e venerare in pubblico gli dei romani.
Non provava molta rabbia per quel periodo, era abbastanza lontano.

Ma l'astio formatosi verso la fine dell'Impero Romano.
Oh, eccome se se l'era portato dietro con una forza crescente.

L'aveva percepito come una scarica lungo la schiena: un cambio di ruolo, un ribaltamento da qualche parte. E senza sapere né come né perché, già sapeva cosa significava.

Aveva un nuovo capo.
Ne ebbe la conferma ficcanasando a casa del grande Romulus, chiedendo ai suoi servi notizie con un faccino dal candore tipico dei bambini.

Gli umani gli rispondevano in modo velato, dolce, perché appunto ritenendolo puro e stupido non avrebbe potuto comprendere e non meritava una verità nuda e cruda.

Peccato che lui, a differenza loro, già avesse ucciso e conosciuto la morte sulla propria pelle.
Ma non potevano esserne a conoscenza e a fatica racimolò notizie.

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