Alcune leggende e curiosità suggestive avvolgono la Calabria, ma oggi si tratterrà di uno dei miti più famosi che interessano tali terre.
E' uno dei miti più famosi, probabilmente secondo solo alla leggenda della ninfa Scilla divenuta un mostro, la cui origine e storia è legata totalmente all'antica Grecia. Inoltre la leggenda di Scilla è pura finzione, a differenza di quest'altro mito: il tesoro di Alarico.
Alarico era il re dei Visigoti che, nella sua conquista della penisola italica, poco dopo essere giunto in Calabria, nei pressi di Cosenza, morì tragicamente. I suoi uomini, desiderosi di dare al loro re una degna sepoltura, ma paurosi che la tomba venisse profanata da qualche immorale desideroso di mettere le mani sulle ricchezze di Alarico, deviarono il fiume Busento momentaneamente e lo seppellirono sotto il letto del corso d'acqua. Una volta fatto ciò, rifecero scorrere il fiume e il corpo di Alarico venne sommerso dai flutti.
Per secoli molti curiosi e assetati di ricchezze tentarono di trovare la sua tomba, ma invano. Sembrava scomparsa.
O che non fosse mai esistita.
Alla fine tutti credettero che fosse solo una leggenda; suggestiva, sì, ma pur sempre una storia frutto di finzione.Ma ogni storia fittizia ha un briciolo di verità e questa vicenda, in realtà, è vera e propria storia, il problema è solo uno: nella leggenda non si parla di un personaggio. Un personaggio particolare, che questa storia tutt'ora può leggerla: un essere sovrannaturale; l'incarnazione delle terre in cui Alarico era morto.
Ed è qui che incomincia la nostra storia.
•~-~•
Tacitus stringe i denti e rimane rannicchiato sullo spoglio pavimento.
Stanno avanzando e stanno conquistando e devastando le rovine rimaste del glorioso impero romano.Da un lato è stanco, vorrebbe smettere tutto: è solo una questione di tempo.
Suo fratello è già stato preso e già il rappresentante bastardo di quel gruppo di barbari lo ha già reclamato tra le sue dita assassine senza scrupoli.E tutti temono quando prenderà Palermo e non solo conquisterà la madre, il suo baluardo, ma pure Lovinio, il suo capo ma paradossalmente il più piccino, poco più che infante, che cammina sicuro sulle sue gambette paffute e che purtroppo sa già tanto della crudeltà del mondo (come tutti loro, ma vedere il lutto e lo sconforto su qualcun altro dal viso ancora più giovane del suo, gli fa decisamente più male).
Tacitus vorrebbe fare di più, desidera più di ogni altra cosa poter sconfiggere quei barbari e liberare il fratello ma non ha potere. Non può usare i suoi poteri.
Qualcosa lo blocca, qualcuno lo blocca.Deve esistere qualcuno che li controlla, non c'è altra spiegazione. Ed è un grande sadico.
Perché non gli permette di affogarlo con un'alluvione, di farlo sprofondare nell'ade spaccando il terreno sotto i suoi piedi, di renderlo stecchito con un fulmine qualsiasi? Perché quell'essere che li controlla, impalpabile, li controlla così crudelmente?!Forse gli dei non esistono per gli umani, ma per loro. E gli umani ne sanno qualcosa perché gli imperi e le tribù vogliono che gli Dei graziano i loro terreni. Ma gli dei sono crudeli da millenni.
E quindi può solo soffrire.Passa ore sofferente, fino a che una scarica non lo scuote come un terremoto e tutto il suo corpo si blocca. Qualcosa sta per succedere. Qualcosa di importante, un evento che può portare all'ascesa o alla distruzione di un'intero popolo se si muove un granello di troppo.
E sa anche il punto preciso.
Scatta in piedi come se gli dei stessi lo muovessero con mani invisibili e imbattibili. Sente delle voci agitate e Priscilla domanda: <Cosa è successo?>
<Qualcosa sta cambiando.> risponde secco il calabrese, il corpo febbrile. Fissa con sicurezza la madre/sorella e i due fratelli rimasti. Asserisce: <Tornerò subito. Ma devo andare nei miei territori, mi chiamano. A dopo.>
E muove un altro passo. Il mondo perde contorni e colori attorno a sé. Fa un altro passo. L'accoglie il cinguettio degli uccelli, lo scorrere dell'acqua e voci concitate che parlano una lingua straniera.
Scatta subito dietro un albero e osserva un capannello di soldati barbari e il loro rappresentante bastardo dire parole sommesse, quasi in una cantilena, nella loro lingua impura.
[N/A: perchè non ci credo che non abbiano avuto un minimo di classismo, quindi spaliamo merda sugli stranieri... vedo che gli italiani hanno continuato questo modo di fare.]Rimane per un tempo immemore e indefinito dietro quell'albero a osservarli scavare e poi spargere un letto di foglie per il corpo che verrà depositato nella buca creata. Solo quando iniziano a riempirla con ninnoli d'oro e vede che chi stanno calando indossa un'armatura pregiata e di buona fattura, Tacitus realizza.
E' il loro capo. Ed è morto.
La soddisfazione viene in fretta sopraffatta dalla delusione.
Morto uno, se ne fa un altro. La loro avanzata non verrà arrestata.E poi la vendetta sussurra al suo orecchio e lui si lascia sedurre.
Ma può vendicarsi sull'umano che ha reclamato per sé le terre di suo fratello.
E quindi, quieto, aspetta che la notte cala.Gli dispiace per Priscilla e i fratelli, ma non può lasciare quel posto. Si sente bloccato tra i ciuffi d'erba, i suoi occhi non si spostano dalla tomba dell'uomo, il letto del fiume che hanno rilasciato scorrere sereno.
Quando tutti dormono e solo due uomini fanno da guardia, esce allo scoperto, soddisfatto di sentire la magia sulla punta delle dita.
Fa addormentare momentaneamente i due soldati e poi si avvicina al fiume, così tanto che rischia di caderci di faccia se si sbilancia.Fissa con astio il punto in cui hanno depositato il loro re.
Il re che li ha tormentati.
Il re che ha preso suo fratello.
Il re che ha generato il figlio che conquisterà lui, gli altri fratelli, Priscilla e il piccolo Lovinio.E' un suo diritto vendicarsi.
E per una volta gli dei gli lasciano consumare la sua rivalsa.
Sussurra parole in latino miste ad una lingua che non conosce, non sa dove ha appreso ma che scivolano sulla sua lingua come il suo respiro. In fretta l'acqua mulina su se stessa e ribolle sopra il punto in cui è seppellito il re. Gli uccellini trattengono il fiato, consci pure loro della gravità. La luna perde luminosità per lasciar avvolta nelle tenebre la scena.
Sbatte le mani insieme, piano, e il letto del fiume trema per un brevissimo istante.
E poi tutto torna all'originale quiete.
Il fiume torna a scorrere sereno, gli uccellini cinguettano sereni e la luna risplende fiera nel suo pallore.Ma il corpo là sotto non c'è più. L'ha fatto sparire con tutto il suo corredo, sacrificando un po' d'acqua del fiume. Ma ne è valsa la pena. Quello stronzo merita la damnatio memorae.
Tacitus prende un profondo respiro e torna dietro all'albero di prima.
Sveglia i due soldati che avrebbero dovuto fare la guardia e torna dai fratelli, ma senza spiegazione oltre a "Mi sono vendicato".E così per secoli tanti spavaldi cercarono una tomba con un ricco tesoro che non esisteva già mezza giornata dopo il funerale.
N/A: probabilmente fa schifo questo capitolo ma per oltre metà è stato scritto oggi stesso in università invece di studiare per gli esami (sì, ci tengo così tanto a questa storia) perchè mi si è rotto il telefono e quindi potevo solo scrivere sul pc qwq
E il problema è che le nascite delle regioni è su un file che rimarrà perduto nel telefono mezzo impazzito. Qualcosa lo ricordo, per fortuna, e un po' ne ho anche scritto, però uffi.C'erano anche tanti capitoli di questa storia e di quelle con pure le nazioni qwq
Quindi mi farebbe più piacere del solito ricevere un po' di supporto.
E io vi auguro una settimana migliore della mia.
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Casa Vargas- Le regioni d'Italia
Fanfiction-la pic l'ho messa solo perché è davvero cute. Non rispecchia per nulla come saranno le regioni in questa storia. Ah, e non serve conoscere Hetalia così bene per poter leggere questa ff- *parte musichetta da superquark* In questa storia che di aulic...