190. Una madre migliore

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C'è molto caldo a Roma e, piuttosto che sciogliersi in soggiorno nonostante ventilatori su ventilatori, Giovanna e Carmela decidono che è tempo di prendere la situazione in mano e rinfrescarsi in un modo anche un po' divertente.

O almeno provarci, dato che un conto è la teoria e l'altro è la pratica. Anche perché c'è davvero tanto caldo. E neanche un po' di acqua (bella) intorno in cui tuffarsi per trovare sollievo.

Per questo escono in giardino in costume e, con tante aspettative, si dirigono verso la canna dell'acqua.
Carmela prende il tubo, controllando sia integro, e Giovanna apre il rubinetto dell'acqua a cui è attaccato il suddetto tubo...

E si ritrova nel giro di pochi secondi investita da un getto d'acqua accompagnato da grosse risate.

La sicula schiva di lato e grida: <Stronza, ora ti prendo!> anche se ha un sorrisetto in faccia e corre verso la sorella/figlia.

<Provaci!> e Carmela direziona il tubo verso l'altra. Giovanna inizia a correre a zig zag, ritrovandosi comunque bagnata fradicia.

Quando si ritrova vicina a Carmela, questa le spara in faccia l'acqua sghignazzando e arretrando a malapena di un passo. Ma quello è il suo errore.
Perché, nonostante non veda niente, Giovanna allunga le mani e arpiona il tubo, bloccandone il passaggio d'acqua per un istante e diventandone la proprietaria.

Carmela impreca in dialetto e inizia a correre mentre Giovanna ride di gusto con la canna e le spara addosso il getto a distanza, chiudendo parte del foro per creare un getto più forte e preciso.
<Oh, è proprio bello essere quella che spara l'acqua!> sghignazza la donna, mentre Carmela continua a correre, ma non allontanandosi troppo, affinché l'acqua possa sempre sfiorarla.

Poi, ad un tratto, smette di disegnare un arco nella sua corsa e si fionda verso la "nemica", saltellando a destra e a sinistra, schivando abilmente svariati getti d'acqua, dato che Giovanna non riesce stare dietro ai suoi rapidi movimenti.

Anche se la testa le gironzola nella testa saltellando, Carmela, una volta arrivata di fronte all'altra, si china e si infila tra le gambe altrui. Si rialza in fretta e pesta con il piede il tubo, bloccando effettivamente la canna.
La lucana approfitta dello stupore (sempre divertito) dell'altra per tirare verso di sé la canna dell'acqua tra le due, prendendone il controllo. Toglie il piede e in fretta investe l'altra d'acqua.

<Non avevamo detto che valesse interrompere l'acqua!> si lamenta la sicula, anche se ha un sorrisetto sulle labbra mentre corre lontana.

<Ops~!> Carmela fa la finta innocente, con tono abbastanza alto da farsi sentire.
E poi ride, accompagnata in fretta dalla madre/sorella.
Il caldo è decisamente più sopportabile così.

•~-~•

La canna dell'acqua giace dimenticata, mezza arrotolata e mezza no; ormai ha finito il suo lavoro.
Le due regioni si stanno godendo comunque un po' d'acqua, ma rimanendo ammollo in una piscina per bambini ritrovata nel capannone in giardino.

Era stata comprata ma non era stata mai utilizzata, fino ad allora. Con un po' di buona lena, l'hanno gonfiata utilizzando una di quelle pompette solitamente utilizzate per gonfiare le gomme delle bici, poi l'hanno riempita d'acqua.

Essendo piccola l'hanno riempita in fretta, ma è abbastanza alta e larga da starci entrambe. Sedute e con l'acqua solo a coprire le parti direttamente appoggiate alla piscinetta, ma sempre meglio di niente, no? Almeno non devono correre!

<Chi l'avrebbe mai detto che ci saremmo divertite tanto con una canna dell'acqua?> domanda retorica Carmela.
<E chi l'avrebbe mai detto che avremmo trovato questa bella piscinetta tutta nascosta e ancora nuova!> ribatte con lo stesso tono Giovanna.

Alza le mani a coppa e si butta un po' di acqua in testa, che sente troppo calda e troppo poco bagnata per i suoi gusti. Chissà perché, non riesce a togliersi quel sorrisetto che ha stampato in faccia.
Non che sia una brutta cosa, nelle loro lunghe vite ci sono tanti momenti bui, è giusto costruire e conservare gelosamente anche quelli belli, preziosi anche nella loro insignificanza.

<È strano, sai? Nonostante tutto, riusciamo a divertirci davvero con poco.> commenta Carmela dopo lunghi secondi di beato silenzio.
Muove la mano appena sotto il pelo dell'acqua, creando un delicato scroscio e tante piccole onde che si infrangono contro le pareti della piscinetta.

<È una cosa bella, no?> domanda Giovanna.
<Si, certo, certo!> assicura Carmela.
Si morde il labbro inferiore e commenta: <È che penso che sia stato così bello perché eravamo noi due. È bello ogni tanto stare da sole e divertirci come più ci piace. Mi piace passare tempo con te, Gio'. Vorrei potessimo farlo più spesso.>

A quelle parole Giovanna si blocca.
Non precisamente per quello che ha detto la lucana, ma per cosa le hanno ricordato.

Lei voleva bene a sua madre, ma non ci stava sempre bene. E, anche nei momenti più felici, voleva che terminassero in fretta, perché non voleva che venissero rovinati da degli scatti di Iris.

Però Carmela non prova la sua stessa paura, non l'ha mai provata. Non ha mai temuto che un bel momento con lei si potesse trasformare in tragedia solo per via di come è fatta. Non ha mai pregato di poter scappare quando la madre era tremenda, quasi sperando di non vederla per almeno qualche anno, in modo tale da poter riappiccicare su quell'essere ambivalente la bella maschera che insieme avevano costruito per la maggiore.

E quindi scoppia.
Non vorrebbe ma scoppia.
Le scappa un singhiozzo e lacrime calde le scorrono veloci sulle guance.

L'acqua della piscinetta si increspa e delle mani in fretta si aggrappano alle spalle di Giovanna.
<Mamma, mamma, cosa c'è? Ho detto qualcosa di male?> domanda preoccupata Carmela.

La Sicula cerca di calmare i propri singhiozzi il più in fretta possibile e si sfrega la faccia con le mani bagnate mischiando l'acqua salata delle proprie lacrime all'acqua dolce della piscinetta.

Riesce a prendere un respiro profondo e con gli occhi rossi, ma un lucente sorriso in volto, spiega: <Sto bene, sto bene. È che sono commossa: io non ti faccio paura come madre. Avevo paura di essere troppo uguale a mia madre, di avervi ferito più del necessario per tenervi al sicuro e istruirvi.>

Carmela la stritola, quasi rischiando di finirle addosso e ribaltare insieme la piscinetta. Nonostante ciò, non molla la presa e assicura in un filo di voce: <Non sei perfetta, ma sei stata la mia mamma e sei stata bravissima. Non ti cambierei mai, perché nessuna potrebbe essere perfetta per me quanto tu lo sei stata.>

Giovanna scoppia di nuovo a piangere e ricambia la stretta della lucana.
Ha impedito al dolore che Iris le ha trasmesso di riversarsi anche su chi ha cresciuto. Per la prima volta in tanti decenni, è fiera della madre che è stata nonostante le costrizioni e il modello avuto.



N/A: spero vi sia piaciuto questo capitoletto tranquillo con un vago retrogusto di angst.
Buon pomeriggio e buona settimana!

(E tra poco cambierò "storia" per andare avanti coi capitoli, quindi state attenti, anche se avviserò attentamente!)

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