154. Lily iperprotettiva

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N/A: torna quell'amorino di Lily che, ovviamente, con me diventa più di un personaggio dallo spessore di un foglio di carta. Avrei tanto voluto fare un disegnino di come vedo Lily, senza i suoi vestiti dell'anime, ma non ce l'ho fatta in tempo.

Comunque sono una brava autrice e merito tutte robe (ohhh, un borobotto ary, credici).

Meglio stendere un velo pietoso, vi lascio al capitolo (che so già che farà arrabbiare qualcuno tra voi :3).






Franco prima o poi avrebbe strangolato Marie, per davvero! Non può avergli tirato un tale tiro mancono!

<Rimanere senza la padrona di casa è un po' strano.> cerca di rompere il ghiaccio Lily, sorridendo un pochino.
<Di solito non è sbadata.> commenta Franco, cercando di non far tremare la gamba.

Non avrebbe mai dovuto dire alla sorella un bel nulla, doveva aspettarselo! Solo perché aveva cambiato un atteggiamento, non voleva dire avesse cambiato totalmente comportamento!

<Capita anche ai migliori.> e la liechtensteiniana scrolla le spalle.
I secondi si riempiono di silenzio.

La micro nazione si alza e, andando di fronte l'italiano, assicura: <Non spunterà mio fratello dalla stufa a spararti se ti comporti come sempre, ma senza Marie presente. È a casa sua, lontano da qui.>

Il molisano si nasconde il volto come può con il ciuffo e borbotta una sorta di scusa.
Lily si butta sul divano accanto a lui e gli dà una sonora pacca tra le spalle, esclamando: <Non devi vergognarti, su su!>

Franco si siede dritto come un palo, scostando un po' i capelli dal volto, e farfuglia per metà: <Sono impedito!>

<No, sei solo timido!> ribatte lei, sicura, ma sorridendo dolce.
<Non solo.> ammette la regione, giochicchiando con un braccialetto di plastica che indossa <C'è qualcosa di più... complesso sotto.>

<Hai paura di parlare con le donne?> indaga Lily, aperta a tutte le possibilità, anche se le dispiacerebbe troppo.
Franco spalanca gli occhi, le guance due fornaci, ed esclama: <No, no! Non ho una paura selettiva del genere!>

<E allora? Se ne vuoi parlare, ovvio. Mi piacerebbe aiutarti. Ci tengo a te.> domanda la germanica.
L'italiano annuisce e riflette qualche secondo su come dirlo. È imbarazzante, per lui. Ma, ancor peggio, è molto intima come ragione.

Però anche lui tiene a lei, vuole che entri nella sua vita in tutti i suoi aspetti. E prima o poi ciò salirebbe a galla perché è un enorme pezzo di sé.

Confessa: <È che... sono abituato ad essere trattato come se fossi invisibile. A parlare e non avere nessuno a rispondermi perché mi ignorano apposta. Guardano nella mia direzione ma fanno finta di vedermi, neanche fossi trasparente. Mi sono... abituato a stare zitto e sparire, per paura di non essere sentito. Ho paura di non essere abbastanza interessante e quindi, piuttosto che essere ignorato, sto zitto.>

Si gira verso la bella ragazza, che lo fissa con occhi spalancati, muta.
Franco la osserva, confuso, spaventato, non capendo che fare. È risultato troppo patetico, vero?

Ora lo vedrà solo come un bambinetto che non riesce a farsi valere! Non può essere un po' più mascolino, per una buona volta?!
Se aveva già pochissime chance, con le sue parole le ha portate in negativo. E probabilmente l'ha persa come amica!

I suoi pensieri vengono sbriciolati da due mani, più o meno della sua grandezza, che si appoggiano sulle sue e le stringono. Fa scattare la testa, chinata, verso l'alto, incrociando lo sguardo della germanica.

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