191. Un piccolo diavolo

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N/A: e oggi Ary torna a fare la cosa che le piace di più: creare personaggi che chissà quando torneranno giusto per rendervi più confusi e aumentare i numeri dei personaggi nel Casa Vargas Cinematic Universe.

E dato il capitolo che segue, vi ricordo gentilmente che Klaus=Bruno.
Buona lettura!






Vienna, metà 1700 circa

Klaus affretta il proprio passo, ignorando i raffinati dipinti d'olio di paesaggi e sovrani che si alternano nel corso dei tanti corridoi del sontuoso palazzo.

Il ragazzo, non tanto umano, pondera se sia una buona idea quello che sta per compiere.
Ponderare non è neanche la parola giusta, sa benissimo che sta per commettere qualcosa di sbagliato e che va un po' oltre il "fare una ragazzata" dato il contesto...
Ma non è che gli importi tanto, insomma.
Il dubbio è solo su quanto dovrà essere bravo a mentire e fuggire a seconda della gravità che avrà il suo tiro mancino.

Una volta ha rischiato di essere colto con le mani in flagrante ed è sicuro che il suo cuore fosse scappato via, urlante, per tornare nel suo petto solo una volta che il pericolo era lontano.
E avrebbe voluto continuare ad evitare di ricevere fustigate sulla schiena e una tassazione maggiorata sulle sue povere genti, tante grazie!

Prende un profondo respiro ed entra nella sala, in cui stanno conversando già svariati dei territori sotto il controllo di Roderich.
Una mano sulla spalla lo distoglie dalla sua ricerca frenetica con lo sguardo, perché chi cerca è proprio alla sua sinistra: István.

Non ricorda mai di preciso che territorio rappresenta, nonostante tutte le volte che gliel'ha chiesto (e dovrebbero avere una memoria perfetta, ma quando mai!), ma sa benissimo che sono accomunati da un stesso desiderio.

Il desiderio di ridicolizzare Roderich appena data l'occasione, come ripicca per essere tenuti sotto il controllo di qualcuno che vedono come straniero.

Le sfumature verdastre nelle iridi di István sembrano più chiare, dato quanto i suoi occhi paiono brillare di malizia.
<Hai con te il tuo flauto?> domanda, senza neanche provare a nascondere il loro piano.

Klaus lo evoca con una rotazione del polso, il delicato metallo freddo nelle sue dita più calde del solito (probabilmente l'ansia; la possibilità di sbagliare può essere pure bassa, ma non è mai pari a 0).

István sorride un po' di più, sempre mefistofelico, e gira sui tacchi, dirigendosi verso la postazione prestabilita.
Tutti i presenti nella sala li osservano, consci di cosa sta per succedere, e totalmente disinteressati nel bloccare i due o avvertire Roderich, prima o dopo il misfatto che sia.

Non vogliono macchiarsi le mani direttamente, ma quell'arrogante è inviso anche ai territori che sono sotto il suo controllo da tanti secoli. L'unico che potrebbe essere complice dell'uomo è Vienna, spesso viziato perché è il fulcro di Roderich: per quanto possibile, nessuno vuole che il proprio fulcro ostacoli il loro stesso bene pur di ferire il più potente tra i due.
È già capitato, da quel che Klaus sa.

Quando Roderich ha capito che doveva trattare con più riguardo Vienna se voleva rimanere vivo e vegeto, l'ha fatto, ma ha lasciato gli altri nella loro miseria, continuando a trattarli con disprezzo.
Permette solo a Vienna di essere capriccioso, infatti non sarà presente a tale evento e senza ripercussioni. Un lusso a nessun altro concesso.

Ma, dato ciò che Klaus sta per fare, meglio che a Vienna sia concessa tale possibilità e che questi la colga.

István si ferma una volta raggiunta una finestra, libera di fare entrare la fioca luce della sera tramite le tende spalancate.

Klaus, come da programma, si nasconde dietro la vistosa tenda, flauto alla mano, pronto al via del complice.

Klaus chiude gli occhi e si porta il flauto alla bocca, cercando di richiamare l'attenzione della magia a sé, anche per ammazzare il tempo.

Non ricorda come ha fatto la prima volta a richiamare la magia, involontariamente, ma da allora alcune volte si rifiuta di rispondergli, capricciosa quanto è.
Per fortuna, oggi la magia sembra essere dalla sua parte e risponde subito al suo richiamo, aleggiando attorno le sue spalle come una sciarpa. O come una serpe, attorcigliata su di sé, pronta ad attaccare.

István dà una pedata sfiorando le sue scarpe e Klaus si concentra. Il tempo è decisamente passato in fretta.

Suona una melodia rapida, dai toni acuti, sbarazzini, calando drasticamente di tono in modo cadenzato, ma con un distacco sempre più alto, a preannunciare un guaio che s'ingrandisce in modo esponenziale, come una valanga.

Sa che quella melodia la sente solo lui, ma la ritiene un'ode perfetta anche per la sua ansia, che cresce nell'attesa di quei secondi che diventano minuti.

Un'altra volta István sfiora la sua scarpa.

Le note di Klaus diventano di colpo cupe, quasi come una marcia funebre, e la magia fa il suo dovere.

Uno strillo gli segnala che ha fatto il suo corso, mentre la voce di Roderich lancia ingiurie e proteste.

Klaus fa sparire in fretta il flauto, mentre intanto István gli arpiona un braccio e lo tira fuori dalle tende, attirandolo a sé nel processo.

Intanto Roderich demanda: <Chi è stato?!> più e più volte, ricevendo solo silenzio.

István ferma il complice con l'altra mano prima che possa finirgli addosso e rendere il loro comportamento sospetto, poi allontanando in fretta ambe le mani.

Klaus si ricompone abbastanza lesto, giusto in tempo per osservare come lo sguardo di Roderich si posi nella loro direzione, chiedendo muto una spiegazione o che il colpevole si faccia avanti.

Ma nessuno parla, tutti i volti sono maschere di pietra, chi bloccate in una ben costruita sorpresa, chi nella confusione, chi nella pacata indifferenza.

<Nessuno?!> inquisisce un'ultima volta l'uomo, ricevendo sempre la solita, fastidiosa, risposta.

<Troverò il colpevole e se ne pentirà!> promette Roderich, facendo dietro front, lasciandosi dietro una scia di gocce inchiostro di varie dimensioni, a seconda da che parte cadano dal suo corpo.

Una volta lontano, il brusio torna, come se non fosse successo niente, come se la faccenda non fosse stato niente di più di un banale teatrino.

Istvàn sghignazza e dà delle pacche poderose sulla spalla di Klaus che rischia, dato che non si aspettava simil gesto, di cadere in avanti.

Si rimette dritto mentre altre risate scappano dalle labbra del complice, gli occhi due piccole strane gemme luccicanti.
Klaus non avrebbe mai pensato che avrebbe visto delle iridi marroni che potessero essere più luminose e brillanti di quelle azzurre, verdi o grigie.

Forse è una cosa solo di István, questo alto e snello diavolo che ordisce molti dei piani ai danni di Roderich che Klaus ha avuto il piacere di vedere o addirittura di contribuire con tanta gioia e diligenza.

István si risistema la treccia appena più lunga della sua spalla dietro la schiena con un colpo rapido della testa, dichiarando: <Bravissimo. Stupendo. Gli serviva proprio una lezione del genere.>

E si allontana, aggraziato come una ballerina ma più malintenzionato di un avaro e acido nobile, andando alla ricerca di qualcun altro con cui parlare, sicuramente pronto a usare la sua mimica e il suo strano charme per attirare l'attenzione dell'interlocutore (o interlocutori) su di sé.

Klaus va verso il grazioso banchetto presente nella sala, chiedendosi cosa passi per la testa di uno come István.

A pensarci, non lo vuole sapere.




N/A: beh, spero che vi sia piaciuto e che scusiate il fatto che codesto István sia poco caratterizzato perché neanche io so che regione dell'Ungheria è, dato che su Wikipedia non mi dà info sulle varie regioni :3

Ciao ciao!

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