164. Al cuor non si comanda, ma non è tutto come appare

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N/A: e oggi abbiamo un'altra puntata della serie: Ary vi frustra con le ship quellebelle di questa storia che però non si avvereranno mai perché sono ciecati come la merda.
Sono sicura infatti che vi piacerà un sacco!

Non vi fregherà un cazzo, ma domani ho l'ultimo esame di questa mia prima sessione all'università e spero, così, di poter finalmente avere più tempo (ma soprattutto voglia) per fare dei capitoli senza finirli per il rotto della cuffia 

Vabbè, vi lascio al capitolo!


Domenico, in soggiorno, sta scarabocchiando su un taccuino. Imbronciato, continua a cancellare ciò che scrive, riempiendo la poltrona dei resti dell'innocente gomma. E non è l'unica vittima: è già stato bucato un foglio, dalla forza con cui ha cancellato per l'ennesima volta il pezzo di carta.

Vincenzo gli si avvicina con flemma. Si mette accanto al mobilio, sporgendosi di lato dal bracciolo, e commenta nonchalante: <Se continui ad avere quello sguardo, prima o poi brucerai quel povero foglio, anche se non sai usare la magia in quel modo.>

L'abruzzese alza la testa, prima spaventato di essere stuzzicato e poi confuso, e domanda: <Hai bisogno di qualcosa?>
Sorprendentemente, nonostante la vibrante agitazione nelle sue membra, riesce a mantenere un tono molto affabile.

Vincenzo si appoggia al bracciolo della poltrona e spiega: <Se stai disegnando non sono assolutamente d'aiuto, ma se si tratta di scrivere qualcosa posso darti una mano. Credo di saper sfruttare bene il mio lessico. Sarò modesto su qualcosa, con ogni probabilità, ma non sulle mie abilità retoriche. Sono abbastanza arrogante al riguardo.>

L'altro lo fissa per alcuni secondo che paiono lunghissimi per poi sospirare e ammettere a mezza voce: <Sto provando a scrivere una poesia ma ogni volta che penso di aver trovato la strada giusta, cancello quelle quattro parole che ho buttato giù male, ma proprio malissimo. Voglio scrivere, ma le parole mi mancano. È molto frustrante.>

<È per Angela?> azzarda il calabrese.
L'abruzzese avvampa sul collo, che rintana nelle spalle, stringendo a sé il taccuino, anche se è vuoto.
Ha l'istinto, per un istante, di metterselo davanti alla faccia per schermirlo da una possibile lettura della mente. Non sa se l'altro ne sia capace, né se un oggetto qualsiasi possa bloccare un tale potere, ma il pensiero stupido gli è venuto lo stesso (l'importante è che non l'abbia attuato, comportandosi da idiota).

"Ritornato furbo", lancia un'occhiataccia che è più una supplica e lo zittisce con un sibilato "shh". Perché è andato a parare lì?! (Sa che è ovvio, ma comunque-!)

<Non ti devi vergognare.> commenta Vincenzo, gentile <È estremamente tenero e romantico. Decisamente da te.>
<Non serve dirlo a tutta casa.> si difende Domenico.

<Ma lei non è qua.> constata il meridionale.
<Molti in questa casa non sono proprio bravi a tenere segreti. O a farsi gli affari propri... Stare troppo tempo con Michele e Giuseppe ti rende impiccione.> s'imbroncia l'altro.

<Avevi la faccia da "c'entra Angela" e volevo aiutarti. Tifo per te, per quanto mi dispiaccia sperare, quindi, nella disfatta di Maurizio.> mente su quasi tutta la linea il calabrese.
Ma è il suo tono non è cambiato di una virgola e l'abruzzese non può immaginarsi cosa passi per la testa altrui.

Perciò replica a mezza voce, un po' borbottando: <Non siamo nel medioevo e non siamo in un poema cavalleresco, non ce la stiamo contendendo in un duello quasi all'ultimo sangue come se fosse un trofeo da poi sfoggiare.>

<Non ho mai insinuato ciò.> contro ribatte il meridionale <Però è una battaglia a modo vostro, su chi riesce a vincere il cuore della quasi impenetrabile Angela, mh?>

Domenico non nega il fatto, non avrebbe senso. Sarebbe solo ipocrita, perché sa benissimo che è così per sé e pure per il marchigiano.

<Sì.> pigola infine, vergognandosi.
<Che c'è, ti dà fastidio parlare di lei con me? O dei tuoi sentimenti?> inquisisce Vincenzo, genuinamente curioso.

<La seconda, in questo modo. Mi sembra sempre di, non so, svalutare Angela e rendere tutto questo casino una gara di machismo.> ammette l'abruzzese, scarabocchiando sul taccuino un fiorellino storto.

<Ma non la è; è stata una casualità, no?> domanda retorico il calabrese.
<Ovvio che è stato un caso! È stato Maurizio a confrontarmi per essere sicuro di aver inteso bene i miei atteggiamenti. Tutti e due saremmo estremamente più felici se l'altro non si fosse innamorato di lei.>

<Purtroppo al cuor non si comanda.>
<Però temiamo e allo stesso tempo vogliamo, o, vabbé, per lo meno io, voglio sapere chi ha scelto il suo cuore.> sospira Domenico, stropicciandosi gli occhi, un pochino disperato.
Più ci riflette, peggio è.

<Chi ti dice abbia scelto?>
<L'hai detto un secondo fa tu: al cuore non si comanda. Lei avrà già scelto, è solo che o se lo nega o non vuole rovinare tutto con l'altro. O si vergogna per qualche motivo: Pietro e la Chiesa le hanno messo chissà quali cretinate in testa.> ribatte l'abruzzese, come se fosse la cosa più naturale del mondo.

Vincenzo deve usare il suo autocontrollo per non scoppiare a ridere. Ha avuto poco prima una simile conversazione con Maurizio e, su questo argomento, si sta ripetendo quasi pari pari all'altro innamorato. Oh, come sono entrambi ciechi e pure un pochino ottusi!

Non che Angela, da quello che gli ha riferito Mario, sia messa molto meglio, ma lei è scusata. Lui sa bene cosa significa avere a che fare con un amore non convenzionale.

Quindi dovrebbe essere più facile osservare la situazione per le due pere cotte, dato che sono esterni alla confusione nella testa di lei, e invece...!
Ah, sti 'giovani! Non vedono niente! (E per una volta include anche la vita avuta prima di diventare Calabria).

<Io non ho mai affermato che abbia scelto.> si difende, ancora, il calabrese. Poi scrolla le spalle e cambia discorso: <Beh, vuoi una mano con quella poesia o preferisci strappare un altro po' di carta a furia di cancellare?>

Domenico gradirebbe molto rifiutare e asserire che ce la può fare benissimo da solo, ma sa altrettanto bene che è una gran bugia. Vuole davvero scrivere qualcosa di carino per Angela (anche se ella di sicuro penserà si riferisca ad un'altra) e avere l'aiuto di uno con una buona vena retorica non è che gli faccia proprio schifo.

Quindi, dopo lunghi secondi di dibattito interno, annuisce brevemente, proponendo: <Vuoi che ci spostiamo sul divano o preferisci andare al tavolo?>

<Cosa cambia?>
<Beh, così ti siedi anche tu.>
<Nah, non c'è problema. A meno che tu non voglia scriverle una ballata, credo tranquillamente di riuscire a restare in piedi per un po'. Poi non è che ora abbia troppa voglia di sedermi.>

E così, dopo altri disperati tentativi (per l'abruzzese, il calabrese era tranquillo), finalmente riescono a scrivere un sonetto dedicato ad Angela.

Domenico, con una scusa stupida, glielo fa leggere la sera, in un luogo appartato (inconscio che un gruppetto stia origliando).

Come volevasi dimostrare, Angela non capisce che sia riferito a lei, ma gli fa i complimenti, mentre il cuoricino di Domenico grida esasperato.

Anche Vincenzo, invisibile, scuote la testa sconsolato: sarà pure una situazione spinosa e fraintesa dai due innamorati e confusa per la diretta interessata, ma tra tutti e tre non sa chi sia più cieco.



N/A: io lascio intendere; chi intenderà, capirà. Vincenzo la sa lunga e sono sicura pure qualcuno tra di voi! E probabilmente qualcuno lo sa perché gliel'ho detto io, lol-... Sono BRAVISSIMA nel mantenere i segreti, eh?
Lasciamo stare, va... spero almeno vi abbia fatto sorridere. 

Alla prossima!

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