151. Sperare di fare il meglio nell'ignoranza

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<Grazie per avermi portato qua, so che ti è costato.> ringrazia Vincenzo, scendendo dall'auto.

<Tranquillo, succede. Anzi, già che siamo qua, stacco la spina e mi godo il paesaggio, nonostante non sia il top.> risponde Maurizio, abbozzando un sorriso.

<Sicuro?> inquisisce il calabrese. Sa che l'altro tende ad essere educato anche se ci rimette, pur di non ferire chi ha davanti. Che poi con Angela la cosa assuma tutt'altro livello è additabile a differenti cause.

<Sicurissimo.> asserisce il marchigiano, ma con quel suo tono un po' titubante che ormai tutti si sono abituati a sentire nella maggioranza dei casi.

<Perché sei così... incerto?> domanda il meridionale, avanzando verso il bordo del prato, che poi si tramutava in una sabbia ocra con un mare di un colore vagamente torbido per via delle alghe.

<Sono così e basta. Come mai me lo chiedi ora?> chiede Maurizio.
<Perché qua volevo incanalare la mia magia non solo per averne sempre il pieno controllo, ma anche per provare a trovare una nuova sicurezza. Scavare dentro di me... per trovare il vecchio me.> ammette il meridionale, la voce man mano più flebile.

<Non hai i suoi- i tuoi ricordi?>
<Sì ma no.> sospira Vincenzo, sedendosi sull'erba <I secoli in cui sono... rimasto morto hanno fatto un enorme danno irreparabile. Ricordo, sì, ma sono frammenti confusi che difficilmente so collocare cronologicamente.>

Maurizio si siede accanto a lui, fissandolo dispiaciuto. Potrà avere dubbi su tutto, ma la sua memora non lo inganna. Non dovrebbe ingannare nessuno. Eppure ha fallito Vincenzo.

Non sa cosa dovrebbe dire. C'è qualcosa che può dire?

<Eppure sei sempre così sicuro quando parli, a differenza mia.> riesce solo a notare il marchigiano.
<Perché se non ho certezza sul mio più vecchio passato, voglio averla sul presente, anche relativo. Se inizio a dubitare anche di quello che ricordo perfettamente, non avrò più certezze.> decreta il calabrese.

Stringe i pugni, cercando di non far trasparire troppo il proprio dolore. Si sente un deviante, un errore nella grandezza dell'universo, ma dato che lui è così piccolo, la sua imperfezione non infligge su nessuno tranne se stesso.

Perché tutti gli altri hanno la memoria perfetta e lui no? È diversa la sua vita da molti altri, lo sa, ma Carlo ha avuto un'esperienza similissima eppure ricorda tutto! Cosa ha fatto di sbagliato per non avere simile grazia? Quale entità ha fatto arrabbiare?

Ma esiste un'entità, lassù? O è solo il triste, arido, ingiusto Caso a decidere la vita di tutti?

<Ehi.> un sussurro gli sfiora l'orecchio, dopo che un leggero scossone lo ha riportato con la mente di nuovo lì, buttando nel loro angolino della sua mente quei cupi pensieri.

Maurizio lo fissa con estrema preoccupazione, gli occhi spalacanti, e domanda con un fil di voce: <Tutto ok?>
Almeno in questo caso ha ragione di essere dubbioso.

Vincenzo lo osserva e poi si gira verso il mare, notando come ha aumentato l'altezza delle sue onde, arrivando bene più vicine a loro. Posando lo sguardo ancora attorno realizza che la terra è spezzata in alcuni punti, come trafitta.

"Sono stato io." realizza.
Allunga una mano verso la massa d'acqua e la abbassa. Il mare ascolta il suo ordine, ubbidiente, e ritorna ad essere agitato, non più tumultuoso.

Poi passa l'altra mano sull'erba, accarezzandola, avanti e indietro, scusandosi con essa e sollecitandola a ricucire quelle ferite, creando piccole dunette come cicatrici.

<Scusa.> espira <Ho perso la testa, come mio solito.>
<Avevi le tue ragioni. Anche io mi faccio prendere dalla rabbia quando mi schiaccia non sapere.> lo tranquillizza.

Ma il calabrese, attento, legge qualcosa scritto con grafite leggera tra le righe, in un angolino, e indaga: <Cosa non sai? Non hai problemi di memoria, no?>

<No no!> e Maurizio si blocca.
Vuole davvero dire la verità? È qualcosa di suo, intimo, che nessuno sa. È un peso che porta da solo e l'unica persona con il problema più vicino al suo ha tutt'altre reazioni perché sono diversi i modi in cui il problema si manifesta.

Guarda il mare, evitando il confronto, sentendosi un codardo. Ma non può ammettere la sua debolezza, non l'ha mai detto ad Angela, colei che ama, perché dovrebbe dirlo ad un fratello con cui non ha un legame così profondo?

<Non sei costretto a dirlo.> nota gentilmente il calabrese <Solo perché io ho deciso di non nascondere più questo... questa mia parte, non significa che tu debba dirmi tutti i tuoi segreti.>

Il marchigiano stringe le labbra in una linea sottile, lo sguardo angustiato che prosegue imperterrito a fissare le onde, molto più semplice di osservare un paio d'occhi vispi.

Vuole davvero essere questo? Un fifone che si nasconde appena bisogna dire qualcosina in più di una parola di circostanza.

<Non so mai che fare.> ammette, a bassa voce, ma scandendo le parole, che arrivano chiare e tonde all'interlocutore.

<Ci sta non sapere sempre cosa fare, abbiamo tutti dei dubbi.> nota il meridionale.
<No, no, non è questo. Magari fosse così semplice.> commenta con un mesto sorriso l'altro.
Vincenzo aspetta un proseguimento, conscio che potrebbe anche non esserci.

<Io... ho sempre mille dubbi, anche per fare la più semplice delle faccende, anche per dire la cazzata più banale dell'universo. Ho la testa sempre... piena di sé e ma che non controllo, mille voci che si sovrastano e-... Io non so mai quale ascoltare.>

Il calabrese annuisce lentamente, chiedendo: <Hai le voci come quelle di Francesca?>
Maurizio incassa la testa nelle spalle e racconta, il tono sempre basso e titubante: <Snì. Ho anche io delle voci, sì, tantissime voci, ma non si urlano contro. Sussurrano tutte insieme, creando un garbuglio che non so dove inizia né finisce.>

<Non c'è niente su cui sono d'accordo?>
<Pochissimo, ho sempre paura di finire con un mal di testa cronico. Non so perché non mi viene.>

Un breve silenzio segue, poi alla fine Vincenzo ipotizza: <Perché alla fine scegli che voci scegliere e quali ignorare. Da quali prendere spunto e quali evitare. Un po' come me. Posso aver ricordi confusi, ma sono io a scegliere se lasciarli nella nebbia del dubbio o decidere siano veri fino a prova contraria.>

<Ma le voci non se ne vanno mai, neanche quando scelgo e sono più sicuro del normale!> si esaspera il marchigiano, il tono sempre insicuro.

<Non ho mai la certezza di ricordare bene il mio passato, eccetto un punto. Possiamo, entrambi, solo sperare di fare del nostro meglio, nella nostra ignoranza.> decreta Vincenzo, calmo, volgendo poi lo sguardo al mare.

<Già...> sussurra Maurizio, imitandolo.
È stato piacevole togliersi quel peso, crede, ma è punto e a capo. Lo sa che può solo cercare di gestire al meglio le voci.

Però, forse, c'è qualcosa di buono: non è il solo a dover lottare contro qualcosa di confuso tutti i giorni, sentendosi diverso dagli altri.



N/A: non hanno mai interagito molto ma hanno questo denominatore comune del non sapere che è stato piacevole da esplorare.

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