139. E quello basta

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N/A: prima di iniziare, qualcuno tra di voi è stato iper diligente con la mia proposta della scorsa settimana.
Quindi se volete leggervi una bella one shot tra Impero Romano e Francesca, c'è la storia di Lien_Nhir . Io l'ho adorata, spero che per voi sia lo stesso!

Passando a questo capitolo un po' men/flusso di coscienza, Carmela si chiama Vittoria. Buona lettura e passate davvero a leggere ciò scritto da Lien, che merita!






1647, Basilicata

La notizia della rivolta a Napoli di Masaniello si è diffusa a macchia d'olio nel resto del regno in poco tempo. Nessuno ha perso ed è tornato in fretta nei propri territori per aizzare la rivolta anche tra le loro genti.

Matteo Cristiano e Francesco Salazar sono i due volti della lotta nei suoi territori e fa di tutto per convincere chiunque ad unirsi.

Scava nelle loro menti e alimenta quel desiderio di libertà che per generazioni è stato passato da genitori in figli, come se fosse qualcosa di inattivo che scorre lo stesso nelle loro vene.

E lei lo scatena al massimo della sua potenza, urla e si ribella insieme alle sue genti, spacca e distrugge i simboli della potenza straniera con piccole bombe.

I suoi sentimenti e quelli dei suoi cittadini si mischiano indistintamente, perché sono mossi dalle stesse ragioni.

Pensano come se fossero una sola anima, vogliono annientare la potenza di quegli stronzi, riprendersi quello che è loro di diritto ma che nessuno dà loro.

La frustrazione di Vittoria è quella delle sue genti, la sete di vendetta della regione è quella dei lucani, l'assenza di freni in lei è speculare in loro.

Niente e nessuno li può fermare.

O forse sì.

Un bagno di sangue.
Urla, preghiere, insulti, bestemmie, maledizioni.
Morti.

Puzza di morte, di corpi che abbandonano la vita e rilasciano i muscoli, buttando fuori quello che ancora era nel loro corpo.

Eppure l'odore di piscio e feci è niente in confronto all'odore di sangue nel naso.
Al sapore ferroso in bocca.
Al caldo appiccicoso sulle mani e braccia e petto.

Sta morendo anche lei.
Solo il suo essere oltre l'umano le impedisce di morire subito con una pallottola nel petto.

Sa che non sta per morire definitivamente, qualcosa nelle sue ossa, nel suo animo e nella sua mente glielo dice.
Ma le è morto qualcosa dentro.

Qualcosa a cui si era aggrappata con forza durante quella ribellione.

La speranza.
È morta quella fiammella che ha animato lei e tutti quei cadaveri che le stanno attorno e chissà quanti altri un po' più in là, nella via o piazzola accanto.

Quel sogno di essere libera da bastardi stranieri ed essere libera e felice con i suoi fratelli.

Una sola lacrima le cade per la guancia prima di essere inghiottita dalla morte, un'amica-nemica che saluta e con cui passeggia ma mai entra nella sua casa.

Non è ancora la sua ora.
E se proprio non potesse vivere fino a quando non sarà libera, spera che chi le succederà possa godersi il sapore dell'autonomia.

Sarebbe poetico.
D'altronde, lei ha strappato la vita a Lucania, che qualcuno la strappi alla stupida e debole Vittoria, che vede e non parla.

Si sente come muta la maggior parte delle volte; può tentare di dire la sua, ma nessuno l'ascolta.
E, alcune volte, la voce neanche esce, troppo bloccata da qualcosa.

Urla solo quando è inutile, quando è per gioco con i suoi fratelli, quando vuole fare casino con loro. Quando è in gruppo è qualcosa con una voce, da sola è uno 0, eliminabile.

•~-~•

Si risveglia nella sua casa nelle sue terre. Devono aver buttato il corpo in una fossa comune dove animali già l'avevano rosicchiata abbastanza, per essere lì.

Una volta si era svegliata con una bestia che le stava mangiando la carne del braccio, il quale le si stava continuamente rigenerando.
Aveva fatto imparare a quell'animale chi comandava, per lo meno.

È decisamente contenta di non dover rivivere l'esperienza, però. Per quanto comunque era ancora sotto l'effetto benefico di non avere emozioni lì per lì, non lo aveva trovato comunque producente.

Si riveste con calma, lasciando che il suo senso di nullità la travolga come una pioggia estiva a ciel sereno.

Tutto quello successo riconferma i pensieri che sa di aver avuto prima di morire. Da sola non ha valore.
Infatti, perché non si è ribellata da sola e ha convinto le sue genti con il suo potere? Perché ha aspettato che un napoletano comune si ribellasse e che le sue idee si diffondessero nei suoi territori? Perché ha aspettato si facessero avanti due figure come cape della rivolta?

È solo un'approfittatrice che sale sul carretto dei vincitori. Che scaglia la pietra quando tutti lo stanno già facendo. Che festeggia senza essersi sforzata.

E lei è lì, viva, vegeta, che respira e -quelle dannate emozioni stanno tornando e la colpiranno e-... questo privilegio quegli umani morti l'hanno perso.

Non si sono generati. Sono rimasti ad andare in putrefazione insieme ai corpi di altri putrefatti o smangiucchiati da animali senza scrupoli.

Singhiozza e intuisce che quei stronzi sentimenti sono tornati in piena simbiosi con il suo corpo, che si scuote per i brividi di colpa e si rannicchia sotto il peso del dolore.

Perché, perché non è abbastanza forte? Perché, perché quella gente è dovuta morire?
Perché, perché non può essere felice?

Può far scoppiare tutte le bombe che desidera, ideare i più stravaganti ordigni, ma non riuscirà mai a diventare qualcosa che non è.

Non può trasformarsi per magia in una donna che riesce a farsi sentire, quindi bilancia quell'incompetenza con i forti scoppi delle sue bombe. O almeno ci prova e ci si illude perché, come si è visto, non basta.

Non basterà mai.
Deve imparare ad urlare, a farsi rispettare, ad essere temuta. Ma come può, quando è solo scontrosa, ma tutto fumo e niente arrosto? Come la potrebbero prendere sul serio? È apparentemente troppo giovane e, cosa peggiore, tra le gambe non ha un pene, bensì una vagina, rendendola così muta alle orecchie dei potenti.

Quel mondo non è fatto per lei e lei non è abbastanza. Allora perché esiste?
Se lo chiede, rimugina su quelle parole per qualche giornata e, prima di addormentarsi una sera, ha come una rivelazione.

Esiste perché ha uno scopo, anche se piccolo e futile. Amare la sua famiglia ed essere amata da loro, ricordare a loro e ricordarsi che si può valere tanto nonostante tutta la merda che ricevono.

Può voler bene e questo basta per esistere. È una realizzazione ovvia quanto stupida, ma la tranquillizza.

Non sarà capace di urlare, non sarà un uomo, né sarà rispettata ora come ora, ma non è sola in quel mondo.
È amata ed ama.
E quello basta.




N/A: spero vi sia piaciuto! Un po' di introspezione nel personaggio di Carmela, che merita un po' più di importanza!

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