PARTE PRIMA - Capitolo 2

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   Una verità triste, ingiusta, ma incombente. Le ultime analisi, ritirate il giorno prima, lo avevano dimostrato: questi erano gli esiti definitivi, non esisteva una prova d'appello.

   Questa verità, da poco entrata prepotentemente nella sua vita come un iceberg nelle fredde nebbie oceaniche, nel momento in cui divenne certezza, fu insostenibile. Ellen aveva bisogno di una valvola di sfogo. Indugiò tutta la mattinata sulla necessità impellente di trovare almeno una soluzione percorribile: la madre, considerata però troppo vecchia e debole; la sorella Dolly, lei troppo giovane per dimostrarle una volta di più quanto cattiva può essere la vita; suo marito Dave. Quel Dave che l'avrebbe dovuta difendere per tutta la vita (così si erano giurati in un lontano giorno della loro giovinezza), aveva fatto una promessa che non avrebbe potuto mantenere: ora qualcosa di terribile l'aveva ferita ... ferita mortalmente.

    Chi altro se non Dave, avrebbe potuto darle il conforto che cercava? Ma temeva anche: chi altro, più di lui sarebbe stato distrutto da quella notizia?

    All'ora di pranzo Ellen decise: Dave e nessun altro dovrà sapere, almeno all'inizio.

    Ora se ne stava lì, limitandosi a premere con la mano sinistra la ferita. Non riusciva ad allontanare quelle immagini perfide dalla sua testa. Continuava a rivedere senza sosta in ogni suo pensiero, ciò che era accaduto il giorno prima. Si era preparata presto, tra qualche difficoltà, dovute allo slancio amoroso di Dave: ad ogni indumento indossato, Dave la tirava a sé, verso il letto, disfandosi velocemente di quello strato superfluo e sommergendola di tenerezze, sguardi ammiccanti e carezze mozzafiato. Superata la titanica impresa della preparazione, eludendo ogni altro possibile assalto, si fece accompagnare dal suo uomo, verso il vicino ospedale polifunzionale. La facciata ad ampie vetrate del moderno complesso medico scintillava, ricordando vagamente ad Ellen quelle dentature smerigliate e luccicanti dei personaggi di certi cartoni animati. La giornata si era presentata solare e l'azzurro intenso del cielo si rifletteva su quella struttura lucida, riproducendo accecanti giochi di luce.

    Ellen si era sentita ottimista, probabilmente ancora divertita dall'atteggiamento fanciullesco di Dave. Preferì le scale al veloce e panoramico ascensore: un certo senso claustrofobico la perseguitava sin dai tempi dell'infanzia. Svoltò l'angolo del terzo piano dell'edificio A; varcò una porta automatica e si ritrovò nel padiglione "Pasteur"; questa volta girò a destra e dinanzi le si parò un lungo corridoio, ampio e colorito. Ellen non immaginava che quel corridoio stava per tramutarsi nel suo lungo tunnel infinito e misterioso verso la fine. Molti dicono di averlo visto, nel momento in cui la vita li sta per abbandonare; probabilmente tanti altri lo percorrono almeno una volta nella loro ignara vita, senza rendersene conto. Per alcuni questo tunnel è buio e cattivo, ma non sarebbe stato di certo così per la bella Ellen.

    Quella dolce ragazza in quel preciso momento aveva trovato ciò che sarebbe diventato presto il suo punto d'arrivo.


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