PARTE SECONDA - Capitolo 1 (IV, prosegue...)

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   Quella notte Ellen ebbe un sonno tormentato, dopo essersi coricata con qualche dolore di troppo alla schiena. Quando si addormentò il marito era ancora sveglio, intento a scarabocchiare qualcosa su un block notes con una mano, ed a accarezzarle la schiena indolenzita con l'altra. In breve, il tepore delle coperte ed il leggero contatto della sua pelle con i polpastrelli della mano di Dave, la proiettarono in una dimensione parallela. Un nuovo mondo in cui ogni suono risultava ovattato, ogni gesto risultava infinitamente rallentato ed il suo respiro era qualcosa di ritmico, armonico ed ipnotico, come la lenta oscillazione di un pendolo. Il corpo percepiva sensazioni sempre più lontane e vaghe.

   Man mano che il mondo reale di casa sua perdeva forma e consistenza alla sua percezione sensoriale, si delineava sempre più nitidamente l'altro mondo, quella dimensione parallela in cui si era piacevolmente abbandonata. Un universo visibile solo ad occhi chiusi ed impercettibile al tatto, con suoni inesistenti per le orecchie; l'olfatto ed il gusto percepivano senza l'ausilio di naso e bocca. Ellen stava prendendo forma fisica nella sua testa sonnolenta: era in un suo sogno.

   Ellen volle dell'erba soffice e rigogliosa; sotto i suoi piedi comparve un vasto prato, di un verde brillante. Desiderò degli alberi e cosi fu, e da quell'intricato labirinto colorato di rami discesero dei bambini giocosi. Poi, come proiezioni olografiche, spuntarono qua e la persone variamente affaccendate: c'era chi portava la spesa, chi spingeva con fierezza passeggini e chi trafugava nella propria valigetta "24 ore", comodamente seduto su una panchina. Tutto era così sereno ed armonioso. Il cielo, di un azzurro cristallino, si allungava come un vellutato manto liscio fino all'orizzonte, lontano a perdita d'occhio.

   Ma c'era qualcosa che ancora non andava. Mancava assolutamente qualcosa, poiché anche il sole ed il cielo azzurro avevano fatto la loro comparsa, eppure... eppure mancava la cosa più importante... ci siamo: dove era Dave?

   Lo desiderò ardentemente, con tanto amore, e finalmente ne sentì la voce.

   Lui la stava chiamando, era alle spalle della moglie. Ellen aveva ottenuto più di quanto avesse cercato con quell'ultimo desiderio: vicino a Dave se ne stava accucciato un cane nero, un grosso cane nero dal muso ripiegato in una sorta di smorfia che sembrava un sorriso; pochi passi dietro al marito e all'animale, la donna intravedeva uno scivolo... un bellissimo scivolo molto alto... sembrava molto divertente.

   La ragazza si avvicinò al divertimento, e nel frattempo notò che il cane accanto a Dave non proiettava ombra. Particolare irrilevante, pensò: nel complesso universo dei sogni non esistono i concetti di razionale e di logicamente corretto. Il "cane di Dave" continuava a fissarla, in quella sua smorfia sorridente, quasi umana. La scrutava con quei suoi occhi strani, neri come il resto del corpo, senza iride e senza coroide: la donna si sentiva osservata.

UN DOLORE OSCURODove le storie prendono vita. Scoprilo ora