PARTE SECONDA - Capitolo 13 (XIV, prosegue...)

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   Ellen aveva capito che quello era il momento giusto. Avrebbe dovuto raccogliere tutte le energie possibili ora, altrimenti (ne sono certa...) se ne sarebbe andata nel sonno, scivolando sempre più in un torpore generale, caldo e tranquillo, senza poter rivedere il marito per l'ultima volta.

   Doveva farcela, doveva svegliarsi prima di cedere definitivamente in quella lunga e devastante guerra contro la malattia.

   Sfidò caparbiamente la distruzione che aveva avviluppato il suo corpo, proponendosi di muovere almeno gli arti, per poi aprire gli occhi e parlare al suo uomo.

   Non fu certo un'impresa facile; quando cominciò ad agitare faticosamente le gambe, comprese che Dave le era ancora al fianco, ora seduto sul fondo del letto.

   Facilitata dalla penombra che regnava sottile in quella stanza, aprì gli occhi e mise a fuoco il volto commosso di Dave.

   Accanto al marito c'era il medico di turno. Quell'individuo aveva un'aria seria, dietro la quale tentava inutilmente di celare tristezza e rassegnazione. Avrebbe pianto anche lui più che volentieri, ma la posizione professionale che esercitava lo impediva categoricamente. Probabilmente Dave, avvertendo i primi segni di risveglio di Ellen, aveva richiesto la presenza del medico, attraverso il pulsante situato a lato del letto.

   Dietro alle due figure maschili, stazionava un'infermiera, alta e robusta, sulla sessantina e con lineamenti decisamente mascolini: era Catherine. Ellen l'aveva già incontrata più volte durante i brevi ricoveri dei due mesi precedenti; nonostante le sensazioni impresse dalla sua prestanza fisica fossero tutt'altro che rassicuranti, quell'infermiera era una delle più competenti, comprensive e simpatiche dell'intero reparto.

   Ellen trovò persino le forze per rivolgere un debole sorriso a tutti i presenti.

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