PARTE SECONDA - Capitolo 2 (III, prosegue...)

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   <<Ciao Ellen...ciao Dave. Forza entrate, mi sembra che lì fuori faccia un po' freddo.>> A quelle parole la giovane allungò una rapida occhiata fuori dalla porta.

   <<Maledizione, il tempo cambia in fretta...>>

   Ci fu un attimo di pausa, in cui i coniugi oltrepassarono la soglia di ingresso, ricambiarono saluti e cortesie. Infine Dolly richiuse la porta alle loro spalle.

   <<Datemi pure le giacche.>>

   <<Come va? E la mamma? Non è in casa?>>, chiese Ellen liberandosi di ciò che fino ad un attimo prima l'aveva protetta dal vento freddo, e che ora rappresentava solo un pesante ingombro.

   <<La mamma? Arriva subito. Mi sembra che sia incantina, penso che stia per arrivare. E tu Dave, cosa mi racconti di nuovo?>>

   L'interpellato sorrise ed abbracciò la cognata. Poi cominciò:

   <<E' un periodo un po' teso. Sono pieno di impegni. Per il resto... tutto bene.>>

   Falso.

   Nessun impegno e niente va bene. Anzi, tutto va di merda.

   Dave stava mentendo, doveva mentire. Lui e la moglie avevano analizzato tutte le possibili alternative e la soluzione era mentire, almeno per ora.

   <<Ciao a tutti e due. Scusate per il ritardo, ma dovevo finire delle faccende. Se avessi saputo con un certo anticipo della vostra visita, non mi sarei certo fatta trovare tutta affaccendata. Come va? Volete un caffè, o magari una tazza di tè caldo?>> La voce della madre di Ellen e Dolly suonò un po' affaticata. La signora Ljungberg comparve dalla scaletta che dalla cucina portava allo scantinato sotto l'abitazione.

   I nuovi arrivati convennero nei saluti di rito, poi Dave accettò di buon grado l'offerta della suocera.

   <<Prenderei volentieri una tazza di caffè... se possibile abbastanza forte.>>

   Si chiacchierò distrattamente, svariando su diverse argomentazioni generiche, fino a quando tutti furono seduti sulle poltrone e sul divano del piccolo ma accogliente salotto. Probabilmente quell'ambiente dimostrava dimensioni più ristrette di quelle che realmente possedeva, per il semplice fatto che conteneva una quantità enorme di oggetti, per lo più ricordi e foto di Jonathan. Comunque nulla era stato lasciato al caso nella disposizione e nell'arredamento di quella porzione di casa. Tutto era in perfetto ordine e obbediva sapientemente ad una ben precisa logica. La casa in cui Ellen e sua sorella crebbero era decisamente diversa da quella in cui la donna ora abitava con il marito. Notevolmente più piccola poteva contare al piano terra sul salottino, una bella cucina finemente arredata, una discreta camera che i signori Ljungberg avevano utilizzato per molto tempo, prima della morte di Jonh, ed una camera più piccola, che aveva visto Ellen trasformarsi da bambina lentigginosa a bellissima ragazza ambita da qualsiasi giovane del quartiere. Accanto alla scaletta che portava allo scantinato, partiva una scala più ampia che conduceva al primo piano, e di lato ai due corpi scala si trovava il bagno. Di sopra, sin dal giorno della nascita di Dolly, lei e la sorella avevano stabilito il loro intimo quartier generale, uno spazio di poco più piccolo del salottino, che Jonathan Ljungberg aveva trasformato da vuoto e grigio sottotetto a graziosa e colorata cameretta.

   <<Allora Ellen, cosa volevate chiederci tu e Dave? Al telefono mi è sembrata una cosa urgente.>>

   In mattinata la sorella maggiore aveva telefonato a quella più piccola, chiedendole un importante favore, una cosa semplice ma importante. I coniugi avevano deciso di mentire, di inventare qualcosa di plausibile per non destare sospetti in Dolly e Dorothy.

   Ellen prese fiato e cominciò:

   <<Dobbiamo stare lontani da casa per un po'... non saprei dirvi con precisione per quanto... poco, tanto: ne avremo un'idea più precisa solo tra qualche giorno.>>

   Questa era la parte onesta del discorso.

UN DOLORE OSCURODove le storie prendono vita. Scoprilo ora