Mentre sfoglio qualche giornale alla disperata ricerca di qualche annuncio di lavoro suona il citofono.
Appena alzo la cornetta Mario non mi lascia parlare.
"Senti mi dispiace, ti chiedo scusa in ginocchio, mi manchi, mi manchi da impazzire, hai ragione, sarebbe più facile andare avanti, ma non è ciò che voglio, non ci riesco, voglio te, voglio abbracciarti e dirti che qualsiasi cosa tu stia passando la supereremo insieme, ma ti prego parlami, fammi capire cosa ti passa per la testa, smettila di ignorarmi, ti amo"
Rimango in silenzio.
"Ti prego" insiste.
Riattacco e mi convinco a scendere.
Lo guardo da lontano incrociando le braccia al petto e appoggiandomi alla porta.
"Ciao" gli sussurro abbassando lo sguardo.
"Ehi... come stai?"
Annuisco.
"Mi spieghi perché fai così?"
"Ho paura di fidarmi, non voglio stare ancora male"
"Ti giuro che non succederà più"
"Me lo hai sempre giurato"
"Non ti è mai importato così tanto"
"Devo andare" gli dico rientrando.
"Ho parlato con alcune conoscenze... ho fatto leggere gli articoli che scrivevi quando lavoravi a New York... vorrebbero incontrarti... se vuoi... potresti lavorare da casa almeno"
Mi porge un biglietto da visita.
"Inizi a fare come Nicolò? Non puoi comprarmi Mario"
"Lo so... volevo solo fare qualcosa per te... so quanto ci tieni, non sono nemmeno tanto influente quanto lui, volevo solo rendermi utile, ho pensato ti potesse far piacere, scusa, se non vuoi non fa nulla, non volevo..."
"Tranquillo... grazie" forzo un mezzo sorriso.
É stato carino da parte sua, so che non l'ha fatto per dimostrarmi qualcosa ma soltanto per aiutarmi, ma non riesco a lasciarmi andare, abbracciarlo o semplicemente essere più rilassata.
"Di niente baby, fammi sapere se ci vai, come va"
Annuisco.
Rimaniamo in silenzio per un po', finché gli dico che devo andare e me ne torno dentro.
Chiamo il numero che mi ha dato e domani ho già un colloquio.
Mi presento in anticipo, ci tengo davvero tanto a fare una buona impressione e a non sembrare solo la "raccomandata", se mi prendessero sarebbe il sogno della mia vita.
Il colloquio va benissimo, dalla prossima settimana inizio a lavorare
Appena torno a casa istintivamente mi viene da prendere il telefono per chiamarlo ma me lo rigiro tra le mani pensando che non sia la cosa giusta da fare.
Qualche ora dopo è di nuovo sotto il mio portone.
"Ciao piccolina, so che hai un lavoro, scusami se piombo sempre qui all'improvviso ma tieni il telefono staccato e io non ce la faccio a stare senza parlarti"
"Si... purtroppo ora dovrò riaccenderlo però"
"Bene... se ti dovesse venire voglia di parlare con qualcuno spero di essere il primo a cui penserai"
Sbuffo un sorriso.
"Senti so che non stiamo più insieme e tu non vuoi perdonarmi ma... ti va se stasera festeggiamo? Insieme? Niente di impegnativo giuro"
Annuisco.
"Passo per le 20?"
"Si, a dopo..."
Mi preparo dal pomeriggio, non sono più abituata ad uscire, spero non abbia organizzato nulla di chissà che perché non mi va nemmeno di vestirmi bene e quando è quasi ora vengo presa dallo sconforto e lo chiamo per annullare.
Mi infilo il pigiama e mi butto sotto le coperte ma dopo poso sento il citofono.
"So che in realtà sei solo giù di morale, scendi un attimo? La pizza ce la mangiamo qui"
Mi scappa un mezzo sorriso.
Passiamo tutta la sera sulla scalinata del mio palazzo a mangiare pizza d'asporto e piano piano mi sciolgo, mi ricordo quanto sia bello stare con lui, ascoltarlo parlare mentre io in silenzio mi perdo nei suoi discorsi.
Rimaniamo fino a tardi e io non riesco ad invitarlo a salire anche se una parte di me lo vorrebbe.
Lo saluto e torno in casa, ma appena sono dentro mi sento una stupida ad essermi lasciata andare così.
Scoppio in lacrime fissandomi allo specchio.
Passo intere giornate a letto a piangere mentre lui cerca in tutti i modi di parlarmi, viene diverse volte sotto casa mia, mi inonda di messaggi e chiamate, ma io sono come bloccata, stare con lui mi ha riportato ai vecchi tempi e il pensiero di poter soffrire di nuovo come prima mi deprime.
"Sono ripartito, avevo pensato di fermarmi qualche giorno in più per stare con te, ma se tu non vuoi è inutile, se hai voglia chiamami quando vuoi, sono qui"
"Tra due giorni torno, ci vediamo? È successo qualcosa? Ho fatto qualcosa che non dovevo l'altro giorno? Pensavo stesse migliorando la situazione ma ora è anche peggio, ti prego rispondimi"
Quando si ripresenta sotto casa mia passa tutto il pomeriggio al citofono finché per la disperazione non scendo.
Appena mi vede scoppia in lacrime.
"Cazzo che cosa ti prende? Più mi impegno a starti vicino e più mi respingi, non capisco cazzo, non ce la faccio più, sto impazzendo con te, dimmi qualcosa, dammi un cazzo di segno, non ti capisco più, l'altro giorno eri quasi a tuo agio, speravo che qualcosa dentro di te si stesse sistemando e ora mi ignori così da giorni, non ci riesco a starti lontano, non è ciò che voglio, lascia che io ti stia vicino, non mi importa se ci vorranno giorni, mesi o anni a fidarti e lasciarti andare, ma non mi escludere dalla tua vita, ti prego"
Rimango lì a fissarlo.
Faccio un respiro profondo pensando bene a cosa dire ma è come se tutte le parole che ho in testa non riuscissero a uscire.
Pronuncio solo un "mi dispiace" a bassa voce mentre le lacrime mi rigano il viso.
Si aspettava di più e rimane deluso da questa mia risposta.
"Ok" mi guarda scoraggiato prima di andare via lasciandomi lì da sola.