Abisso

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I minuti lenti e scanditi da lunghe lancette, laceravano la lucidità di Jamie.

Quattro dannati giorni erano passati, dall'ultima volta che aveva sentito la sua voce.

Quella voce che ascoltava in continuazione, facendo partire la segreteria telefonica del cellulare di Lis.
Ogni volta ascoltava tutta la registrazione, trattenendo il respiro fino alla fine.

I suoi pensieri, i suoi sentimenti, tutto quello che gli passava per la mente voleva inciderli su quel nastro invisibile, ma non c'era abbastanza spazio.

Decise così di scrivere i suoi pensieri, di scrivere le sue emozioni, di scrivere tutto quello che le voleva dire.

Decise di scriverle delle lettere d'amore.

La penna stilografica nera, accarezzava il foglio bianco, lasciando il suo segno, lasciando il suo inchiostro, suggellando un patto d'amore con la carta stessa. Quale Unione più sacra esisteva se non quella tra la penna e la carta?

L'inchiostro senza la carta non esisteva e la carta senza l'inchiostro non era niente.

Lui si sentiva così, come quel pezzo di carta bianco, inutile ed in attesa del suo inchiostro, come una vena bramava il suo amato sangue.

Dopo il primo giorno in ospedale, su quella fredda sedia della sala d'aspetto, l'infermiera Stacy, lo fece sbattere fuori da due energumeni.
Jamie si era proprio cercato rogne, trasgredendo agli ordini ricevuti. Non si poteva assolutamente entrare in sala rianimazione senza protezioni e soprattutto senza il consenso del medico.

Ma lui stava davvero impazzendo.

L'unico pensiero positivo che lo aiutava ad andare avanti, riguardava le condizioni di salute della sua Lis.

L'ematoma si stava riassorbendo da solo grazie ad una cura di farmaci, per fortuna, ma era ancora lunga.
Si ritrovò così a poter accedere in ospedale, solo di giorno e solo accompagnato da qualcuno.
L'aveva vista solo dal vetro della porta della sala rianimazione e per poco più di cinque minuti.

Lei era lì, addormentata, come una principessa in attesa del suo principe. Il viso anche se pallido era sereno. Le lunghe ciglia nere erano adagiate, nascondendo l'azzurro dei suoi occhi. Le labbra rosse erano semiaperte pronte per essere toccate, appena sfiorate da altre labbra rosse.

Se chiudeva gli occhi e si concentrava poteva risentire il suo profumo, il profumo della sua pelle. Vaniglia, zucchero filato.

Lei sapeva di quello.

Vedendola lí distesa, la sua mente ritornava sempre su un vecchio ricordo. Lei che lo aspettava, dormendo nella dépendance, al ritorno dalla sua gita sul kayak, con i suoi fratelli.

Chiudeva gli occhi e rivedeva la scena, riviveva quei sentimenti.
Il suo bellissimo corpo giaceva addormentato tra le lenzuola argentate. La luce accesa dell'abat-jour illuminava il suo volto rilassato.
Le labbra leggermente aperte, le lunghe ciglia nere, chiuse su rari zaffiri.
Gli occhiali neri, che usava solo per leggere erano appoggiati sopra il volume di chirurgia, aperto sul letto.
Si era addormentata leggendo.
Jamie inspirò il profumo della stanza ed appoggiandosi allo stipite della porta, notò che non stava facendo lui una sorpresa a lei, ma era completamente l'opposto.
Le delicate auto-reggenti nere fasciavano lunghe gambe come il bustino, dello stesso colore, fasciava il corpo.
Il tutto coperto da un cardigan beige.
Jamie sorrise, "la mia dottoressa freddolosa.

Poi riapriva gli occhi e peccato per tutti quei tubi, fili, aghi e peccato per quella insistente macchinetta che rilasciava nell'aria il bip che rilevava il suo battito cardiaco.
Da una parte, ringraziava il cielo, che ci fosse quel bip.

Ora, solo nella sua casa, in compagnia di Hope e Leopold, stava guardando senza sosta le loro foto. Foto scattate il giorno dell'Indipendenza, da Rachel.

Si rese conto che non avevano mai scattato foto, insieme.
Per fortuna almeno una, solo loro due, c'era. La tolse dal gruppo e la lasciò in bella vista sulla scrivania.

Notò che lì a fianco, c'erano le chiavi del suo ufficio ma non ne voleva sapere niente. Tutto l'occorrente era rimasto a Columbia, tutto si era fermato, ogni cosa.

Tutto si era fermato quando si era fermata lei. Tutto era rimasto immobile, statico, tutto totalmente privo di vita.

Come quella fiaba che sua mamma gli raccontava sempre prima di dormire. La sua fiaba preferita raccontava ai suoi tre bambini, la storia della bella addormentata.
Raccontava di un principe, bello e coraggioso che combatteva contro tutti e contro tutto per la sua principessa.

Ecco, Lis era quella bellissima principessa che si era addormentata e con lei tutto il suo regno. Toccava a lui combattere per lei.
E Jamie avrebbe combattuto, avrebbe lottato per lei.

Ian era rimasto tutto il weekend, era rimasto vicino a lui e con lui Rachel.
Gli erano rimasti a fianco, in silenzio rispettando i suoi silenzi, le sue lacrime, i suoi momenti no.

Dormiva vestito, ormai con la stessa tuta da giorni. Teneva in mano il caleidoscopio ed aveva la sua medaglietta al collo.
Si domandava il perché. Costantemente e solo il perché di quel folle gesto.

Correre così per un cellulare.

Qualcosa, gli diceva che mancava un pezzo, ma poi quello stupido pensiero svaniva, lasciando posto solo al fatto che lei era lì, inerme, il quel letto d'ospedale.

Trovò una scatola un uno dei cassetti del soggiorno. Una scatola bianca con sopra il disegno di un faro.
Sicuramente era di Lis.

Ci infilò dentro le foto, il caleidoscopio e le lettere. Tutte rigorosamente scritte a mano e datate. Una per ogni giorno vissuto lontano da lei.

Scriveva di ricordi, di momenti felici vissuti insieme, di progetti e di speranza.

Scriveva di amore, un amore puro che solo tra due perfette anime gemelle si poteva vivere e consumare. Consumare con baci pieni di lussuria ed estasi.

"Lis, amore mio, mi manchi", disse premendo sul petto la sua fotografia.

Un irresistibile arrogante - The Sommers brothers series (Completa) Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora