Happy Halloween

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"Cazzo, secondo te mi si sono rotte le calze?", gracchiò una bambolina vodoo infastidita.
Il vestitino striminzito caffelatte aveva i finti spilli conficcati ricamati, il cinturino nero e le maniche corte a sbuffo. La gonna chiara veniva sollevata da diversi strati di crinolina lilla e fucsia; gli stessi colori che coloravano i biondi capelli, legati in due codini alti.

Le lunghe gambe erano state ricoperte da autoreggenti a maglia larga svasate. Il nero del loro colore riprendeva quello delle scarpe alte, con tanto di zeppa e cinturino intorno alla caviglia.

Il trucco pesante, nero, aveva ricreato alla perfezione un filo di ferro intorno al collo ed un viso da bambola di pezza.
Il risultato era perfetto, una sexy ed irresistibile bambolina, tutta da infilzare.
Per le povere orecchie di Mya, il doppio senso dal risvolto erotico, si sarebbe udito per tutta la sera.

"Non mi sembra Tiffy ", commentò una studentessa di Harvard, con tanto di divisa scozzese rossa e nera, imbrattata di sangue.
Mya aveva indossato la camicia bianca, con la cravatta e l'intimo dello stesso motivo scozzese della gonna.

Un dettaglio insignificante per lei, dato che nessuno l'avrebbe notato, ma alquanto necessario per Tiffany.

Le calze autoreggenti erano bianche ma velate, ricoperte di schizzi di sangue mentre le scarpe, identiche a quelle di Tiffany, erano rosse.

"Ecco il tuo maglioncino", esclamò un Jack lo squartatore, con tanto di bombetta e bastone. "Siete pronte ragazze? Non voglio far tardi!"

"Sì, ci siamo", esclamò Mya infilandosi il coprispalle grigio perla, di pelo; il sangue finto colava anche lì.
"Non ho finito devo ancora farle i codini", si lamentò la bambolina scendendo dal taxi e ritrovandosi davanti al cancelletto di ferro battuto  del Manhattan.

"Non importa i codini non li vuole", fu la sua risposta mentre trascinava le sue due amiche sugli scalini di pietra della vecchia dimora.

Zucche, candele e lucine arancioni illuminavano il piccolo giardino e le scale di pietra scura.
Le tombe ricreate non erano di polistirolo colorato ma di marmo liscio e umido, con tanto di lettere dorate e lumini accessi, rossi.

Le lettere utilizzate formavano il nome del proprietario vissuto un secolo e mezzo prima ed il suo viso lo si poteva ammirare dalla statua di bronzo che giaceva lì sopra.

"Hanno allestito bene", borbottò Mya con i crampi allo stomaco.
Non sentiva un malessere per via del sangue finto, dei mostri, dei lumini da cimitero e per tutto quello che avrebbe trovato, ma per il semplice motivo che forse avrebbe visto Jousha.

"Io non vengo", affermò in coda per consegnare l'invito, cercando di tornare verso la strada.

"E no, tu da qui non ti muovi", replicò Tiffany, arpionando il suo braccio.
Guardò i grandi occhi dalle sfumature verdi, elegantemente truccati con matita e mascara nero; anche l'eyeliner era stato applicato con cura, ricreando due gemme preziose.

"Non dopo tutta la fatica che ho fatto per truccarti e non dopo che hai, finalmente,  accettato di uscire con un ragazzo!", precisò Tiffany consegnando anche il suo invito.

"Sì ecco, una grande cavolata questa".
"Tranquilla Mya, senza biglietto non entra e sono stati tutti venduti", precisò Tony.
"Speriamo, perché ho accettato solo contando su questo".

Tony prese le ragazze sotto braccio e le spinse dolcemente verso la porta.
In una frazione di secondo si ritrovarono nell'oscurità del corridoio, avvolti da zucche di Halloween illuminate da lumini neri e lanterne nere con candele arancioni.

Un irresistibile arrogante - The Sommers brothers series (Completa) Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora