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La colazione era stata una dolce amara tortura per una Lis quasi abbronzata dal rossore, ormai perenne a tal punto che sentiva costantemente il calore sul suo viso.
Mangiare le crêpes con lo sguardo divertito e l'ego gonfio come una mongolfiera, di Jamie, era stato davvero difficile.

Mandò un sms a Chris raccontandole l'accaduto e lei aveva solo rincarato la dose, dicendole che era tutto vero e l'aveva chiamato così perché voleva mangiarselo.

Con quei pensieri per la testa finì di bersi il tè freddo e buttò la bottiglietta nel cestino.
"Quindi adesso stiamo andando verso la clinica?", domandò risalendo il viale alberato.
Il grande orologio nero svolgeva il suo compito con efficenza mentre la fontana zampillava, sempre graziosamente, in gran silenzio.

"Stiamo andando in un altro posto però, se vuoi possiamo andarci. Ci passiamo davanti", la prese per mano.

Un contatto delicato, dolce e romantico. Un contatto sottovalutato, tante volte snobbato e mai totalmente apprezzato.

Per Jamie no, non con lei, non con la sua Lis. Poterle anche solo toccare la sua mano, era come ricevere un po' di ossigeno per un sub con la bombola finita.

Raggiunsero la clinica e i due ragazzi si bloccarono di colpo, non prevedendo di vedere uno scenario così deprimente.
I fiori che riempivano le fioriere erano completamente secchi e le scale piene di polvere e cartacce, ma non fu quello a turbare il cuore di Lis, no.
Il suo cuore si dispiacque alla vista del foglio che era stato attaccato alla porta a vetro.

*La clinica rimarrà chiusa fino a data da destinarsi*.

"È stato attaccato quando hai avuto, beh lo sai", mormorò impacciato.
"Certo, immagino. Dev'essere stata dura anche per voi".

Salì i gradini con lo sguardo triste ma con una nuova determinazione negli occhi.

"È stato straziante, non poterti parlare, o toccare. Ti potevo guardare solo attraverso un vetro".

Nelle sue parole c'era sconforto e dolore, dolore per un evento brutto e totalmente fuori dal controllo di noi, poveri umani.
Parole che mai una volta aveva sentito pronunciare da Andrew e questo confronto segnò il suo cuore nel profondo.

Jamie era stato tutto il tempo con lei in ospedale, le aveva portato i suoi fiori preferiti e le aveva regalato la gabbietta aperta.
Jamie che parlava di dolore e sconforto, Jamie che la guardava con dolcezza e possessione, un Jamie che la desiderava.

E lei desiderava lui. Il suo cuore lo urlava a squarcia gola, il suo corpo lo reclamava come il sangue aveva bisogno di circolare nelle sue amate vene.

La sua mente, la sua mente che frammento dopo frammento iniziava a riconoscerlo, a percepirlo.

Era ora di riprendere la sua vita fra le mani e lei, ora, fra le mani, aveva le sue.
"Abbiamo un secondo libero, nel tuo programma di oggi?"
"Certo", mormorò sorridendole, "tutti quelli che vuoi, non ti ho rapito!"
"Ah no, non mi avete rapito architetto Sommers?"
"No, dottoressa Lawrence, vi ho semplicemente ricattato", scoppiò a ridere prendendole una ciocca di capelli. Gli erano mancati.
"Un ricatto sì, ma io non lo definirei tanto orrendo come ricatto o no?"
"Mah vedremo, stasera ti dirò qualcosa".

Strinse forte la sua mano e raggiunsero la porta della clinica. Infilare di nuovo le chiavi era come rinascere per lei. Una nuova vita.

Staccò il foglio insieme a Jamie e strappando quel pezzo di carta sottile si sentì meglio, molto meglio. Con più gioia nel cuore e buoni propositi. Era l'ultima settimana di agosto e dalla prossima, con settembre in arrivo avrebbe ripreso a tutti gli effetti di nuovo a lavorare.

Un irresistibile arrogante - The Sommers brothers series (Completa) Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora