La PANDEMIA

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Cap. 44

In quel periodo mi alzavo sempre volentieri, ero fortunata, con il lavoro che facevo potevo uscire di casa.
Il pane era sempre stato simbolo di salvezza e in quei mesi più che mai.
Anche se il web era pieno di foto e filmati di gente che faceva il pane in casa e del lievito introvabile, le vendite da noi andavano bene.

Anche se il web era pieno di foto e filmati di gente che faceva il pane in casa e del lievito introvabile, le vendite da noi andavano bene

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Alessio invece, da quando era chiuso in casa, era sempre nervoso.
Alla mattina faceva la seduta di allenamento e poi al pomeriggio se ne stava seduto sul divano a giocare con la play.
Qualche volta ci sdraiavamo a guardare un film insieme, ma il più delle volte si stancava e trasferiva la sua attenzione sul telefonino.

Qualche volta ci sdraiavamo a guardare un film insieme, ma il più delle volte si stancava e trasferiva la sua attenzione sul telefonino

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Per fortuna, la sera cambiava, mi aiutava con la tavola, la cena e poi iniziava a fare il romantico e la giornata finiva sempre bene.
Recuperammo un po' di tempo perso nei mesi precedenti.

Quando quella mattina, presi borsa e cellulare per andare al lavoro, non immaginavo che aprendolo avrei trovato un messaggio di Samu.
Dal suo compleanno non ci eravamo più visti ne sentiti. Sapevo che a causa del virus era rimasto a Milano a casa da solo, avrei voluto scrivergli o chiamarlo, ma avevo sempre resistito; mi chiedevo se per lui fosse lo stesso.
Leggere quelle parole, fu come tornare indietro di mesi. Avevo fatto passi avanti con Alessio, non potevo buttare tutto alle ortiche.
Ma gli risposi, pensavo che la solitudine, che non era per lui, cominciasse a farsi sentire.

"Ehi amico mio, come stai? Ti senti solo? Ti chiamo quando finisco di lavorare così mi racconti. ¡Que tengas un buen día! "

Quella mattina fu pesante, sembrava che le ore non passassero mai, avevo la sensazione che volessero darmi tutto il tempo per capire cosa dire esattamente. E nella mia mente iniziai milioni di discorsi che poi accantonavo perché non mi convincevano.
Finalmente finii. Uscita dal retrobottega, con mani tremanti, presi il telefono e composi il suo nome.
Mi stava aspettando!

MAMILHAPINATAPAIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora