Mamihlapinatapai

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Cap. 106

Ero così felice di vederlo, lo lasciai entrare e portare la valigia in camera sua.

"Che è successo al letto?"

"Mi mancavi e sono venuta a dormire qua."

"E sei riuscita a dormire?"

"Mi sono appena svegliata.!"

"Quindi puoi tornare un po' a letto con me?"

Disse togliendosi le scarpe e sdraiandosi.

"Solo per poco però. Ho un appuntamento!"

Mi guardò male, volevo provocarlo e non staccai gli occhi dai suoi.

"Eh! Di che appuntamento si tratta?"

"Una cosa."

Non volevo dargli soddisfazione.

"Una cosa!... Bene!"

"Cosa c'è?"

"Niente! Anch'io devo fare una cosa!"

"Cosa?"

"Questo!"

Ed iniziò a farmi il solletico fino a farmi quasi mancare il respiro.

"OK, ok. Ho un colloquio di lavoro."

Si fermò facendosi serio.

"Davvero? Non me lo avevi detto..."

"Volevo aspettare di vedere come andava."

Si stese nuovamente e mi attirò a se abbracciandomi.

"È quello che vuoi?"

"Non lo so esattamente. Ma per il momento potrebbe andare. Mi devo pur mantenere..."

"Se vuoi..."

Stava per dire qualcosa, ma si trattenne, sapevo perfettamente cosa avrebbe voluto dirmi, ma non era ancora il caso.
Mi alzai per prepararmi, dopo pochi minuti mi raggiunse nella mia stanza.

"Che ci fai qua?"

"Mi sei mancata Niña!"

"Anche tu, Solcito mio!"

"Ehi, ehi! Ferma un po'! E da quando parli spagnolo?"

"Non parlo spagnolo!"

"È quel Solcito?"

"Mi sembrava carino! Come il sole, tu illumini sempre le mie giornate!

Si avvicinò prendendomi il viso tra le mani e mi baciò.

La verità era che ci stavo provando ad imparare lo spagnolo, ma volevo fargli una sorpresa.

Mi lasciò andare al colloquio,. Non era tanto distante dalla casa di Samuel, ci andai a piedi.
Era una pasticceria, mi accolse il titolare. Un signore asciutto sulla cinquantina con il figlio che presumevo avesse più o meno la mia età.
Cercavano una persona per la mattina, dalle 6.30 alle 11.00. Loro avevano un grosso afflusso nell'orario delle colazioni.
Era un posto in sala, non in laboratorio, si trattava praticamente di fare la cameriera.
Avevo imparato molto in questi anni e speravo di continuare, ma del laboratorio se ne occupavano loro due. Però gli piacque il fatto che avessi dell'esperienza, perché in caso di necessità avrei potuto dar loro una mano.
Ci lasciammo con la promessa di risentirci presto e tornai a casa.

Samuel nel frattempo si era cambiato, indossava, come al solito, solo i pantaloncini e stava preparando il pranzo.
Senza distogliere lo sguardo da quello che stava facendo mi chiese come era andata.

"Bene!"

Dissi mentre mi avvicinavo a lui e lo abbracciavo da dietro.
Amavo la sua schiena, appoggiarci la testa. Amavo quel tatuaggio che qualche volta toglieva lo sguardo al suo fantastico sedere.
Quante volte mi ero imbambolata a fissarlo!
La prima volta a Malaga dai suoi, due anni prima.
Quando se ne accorse, divenni rossa come un peperone.
Lui si era voltato proprio in quel momento e sorridendo venne a sedersi accanto a me.

"Che c'è?"

"Mi chiedevo il significato di quel tatuaggio!"

"Mamihlapinatapai? È il guardarsi reciprocamente negli occhi, sperando che l'altro faccia qualcosa che entrambi vogliono, ma che nessuno ha il coraggio di fare!"

Un po' quello che era diventato il nostro rapporto.
Entrambi volevamo qualcosa che in quel momento, avevamo paura solo di pronunciare.

Si lavó le mani per girarsi ed abbracciarmi.
Era tutto così bello.
Mi propose due giorni fuori Milano, sul lago Maggiore.

MAMILHAPINATAPAIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora