55. Sull'Olimpo

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ante diem VI Kalendas Ottobres 267 A.C.

Sono trascorsi cinquant'anni dal nostro incontro a Palmira. Durante questo tempo, le terre orientali sono diventate il rifugio che mai avrei immaginato. Zenobia è stata la mia compagna, il faro che ha illuminato le notti di mille storie e il silenzio dei nostri segreti.

Ora, Palmira è un luogo diverso, intrecciato con la nostra storia lunga mezzo secolo. I banchetti sono scintillanti di ricordi e di volti familiari. In uno di questi festeggiamenti, la tragedia si insinua tra i raggi dorati del sole che cala sull'orizzonte.

Il re Odenato, marito di Zenobia e figura di grande rispetto, è al centro dell'attenzione. Il banchetto è un tripudio di colori e suoni, ma sotto la superficie serpeggia un'oscura minaccia. Durante uno dei brindisi, il re sorseggia da una coppa avvelenata, un veleno che mina la sua vita.

Zenobia si accorge del cambiamento nei lineamenti di suo marito e afferra la mano di Odenato. "Amore mio, cosa sta succedendo?" chiede, i suoi occhi pieni di preoccupazione e paura.

Il re cerca di rispondere, ma le sue parole si trasformano in sibili indecifrabili. Il veleno fa il suo effetto, avvolgendo Odenato in un destino crudele. Mentre i convitati guardano inorriditi, la regina si volta verso di me, gli occhi colmi di dolore e rabbia. "Daphne, aiutami"

Cammino tra i corridoi del palazzo di Zenobia, una regina coraggiosa che ha resistito all'Impero romano con forza e intelligenza. La sua figura regale incarna la determinazione, simile a quanto ho conosciuto nei giorni dell'antica Roma. Nel nostro incontro, una connessione profonda si è formata, unendo le nostre storie attraverso il destino intrecciato della politica e dell'amore.

"Principessa Daphne, sento il peso delle responsabilità che grava sulle tue spalle. Come reggenti, dobbiamo difendere ciò che amiamo e proteggere il nostro popolo," dichiara Zenobia, la sua voce risuona con un'aura di saggezza.

"Regina Zenobia, la vostra storia di resistenza è fonte d'ispirazione. Abbiamo in comune la lotta per la libertà e l'indipendenza," rispondo, riflettendo sulla mia storia di intrighi e passioni nella Roma antica.

Le nostre storie si sovrappongono, creando un intreccio di destini che sfidano le convenzioni dell'epoca. Insieme, affrontiamo le sfide di governare regni indipendenti, cercando di forgiare il futuro con la forza dei nostri ideali e la solidità delle nostre alleanze.

Ante diem XV Kalendas Novembres 272 d.C.

In questa epoca tumultuosa, la nostra amicizia è destinata ad affrontare la sua più grande sfida. Mentre l'ombra dell'Imperatore Aureliano si allunga su Palmira, Zenobia e io ci troviamo al centro di un conflitto imminente.

"Zenobia, dobbiamo resistere," esclamo con fermezza, la tensione palpabile nel nostro regno.

Le sue spalle, un tempo erette con fierezza, sembrano curvarsi sotto il peso delle circostanze. "Daphne, la forza che ho mostrato contro Roma potrebbe non essere sufficiente questa volta," risponde con un sospiro. "Ma non ci arrenderemo facilmente."

I giorni trascorrono con l'ansia che cresce mentre l'Impero romano si avvicina. In uno scontro epico, Aureliano e le sue legioni invadono Palmira. Le nostre forze resistono con coraggio, ma la superiorità numerica dell'Impero è schiacciante.

Durante un momento di intensa lotta, Zenobia e io ci troviamo circondate dalle rovine del nostro regno. "Daphne, il destino è contro di noi," mormora Zenobia, il suo sguardo fisso sulle legioni romane che avanzano.

Ma la nostra amicizia, temprata in anni di gioie e dolori, non può essere spezzata facilmente. "Zenobia, combattiamo con onore e dignità. Che la nostra storia sia ricordata," rispondo, afferrando la sua mano con determinazione.

La battaglia si conclude con la cattura di Zenobia da parte di Aureliano. La regina valorosa è portata a Roma come prigioniera, mentre Palmira ritorna sotto il dominio dell'Impero romano. Con un senso di resignazione, mi trovo anch'io trascinata verso Roma come prigioniera. Le strade della città eterna mi accolgono stremata, le catene pesanti si fanno sentire mentre vengo condotta attraverso il cuore dell'Impero romano. Le persone curiose si affacciano, scrutando la figura decaduta della principessa che un tempo camminava con fierezza tra gli intrighi di corte.

Nella mia solitudine, rifletto sulla parabola di Zenobia e la mia connessione con il suo destino. Entrambe donne forti, intraprendenti, e ora entrambe vittime delle circostanze implacabili dell'epoca.

Incontro Aureliano, l'imperatore vincitore, il cui sguardo è un misto di trionfo e curiosità. "Daphne, la tua presenza qui è la conclusione di una storia che ha attraversato continenti," afferma con un tono misurato.

Con la dignità rimasta, cerco negli occhi dell'imperatore una scintilla di compassione o comprensione. Ma in questo mondo di potere, la mia figura è solo un ricordo sbiadito di un passato che il destino ha deciso di archiviare. La prigionia inizia, mentre le porte della mia cella si richiudono con un suono pesante, sigillando il mio destino nel cuore dell'Impero romano.

Nel buio della mia cella, sento un fruscio leggero, e improvvisamente, la figura aggraziata di Mercurio appare. "Daphne," mormora, il suo sguardo rivolto al futuro, "il destino non può imprigionare la tua forza eterna."

In un istante, le catene cedono, e mi trovo avvolta nella luce dorata di Mercurio, un abbraccio di libertà che mi solleva dalle miserie della prigionia. "Vieni con me," dice con un sorriso, e in un battito di ciglia, ci ritroviamo sull'Olimpo, lontani dalle contingenze terrene.

Le divinità guardano con occhi luminosi mentre Mercurio mi conduce attraverso le maestose colonne del luogo divino. "Daphne," chiama Venere, la mia madre, con affetto misto a preoccupazione. "Hai affrontato le tempeste dell'umanità, hai conosciuto amori e dolori. Ora, il nostro regno divino è pronto ad accoglierti."

Le sue mani, avvolte da una luce eterea, mi toccarono delicatamente, dissolvendo le vestigia terrene. In un istante, mi trovai trasportata oltre i confini della realtà, sospesa tra le nuvole dell'Olimpo.

"Qui, tra gli dèi, potrai trovare la pace che il mondo mortale spesso nega," continuò Venere, indicando il cielo stellato sopra di noi.

Il mio rifugio sull'Olimpo emanava una calda luce dorata, un richiamo al fuoco eterno che aveva segnato il mio destino sulla Terra. Le fiamme, simbolo di trasformazione e rinascita, si riflettevano nei dettagli incisi nelle colonne di marmo e nei dipinti adornati d'oro.

Il camino centrale, anch'esso scolpito con motivi che ricordavano le lingue ardenti, irradiava un calore costante. Seduta accanto al fuoco immortale, contemplavo il riflesso delle fiamme negli specchi d'argento. Era un costante richiamo alla passione e alla forza che mi aveva guidato attraverso le ere.

Ogni angolo della dimora evocava il potere trasformante del fuoco, la sua capacità di purificare e plasmare il destino. In questo luogo di splendore olimpico, il ricordo del fuoco eterno permeava ogni pietra e ogni spiraglio di luce, creando un santuario intimo dove la mia storia divina si intrecciava con la danza delle fiamme eteree.

"Madre, sono grata per questa nuova dimora," risposi, sentendomi avvolta da un calore divino. "Roma mi ha insegnato tanto, ma qui, nell'Olimpo, posso finalmente ritrovare la serenità."

Venere sorrise, e insieme ci unimmo agli dèi che danzavano tra le nuvole. L'Olimpo si rivelò un regno eterno, dove il tempo non aveva più potere, e le storie degli dèi si dipanavano in una sinfonia eterna di amore, arte e immortalità.

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