156. Parto assistito

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10 settembre 1616d.C

Le suore si affrettano silenziosamente attraverso i corridoi, mentre le contrazioni mi colpiscono come ondate di dolore, ma cerco di rimanere calma. Le suore mi assistono con gentilezza e competenza, mentre io affronto il travaglio. "Respira, Daphne," mi incoraggia suor Lucy, la sua voce calma e rassicurante. "Stai facendo progressi."

Stringo le lenzuola con forza, cercando di concentrarmi sul respiro e sulla forza interiore che fluisce dentro di me. Le parole di Era mi guidano attraverso il dolore, offrendomi conforto e sostegno in un momento di estrema vulnerabilità. Finalmente, dopo ore di travaglio, il pianto di un neonato rompe il silenzio della stanza. "Benvenuta, mia piccola June," sussurro con amore, i miei occhi colmi di gratitudine per il dono della vita e per il sostegno di Era.

Mentre tengo tra le braccia la nostra neonata, il signor Darcy entra nella stanza con un'espressione tesa sul volto. Il suo sguardo si posa su di me e sulla bambina con un misto di delusione e rabbia. "Ancora una femmina," mormora con voce carica di disprezzo.

Mi sento come se il terreno sotto di me stesse cedendo, ma cerco di mantenere la calma nonostante il tumulto di emozioni che mi travolge. "È ancora nostra figlia," rispondo con voce ferma, cercando di far trasparire la determinazione nella mia voce.

Il signor Darcy si avvicina al letto con passo deciso, il suo sguardo freddo come il ghiaccio mentre mi guarda con disprezzo. "Pensavo che questa volta avresti fatto meglio," dice con tono sarcastico, la sua voce carica di delusione.

Il mio cuore si stringe nel sentirlo così distante, ma so che non posso permettere che il suo giudizio offuschi la gioia di questo momento. "June è una benedizione," ribatto con fermezza, cercando di difendere il nostro prezioso dono nonostante le sue parole taglienti.

Il signor Darcy si volta bruscamente e esce dalla stanza con un gesto di frustrazione, lasciandomi sola con la nostra bambina e con i miei pensieri tumultuosi. Respiro profondamente, cercando di trovare la forza di affrontare ciò che verrà, consapevole che la mia lotta per proteggere le mie figlie è appena iniziata.

Dopo il turbolento incontro con il signor Darcy, ci prepariamo a lasciare il convento e tornare alla dimora familiare. Con June stretta al petto, mi avvio verso la porta con passo incerto, consapevole che la mia vita sta per subire un'altra svolta significativa.

"Vieni, Lady Daphne," dice Suor Lucy con gentilezza, offrendomi il suo sostegno mentre lasciamo il convento alle nostre spalle. Le sue parole sono un conforto in un momento di incertezza, e mi aggrappo alla sua presenza rassicurante mentre affrontiamo il ritorno a casa.

Il viaggio è silenzioso, il clima teso tra me e il signor Darcy è tangibile nell'aria. June dorme tranquilla tra le mie braccia, ignara delle tensioni che ci circondano. Arriviamo alla dimora familiare e entriamo con un misto di ansia e speranza per il futuro. Una suora per balia ci accoglie al nostro arrivo, pronta ad assumersi il compito di prendersi cura di June e delle sue sorelle. Il signor Darcy osserva con disinteresse mentre la suora viene condotta nella stanza dei bambini, il suo atteggiamento riservato non lascia spazio a emozioni o sentimenti. Mi siedo sul letto, osservando mentre la suora si prende cura di June con premura e attenzione. Un senso di sollievo mi pervade, sapendo che la mia piccola sarà al sicuro sotto la sua custodia.

Il signor Darcy mi conduce con fermezza nella sua camera da letto, il suo sguardo freddo e privo di emozioni mentre mi guida attraverso le porte imponenti della dimora familiare. Le fiamme danzanti nel camino gettano un bagliore sinistro
"È arrivato il momento, Lady Daphne," dice con voce austera, il tono della sua voce tagliente come il lama di un coltello. "Dobbiamo assicurarci di avere un erede per il nostro casato."

Le sue parole sono come un colpo al cuore, ma so che non ho scelta se non obbedire al suo comando. Con un nodo nella gola, mi avvicino al letto, conscia del peso della mia responsabilità nei confronti della famiglia e del mio ruolo di moglie. Il signor Darcy si avvicina con passo deciso, il suo sguardo penetrante mentre mi osserva con intensità. "Sii pronta, Lady Daphne," ordina con fermezza, il suo tono privo di compassione o gentilezza. "Dobbiamo assicurarci che questa notte sia fruttuosa."

Una sensazione di disagio mi pervade mentre mi preparo a compiere il mio dovere coniugale, il pensiero di essere trattata come un mero strumento per la procreazione mi riempie di amarezza e tristezza. Con un respiro profondo, mi abbandono al mio destino, consapevole che il mio corpo non mi appartiene più, ma è diventato un mezzo per garantire la sopravvivenza della nostra famiglia.

Dopo che il signor Darcy si ritira, mi ritrovo sola nella mia camera, avvolta dall'oscurità e dal silenzio. Mi siedo sul letto, il cuore pesante di preoccupazione e disgusto per ciò che è appena accaduto. Con le lacrime agli occhi, "Oh, potenti dei dell'Olimpo," sussurro con voce tremante, le mie mani giunte in preghiera. "Vi supplico, concedetemi la grazia di dare al mio signore un erede maschio, un figlio che possa portare avanti il suo nome e il suo lignaggio."

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