135. Nascita reale

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20 febbraio 1516d.C

Lady Eleanor osserva il paesaggio con uno sguardo pensieroso, mentre Margaret si dimena impaziente sul sedile accanto a me, ansiosa di arrivare e vedere la nuova principessa. "Mamma, quanto manca ancora?" chiede Margaret, tirandola per la manica. "Abbiamo ancora un po' di strada da fare, cara," risponde Lady Eleanor con un sorriso indulgente "Siamo quasi arrivati."

Entro nel palazzo reale con un senso di trepidazione, il mio cuore ancora pesante per le recenti rivelazioni sulla mia vita futura. La grandiosità delle sale mi lascia senza fiato, mentre l'aria è impregnata di un'atmosfera di festa e gioia. "Guarda, Daphne," sussurra Margaret, afferrandomi per la mano e tirandomi verso un angolo della stanza. "C'è un sacco di gente qui!"

Mi sforzo di sorridere, cercando di non lasciare trasparire la mia agitazione interiore. "Sì, c'è molta gente," rispondo con un filo di voce.

Lady Eleanor ci guida attraverso la folla verso il centro della sala, dove il Re Enrico VIII e la Regina Caterina d'Aragona accolgono gli ospiti con sorrisi radiosi. La Regina tiene in braccio la piccola Maria, una creatura fragile e bellissima avvolta in tessuti di seta e pizzi. "Benvenuti, duchessa Eleanor," saluta il Re con cortesia, rivolgendosi a noi con un gesto gentile. "Sono lieto che siate venuti a festeggiare con noi la nascita della nostra amata figlia Maria."

"È un onore essere qui, Maestà," risponde Lady Eleanor con rispetto, inchinandosi leggermente. Margaret si avvicina alla Regina con occhi scintillanti di emozione. "Posso toccarla?" chiede con entusiasmo. Caterina sorride con dolcezza e annuisce, consentendo alla piccola di avvicinarsi. "Certo, mia cara," risponde con gentilezza. "Vieni a salutare Maria."

Margaret si avvicina con cautela alla Regina Caterina, le mani tese verso la piccola principessa Maria. Con delicatezza, accarezza la morbida guancia del neonato, i suoi occhi brillano di meraviglia e gioia. "È così piccola e carina," sussurra, il suo viso illuminato da un sorriso radioso. La Regina Caterina sorride, guardando Margaret con tenerezza. "Grazie, mia cara," risponde con gratitudine. "Maria è la nostra gioia più grande."

Mentre Lady Eleanor e Margaret sono avvolti dall'atmosfera festosa, io mi sento distante, come se fossi sospesa in un mondo diverso. Mentre mi sento distante, un bambino della mia età si avvicina con timore, i suoi occhi curiosi scrutano il mio viso assorto. "Scusa, posso sedermi qui?" chiede con voce timida, indicando il posto accanto a me."Certamente," rispondo con un sorriso gentile, spostandomi leggermente per fare spazio. Il bambino si siede con cautela, osservandomi con un misto di curiosità e rispetto. "Mi chiamo Thomas," si presenta timidamente, offrendomi la sua mano in segno di amicizia. "Sono Daphne," rispondo, stringendo la sua mano con calore.

Ci sediamo in silenzio per un momento, entrambi immersi nei nostri pensieri. Poi, Thomas rompe il silenzio con una domanda timida. "Perché sembri così triste?"

Mi sorprende la sua franchezza, ma mi sento improvvisamente grata per la sua presenza. "È solo... sono preoccupata per il mio futuro," rispondo con sincerità, cercando di non trasmettere troppo della mia angoscia al giovane Thomas. "Capisco," risponde con compassione. "Anche io ho paura di quello che mi riserva il futuro. I miei genitori dicono che è compito mio portare avanti il nome degli Howard"

"È così frustante" diciamo quasi in coro. Ci guardiamo negli occhi per un istante, condividendo il peso delle nostre preoccupazioni. È un conforto sapere di non essere soli nei nostri timori e incertezze. "Ti va di andare a giocare?" mi chiede poi alzandosi. "Mi piacerebbe," rispondo con un sorriso, sentendomi improvvisamente più leggera. Ci alziamo entrambi e ci dirigiamo verso un'area del giardino dove possiamo giocare liberamente. Thomas afferra due spade di legno e me ne porge una con un sorriso giocoso. "Preparati a perdere, Daphne," scherza, assumendo una posizione da combattimento.

Rido leggermente, impugnando la spada e preparandomi a duellare con lui. "Vedremo chi sarà il vincitore," rispondo, entrando anch'io in posizione. Iniziamo a duellare, scherzando e ridendo mentre ci sfidiamo con movimenti agili e colpi ben assestati.

Mentre noi due ci scambiamo colpi giocosi con le spade di legno, una voce severa interrompe improvvisamente il nostro divertimento. Ci voltiamo e vediamo Edmund avvicinarsi con passo deciso, il suo volto rigido di disapprovazione. "Daphne, cosa pensi di fare?" domanda con tono severo, rivolgendo lo sguardo anche a Thomas. "Non è opportuno che tu ti comporti in questo modo, soprattutto in un'occasione così importante."

Mi sento improvvisamente colpevole e imbarazzata, abbassando lo sguardo verso il terreno. "Mi dispiace, Edmund," rispondo con voce sommessa, sentendo il mio divertimento trasformarsi in un senso di vergogna. Thomas si ritira in un angolo, visibilmente imbarazzato per l'accaduto.

Edmund mi rivolge uno sguardo severo, il suo sguardo freddo e implacabile. "Questo comportamento non è degno di una donna della nostra famiglia," continua, il tono della sua voce tagliente come una lama. "Devi imparare a comportarti con più riguardo e dignità."

Mi sento un nodo alla gola, l'umiliazione brucia dentro di me mentre cerco di trattenere le lacrime. Accetto il rimprovero di Edmund con rassegnazione, sapendo che non posso ribellarmi senza rischiare ulteriori conseguenze.

Edmund si avvicina a me e prende la mia mano con fermezza, costringendomi a lasciare la spada di legno che giace abbandonata sull'erba. "Vieni, Daphne," ordina con voce autoritaria, tirandomi verso di lui. Mi lascio trascinare, sentendo il peso del suo giudizio su di me mentre mi allontano da Thomas. Gli lancio un'occhiata di scusa, cercando di comunicargli con lo sguardo che mi dispiace per l'accaduto. "Scusami, Thomas," mormoro appena, sperando che possa perdonarmi per l'incidente.

Thomas annuisce con comprensione, anche se la delusione si legge chiaramente nei suoi occhi. "Non preoccuparti, Daphne," risponde con un sorriso forzato. "Ci vediamo presto."

Mi sento ancora più colpevole per aver rovinato il suo momento di svago, ma so che devo obbedire agli ordini di Edmund. Con un sospiro sommesso, mi lascio guidare da lui verso il palazzo, mentre il peso della vergogna mi opprime il cuore.

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