28. Il regno di Arminio

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ante diem XVII Kalendas Maias 39 d.C

Le ore trascorrono lentamente nella capanna vuota, e il silenzio è rotto solo dai rumori della foresta circostante.

Il re entra nella capanna, seguito da un servitore che porta cibo e acqua, e altre guardie. "Allora, figlia divina, cos'hai deciso?"

"Farò come dite, vi sposerò" rispondo tenendo la testa bassa. Il re, con un sorriso trionfante, annuisce soddisfatto. "Hai fatto la scelta giusta, figlia degli dei. Il tuo matrimonio porterà prosperità alla nostra tribù."

Il re mi guida verso un altare improvvisato, e le guardie formano una sorta di processione.  Il re Arminio, con il suo sguardo di trionfo, mi porge la mano. La tribù circostante, illuminata dalle torce, osserva con devozione. Le guardie formano un cerchio intorno a noi, Arminio, con gesti regali, scambia giuramenti con me. La tribù esulta, credendo fermamente che la loro unione con la "figlia degli dei" li avvicinerà al favore divino.

Al termine del rito, Arminio mi guarda con un misto di conquista e desiderio, e la tribù si abbandona a festeggiamenti e danze, convinta di avere guadagnato il favore degli dei attraverso il matrimonio con la loro figlia divina.

Nella quiete della capanna reale, la luce di poche candele danza sulle pareti ruvide. Arminio si avvicina, i suoi occhi ardenti fissi su di me. "Ora che siamo uniti, figlia degli dei, il nostro destino è intrecciato," dichiara con una voce che risuona nella capanna. Mi siedo sul bordo del letto, cercando di nascondere la mia inquietudine. Arminio si avvicina ulteriormente, la sua mano fredda sfiora il mio viso. "La tua bellezza è divina." afferma levandomi di dosso quei pochi vestiti che mi rimanevano. "Non siete il primo a dirlo" rispondo.

Il re, con un desiderio crescente, cerca di avvicinarsi ulteriormente. La luce delle candele accentua l'ombra dei suoi lineamenti, mentre il desiderio nei suoi occhi si fa più intenso. La capanna sembra restringersi mentre

Arminio cerca di afferrare la mia mano con insistenza, ma io respingo il suo tocco. Il suo sguardo ardente cerca il mio, e nei suoi occhi vedo una sete di potere che va oltre il desiderio fisico. "Non provare a ribellarti a me" dice con voce ruvida mentre nudo sopra di me entra.  Resto ferma, lasciando che lui faccia ciò che vuole. Lui si muove senza ritegno.

Il soffio del vento notturno sussurra attraverso le fessure della capanna, le ombre danzano sulle pareti, mentre la luna proietta la sua luce fredda.

Quando Arminio si stanca, mi libera dalla sua presa. Il silenzio si fa sentire, interrotto solo dal respiro affannoso di entrambi. Il re si allontana dal letto e comincia a indossare nuovamente gli abiti. Nel silenzio pesante, mi rannicchio nel letto, cercando di nascondere la mia vulnerabilità. La stanchezza pesa sul mio corpo, mentre il letto offre un freddo sostegno. Il respiro affannoso si placa lentamente.

Il re si sdraia accanto a me, afferrandomi di nuovo con forza per poi farmi sdraiare su di lui, le sue mani scorrono sulla mia pelle, il suo sguardo fissa il soffitto della capanna come se cercasse risposte nei movimenti delle ombre che danzano silenziosamente.

Le sue mani, grezze e decise, esplorano la pelle liscia esposta mentre il silenzio pesante della capanna amplifica ogni respiro. La luce fioca delle candele illumina il suo volto, rivelando le tracce di fatica e ambizione.

"Quanto hai visto nel tuo lungo viaggio, figlia degli dei?" mi chiede. "Ho visto regni cadere e palazzi bruciare, ho conosciuto la libertà e il peso delle catene, ho conosciuto l'amore e la delusione, ho visto i miei figli nascere e morire, ho visto quanto basta per sapere che questo mondo è una prigione costante"  rispondo con un sottile velo di tristezza nei miei occhi. Le fiamme delle candele danzano come riflessi nei miei pensieri. Il re si tace per un istante, le sue mani si fermano sui miei fianchi, e uno sguardo malinconico sostituisce l'espressione di desiderio. "Riposa, figlia divina" mi dice con calma, tenendomi stretta.

ante diem XVI Kalendas Maias 39 d.C

Mi sveglio col suono del cinquettio, col re accanto a me che dorme ancora. Mi alzo cercando di non svegliarlo. Indosso un mantello che raccolgo da terra. "Madre, perchè mi accade questo ogni volta?" le chiedo in preghiera "Sei la dea dell'amore non dell'odio". Le mie parole si disperdono nell'aria, e improvvisamente, una luce delicata avvolge la capanna. Venere appare con un sorriso compassionevole. "Daphne, mia dolce figlia, hai conosciuto l'amore, e so che lo conoscerai ancora"

Le sue parole mi avvolgono con un calore materno, con un gesto delicato, asciuga una lacrima sul mio viso. "Sii forte, mia dolce Daphne." una brezza leggera avvolge la capanna, portando con sé un profumo delicato. Venere si dissolve nell'aria, "Con chi stavi parlando?" mi chiede il re. "Nessuno" mento velocemente. Il re si alza dal letto, ignorando la mia risposta.

"Non importa, figlia degli dei. La giornata ci attende," dichiara, e mentre usciamo dalla capanna, posso sentire il peso del suo sguardo su di me, come se avesse intuito di più di quanto voglia ammettere.

ante diem XV Kalendas Novembres 54 d.C

Gli anni passano come lo scorrere del fiume, la foresta è diventata il mio rifugio e la capanna del re il mio carcere. Arminio è invecchiato, ma il suo desiderio di potere non ha conosciuto limiti;  la sua presa su di me è rimasta salda come le radici di un albero.

"Sei sempre bellissima" mi dice il re mentre spinge sopra di me. Grazie a Giunone sono riuscita a non dargli figli. "Sembri uguale a quando ti ho conosciuta" afferma. Se sapesse che il mio aspetto è uguale da 376 anni. "Il tempo ha sfiorato solo la tua vanità, Arminio," ribatto con un sarcasmo amaro. "Sta zitta, donna" afferma mettendo una mano sulla mia bocca.

In quel momento il mio sguardo si infiamma, e improvvisamente le fiamme danzano intorno a noi. Un'energia antica prende forma in un incendio controllato. Senza esitazione, afferrando una coperta, mi avvento su un cavallo e fuggo nella notte, lasciando dietro di me il crepitio delle fiamme e il regno di Arminio.

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