141. Discendente

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14 marzo 1516d.C

Dopo diversi giorni trascorsi nella residenza Howard, la duchessa di Howard mi convoca nel suo studio privato. "Daphne," dice con tono solenne, il suo sguardo freddo e imperioso, "ho deciso che è giunto il momento per te di ricevere un'istruzione appropriata."

Mi sento un brivido di disagio scorrere lungo la schiena mentre ascolto le sue parole. "Cosa intendete, signora?" chiedo con cautela, cercando di nascondere la mia crescente inquietudine. "Sto organizzando per te degli insegnamenti presso un convento vicino," annuncia con decisione, "Le suore saranno responsabili della tua educazione spirituale e morale."

La mia mente ribolle di protesta e rabbia, ma cerco di mantenere la calma di fronte alla duchessa. "Ma signora, non credo che sia necessario," rispondo con voce ferma, "Ho già ricevuto una formazione adeguata in casa mia."

La duchessa mi fissa con uno sguardo gelido, senza cedere alle mie obiezioni. "La mia decisione è irrevocabile," dichiara con fermezza, "Non tollererò ulteriori disobbedienze."

"Ma perché devo essere confinata in un convento contro la mia volontà?" chiedo con crescente disperazione. La duchessa mi afferra per il braccio con fermezza, il suo tocco freddo come il ghiaccio mentre mi trascina verso la porta. "Le tue proteste sono inutili, Daphne," mormora con voce tagliente, "Devi imparare la tua lezione e sottometterti alla mia autorità."

Resisto con tutte le mie forze, cercando di liberarmi dalla sua presa, ma è inutile. La duchessa è implacabile nella sua determinazione, e mi trovo presto in una cella oscura e angusta, imprigionata dalle sue decisioni autoritarie.

Con le mani tremanti, afferro il crocifisso che giace sul mio petto, "Non devo sottomettermi a nessuno" affermo mentre con un movimento deciso, lo strappo dal mio collo, sentendo il metallo freddo premere contro la mia pelle. La luce fioca della cella danza sulle pareti umide, mentre il mio cuore batte con una furia crescente di ribellione e disperazione. La duchessa osserva la mia azione con sdegno, il suo sguardo freddo come il ghiaccio mentre prende il crocifisso dalle mie mani con un gesto sprezzante. "La tua ribellione non ti salverà ne da me ne dalle fiamme dell'inferno," dichiara con voce tagliente, "Solo la tua obbedienza potrebbe."

"È giunto il momento di insegnarti la tua lezione," dice un uomo che entra nella cella con passo pesante, il suo volto duro e privo di compassione, e mi afferra con brutalità.

Il terrore mi blocca, mentre l'uomo comincia a infliggermi una serie di torture crude e inumane, il dolore strappando gridolini di sofferenza dalla mia gola. I miei occhi si stringono di dolore, il mio corpo contorcendosi nell'agonia dell'agonia inflitta da quell'essere spietato. La duchessa osserva la mia tortura con un'espressione di soddisfazione, i suoi occhi freddi come il ghiaccio mentre assiste imperturbabile al mio tormento.

Con il corpo contorto dal dolore e il cuore gonfio di disperazione, l'uomo finalmente si ferma quando il mio corpo inizia a sanguinare, segno tangibile del tormento inflitto. "Basta così" ordina la duchessa "Per oggi può bastare".

Una serva entra nella cella mentre la duchessa e l'uomo si allontanano con passo deciso, lasciandomi sola con la serva. Il mio respiro è affannoso, il mio corpo tremante e indolenzito. La serva mi osserva con occhi pieni di compassione, i suoi movimenti delicati mentre si avvicina a me con un catino d'acqua e un panno pulito. "Vi prego, lasciate che vi aiuti," dice con voce gentile, offrendomi un sorriso di incoraggiamento. Mi avvicino a lei con un filo di voce, accettando il suo aiuto con gratitudine e un senso di riconoscenza profonda.

La donna inizia a tamponare le mie ferite con un panno bagnato "Voi mi ricordate una donna, una bellissima donna che sta solo nei ritratti e nei miti che circondano la storia della mia famiglia" mi dice la serva dal viso pallido "Sì chiamava Daphne, proprio come voi, mia signora" mi sorride poi. "E che storie sono narrate nella vostra famiglia?" le chiedo con curiosità. "Il grande Salazar Serpeverde s'innamorò di una donna, una donna dai capelli che ricordavano il fuoco e gli occhi il mare, una donna che sembrava una ninfa persino dal nome che ella portava. Ma proprio come Salazar anche la bella donna possedeva magia nelle vene. Così, in una notte scura, Serpeverde giacque con lei. Daphne iniziò ad amare Salazar e quando nacque Seraphina la coppia fece erigere un castello. Tutto sembrava andar bene fin quando Daphne non scoprì che la sua magia era differente e mutò il suo bellissimo aspetto in quello di un drago temibile con scaglie rosse e occhi infuocati. Abbandonò sua figlia e non tornò mai più, ma sia Seraphina che il padre amavano tanto Daphne che non potevano dimenticarla e lasciarono i suoi segni ovunque nel palazzo".

"Sembra una storia affascinante" sorrido al racconto. Sembra davvero affascinante se questo non fosse accaduto. "Ma dubito che Daphne volle abbandonare la figlia di sua sponte" affermo "Qual'e il vostro nome?" le chiedo poi con curiosità, curiosità di conoscere chi porta il mio sangue. "Helen Gaunt" mi risponde con un sorriso. "E come siete finita a diventare una serva se discendente da così nobili origini?" le domando. "È una lunga storia" mi risponde vaga. "Raccontate pure. In questa cella il tempo non manca".

"Mia signora, non penso di essere al sicuro se dovessi raccontare la verità" afferma titubante. "Voglio sapere" insisto. Lei annuisce "Seraphina Serpeverde ebbe numerosi figli e figlie ma non visse abbastanza per vederli crescere tutti. Salazar diede la sua ultima volontà: che il sangue resti puro e quale modo migliore se non far sposare i cugini? Chiunque si fosse ribellato sarebbe stato espulso dalla famiglia e chiunque sarebbe nato magonò avrebbe fatto la stessa fine. Quest'ultima è la fine che tocco a me" mi racconta Helen. "Non avrei mai acconsentito a tale scempio" affermo con risolutezza. "Ma non è vostra la colpa" mi risponde lei. "A dire il vero, la storia della tua famiglia non è solo legenda, o almeno non tutta. Sono io Daphne Serpeverde" le confesso. Gli occhi di Helen si spalancano in incredulità mentre mi osserva con meraviglia e sorpresa. "Daphne Serpeverde?" ripete, come se non potesse credere alle sue orecchie. "Ma è impossibile... Tu... sei qui?"

Annui con fermezza, sentendo un senso di liberazione nel rivelare finalmente la mia vera identità a qualcuno che sembra condividere un legame così profondo con la mia storia familiare. "Sono qui," confermo con voce sicura, "E ho sbagliato in passato, ma spesso le decisioni sono provate da condizioni difficili. Non ho mai voluto abbandonare mia figlia ma fui costretta a farlo. Non voglio vedere una mia discendente in queste condizioni perciò alzati in piedi, sei una mia pari" affermo con risolutezza mentre lascio che i raggi del sole tocchino le mie ferite affinché loro guariscano.

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