126. Rimorsi

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Quando riapro gli occhi, mi ritrovo in un luogo indefinibile, attorno a me si estende un paesaggio surreale. Il paesaggio intorno a me sembra sospeso tra la realtà e un sogno. Gli alberi contorti, dalle forme sinistre e misteriose, si ergono come guardiani silenziosi di questo luogo enigmatico. Le loro ramificazioni si intrecciano in intricati disegni nel cielo oscuro, creando un'atmosfera di oppressione e mistero.

I fiori appassiti e sbiaditi, con i loro colori spenti e le corolle appassite, sembrano rappresentare la fine di qualcosa, forse la fine di un ciclo di vita o il declino di una speranza. Il loro profumo è pesante nell'aria, portando con sé un senso di malinconia e nostalgia per ciò che è stato e non sarà più.

Il ruscello, con le sue acque cristalline che scorrono placide tra le pietre, sembra essere l'unica fonte di vita in questo luogo desolato. Il suo dolce mormorio contrasta con il sibilo del vento inquietante che si insinua tra gli alberi, creando un'armonia dissonante che aggiunge tensione all'atmosfera già carica di mistero.

Nell'orizzonte lontano, oltre gli alberi contorti e il terreno accidentato, si ergono maestosi vulcani che punteggiano il paesaggio con la loro imponente presenza. Le loro cime fumanti e ardenti sembrano scomparire tra le nuvole oscure, emanando una costante minaccia di rovina e distruzione.

Il fragore sordo dei vulcani risuona nell'aria, un costante ricordo del potere della natura e della sua capacità di plasmare e distruggere. Le loro bocche infuocate emettono occasionali scoppi di lava incandescente, dipingendo il cielo notturno con brillanti scie di rosso e arancione.

In lontananza scorgo delle statue che emergono come monumenti silenziosi nel paesaggio. Mi avvicino con passo incerto, sentendo il cuore battere forte nel petto mentre mi avvicino a queste rappresentazioni mute dei miei figli.

"Ci hai lasciato morire tra le fiamme," sussurrano le voci dei primi figli, le loro accuse taglienti come lame affilate. "Sei rimasta inerme mentre la nostra casa bruciava," mi rimprovera Caio, la sua voce carica di amarezza e rancore. "E i predoni saccheggiavano i nostri corpi," aggiungono le voci delle tre sorelle Cornelia, Claudia e Celia, il loro tono pieno di disprezzo.

Le accuse continuano a piovere su di me, ognuna più devastante della precedente. "Non mi hai salvato," afferma Tito con voce rabbiosa, mentre Domiziano aggiunge con tono cupo: "E non mi hai fermato." "Mi hai lasciato sanguinare" afferma la voce di Valentino. "Mi hai abbandonata per la mia fede" afferma poi la sorella Livia che sembra essere cresciuta. "Non ci hai curati" dicono in coro i fratelli José e Francisco. "Non sei mai più tornata" mi accusa la voce invecchiata di Seraphina. "Ci hai ucciso appena nati" sento dire a due voci che non ho mai sentito. "Sei andata via" dicono in modo corale le sirene Aquata, Andrina, Arista, Attina, Adella, Alana e Ariel. "Non hai fatto abbastanza per guarirmi" dice la voce di Rodrigo.

Mi aggrappo al terreno con le mani tremanti, il peso del rimorso e della colpa schiacciante sulle mie spalle. "Perdonatemi, figli miei," balbetto tra le lacrime, cercando disperatamente di trovare un barlume di perdono nelle loro parole implacabili. Ma le loro voci continuano a tormentarmi, avvolgendomi in un vortice di dolore e autodistruzione. Sono prigioniera delle mie azioni passate, condannata a portare il peso delle mie colpe per l'eternità.

Alzo lo sguardo, sorpresa nel vedere le figure eteree dei miei genitori emergere dall'ombra, avvolte da una luce dorata che risplende nel buio.

Afrodite, con il suo sorriso gentile e i suoi occhi luminosi mi scruta con affetto materno. Accanto a lei, Apollo, emana un'aura di forza e serenità, la sua presenza avvolgente e rassicurante.

"Daphne, figlia mia," sussurra Afrodite con voce melodiosa, avvicinandosi con grazia. "Siamo qui per te, nel momento del bisogno. Non sei sola, né mai lo sarai."

Apollo si avvicina con passo deciso, la sua mano posata con gentilezza sul mio capo. "Figlia mia, sei forte e coraggiosa," afferma con voce calma ma determinata. "Ti ho permesso di restare ma Zeus non era d'accordo. Siamo qui per guidarti lungo il cammino."

Mi sforzo di trattenere le lacrime mentre li guardo con gratitudine, sentendo il calore del loro amore avvolgermi come un abbraccio invisibile. Afrodite mi sorride con dolcezza, i suoi occhi brillanti di orgoglio materno. "Sei una figlia straordinaria," mi dice con voce tenera. "E siamo fieri di te e di tutto ciò che sei diventata."

Apollo annuisce con un sorriso comprensivo. "Ora, affronta il tuo destino con coraggio e determinazione," mi incoraggia. "Siamo sempre con te."

Mentre mi trovo immersa in questo vortice di dolore e rimorso, sento improvvisamente una sensazione di leggerezza avvolgermi, come se un peso fosse stato sollevato dalle mie spalle.

8 dicembre 1367 d.C

Lentamente, apro gli occhi e mi ritrovo distesa su un morbido letto nella sontuosa corte spagnola. Guardo intorno a me, confusa e sgomenta, mentre i ricordi del mio viaggio spirituale si affievoliscono come nebbia al sole. Sono circondata da sfarzo e lusso, con le pareti adornate da tappezzerie ricamate e gli arredi opulenti che riflettono lo splendore della corte.

Una dama di corte si avvicina a me con un sorriso gentile. "Maestà, vi siete svegliata finalmente," dice con voce calda. "Il re ne sarà entusiasto."

"Quanto tempo è passato?" chiedo. "Un'anno, maestà" mi risponde la dama. "Un anno..." sussurro, sorpresa dalla lunga durata del mio stato di incoscienza. Mi sollevo lentamente dal letto, sentendo la morbida seta del lenzuolo scivolare via dalla mia pelle. "Vi prego, aspettate qui, chiamerò io vostro marito" afferma fermandomi.

La dama di corte si allontana con un sorriso, lasciandomi sola con i miei pensieri tumultuosi. Guardo intorno alla sontuosa stanza, cercando di orientarmi nel labirinto di ricordi frastagliati che mi assalgono.

Mi siedo sul bordo del letto, cercando di calmare il battito accelerato del mio cuore. I miei pensieri vengono interrotti dall'arrivo del principe, ora re, che entra nella stanza con un'espressione di gioia e sollievo dipinta sul volto. Lo sguardo del mio amato marito incontra il mio, e per un istante sento una connessione profonda e indissolubile tra di noi.

Il re si avvicina con passo deciso, gli occhi brillanti di felicità mista a una nota di preoccupazione. "Daphne, sei tornata!" esclama, la voce traboccante di emozione. "Hai dormito così a lungo, ero così preoccupato per te."

Mi alzo in piedi per incontrarlo, avvertendo una strana sensazione di distanza tra noi, come se il tempo trascorso nell'oscurità avesse creato un abisso tra i nostri mondi interiori. "Juan..." inizio, ma le parole sembrano restare bloccate in gola, incapaci di esprimere appieno la complessità delle mie emozioni.

Il re si avvicina e mi abbraccia con forza, il calore del suo corpo che mi avvolge come un rifugio sicuro. "Ti ho tanto desiderata qui con me," sussurra, il suo respiro caldo sul mio collo. "Non voglio mai più perderti."

Mi lascio andare al suo abbraccio, cercando di trovare conforto nella sua presenza stabile e rassicurante. Ma anche mentre mi stringe tra le sue braccia, una sensazione di inquietudine mi pervade, come se qualcosa fosse cambiato irrimediabilmente nel nostro rapporto durante la mia assenza.

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