ante diem IX Kalendas Martias 726 a.U.C.
La dimora, una volta animata dalla sua energia, è ora pervasa da un silenzio inquietante. I medici sono chiamati a casa nostra, ma la malattia di Lucius sfugge al loro controllo. Mentre mi siedo al suo capezzale, osservo il suo volto pallido e cerco di nascondere la preoccupazione che mi attanaglia. "Lucius, dobbiamo trovare un modo per guarirti," dico con voce tremante. Lui mi sorride debolmente. "Daphne, la malattia è il destino che nessuno può evitare. Non voglio che tu ti angosci per me."
Mi trovo accanto a Lucius, la sua mano debole tra le mie. La malattia ha rubato la sua forza, trasformando la dimora in un luogo silenzioso, rotto solo dal sottile gemito di sofferenza che sfugge dalle sue labbra. "Amore mio, non voglio che tu soffra con me," sussurra Lucius, cercando di lenire la preoccupazione nei miei occhi. "Non posso fare a meno di preoccuparmi, Lucius. Sei il mio tutto," rispondo, cercando di mantenere la compostezza.
I medici visitano la dimora regolarmente, ma la loro presenza è un'ombra inefficace contro la malattia che si è insinuata nelle vene di Lucius. Guardo fuori dalla finestra, cercando conforto nell'azzurro del cielo che sembra così indifferente alla sofferenza umana. Mentre il sole scivola dietro l'orizzonte, Lucius afferra la mia mano, il suo respiro diventa sempre più debole, un sottile sussurro nella notte. La sua mano, una volta forte e sicura, si affievolisce nella mia presa.
I medici, impotenti davanti all'ineluttabilità, guardano con occhi tristi. Le lacrime scorrono silenziose sul mio viso mentre la sua respirazione si placa, e la sua mano finalmente si libera dalla mia presa.
La stanza diventa un santuario di silenzio, e il vuoto lasciato dalla sua partenza è opprimente. So che la mia vita è ora immersa nell'oscurità di una nuova solitudine, senza più nessuno.
Quella sera, mentre cerco di superare la tristezza nella mia dimora, ricevo la visita di Pompeo, un vecchio amico di Lucius. "Pompeo," lo saluto con un sorriso forzato, "cosa ti porta qui?".
"Pensavo che potresti aver bisogno di compagnia in questo momento difficile," risponde con compassione. "Lucius è stato un grande uomo, e la sua morte ha lasciato un vuoto significativo."
"La tua gentilezza è apprezzata," ammetto, "e ti ringrazio per essere venuto ma in questo momento voglio stare sola, ho subito troppe perdite". Pompeo annuisce con rispetto. "Capisco, Daphne. Se hai bisogno di qualcosa o desideri parlare, sono qui per te." Dopo un breve momento di silenzio, si alza e si congeda, lasciandomi nella quiete della mia dimora.
Vado nel tempio, dove la luce del focolare danza tra le colonne, riflettendo nel marmo delle divinità. Nel silenzio una presenza divina si materializza. È Giunone, la regina degli dei, avvolta in un'aura di maestosità. "Daphne," la sua voce risuona come una melodia rassicurante, "vedo il peso delle tue pene. Parla, dolce ragazza, e condividerò con te la saggezza degli dei."
Mi avvicino con timore. "Oh, grande Giunone, la vita mi ha strappato colori che credevo indelebili. Sono sola, e la mia strada è oscura, di nuovo."
La dea pone una mano delicata sulla mia spalla, emanando calore e stabilità. "Tua madre, Venere, mi aveva richiesto di non farti ricevere figli. La tua tristezza è conosciuta agli dei, ma non sei sola nelle tue pene. Gli dei sono con te" afferma dissolvendosi.
Rimango nel tempio, riflettendo sulle parole di Giunone. Con il cuore più leggero, decido di tornare in casa. Attraverso i corridoi silenziosi, i ricordi di Lucius si svelano come ombre di un passato distante.
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La storia infinita
FanficDaphne, figlia di Apollo e Afrodite, sarà costretta a vagare nelle epoche, fino a trovare il suo posto in società (se avete letto "Amore Proibito" questa storia parla della stessa Daphne)