133. Convocazione Militare

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9 gennaio 1516d.C

Quando è giunto il momento di partire, ci dirigiamo verso la carrozza, salutando con gratitudine il Re Enrico, la Regina Caterina e gli altri membri della corte. Con un sorriso e un cenno d'addio, saliamo a bordo e ci allontaniamo lentamente, lasciando il palazzo reale alle nostre spalle.

Mentre il paesaggio scorre fuori dalla finestra della carrozza, riflettiamo con gioia sui momenti meravigliosi trascorsi al palazzo reale e sulla gentilezza e l'ospitalità ricevute dai nostri ospiti reali. Con il cuore pieno di felici ricordi, guardiamo avanti verso il ritorno alla nostra reggia, pronti a continuare le nostre avventure e a creare nuovi ricordi insieme. "Allora Daphne, sei riuscita a non lottare con nessuno" afferma Edmund che sembra ancora irritato per la sconfitta di quando sono arrivata. "Sì, Edmund," rispondo con un sorriso giocoso, cercando di stemperare la tensione nel suo tono. Lady Eleanor mi guarda con orgoglio, apprezzando il mio comportamento durante la visita. "Sei stata davvero meravigliosa, cara," dice con affetto, posando una mano sulla mia. "Hai dimostrato grande grazia e maturità, e sono sicura che avrai successo ovunque tu vada."

Sorrido di nuovo, gratificata dalle parole della mia amata madrina. Guardo fuori dalla finestra della carrozza, osservando il paesaggio che scorre rapidamente mentre ci dirigiamo verso casa. La carrozza attraversa i maestosi cancelli della nostra reggia, il suono dei caschi dei cavalli risuona sul selciato mentre ci avviciniamo all'ingresso principale. Le torri e le mura imponenti della nostra dimora si ergono maestose contro il cielo, accogliendoci con la loro imponenza.

Scendiamo dalla carrozza con un senso di solennità e di pace, grati per essere tornati a casa dopo l'emozionante visita al palazzo reale. I servitori accorrono per accoglierci, pronti a assistere con i bagagli e a preparare le nostre camere per il riposo.

Mentre attraversiamo il cortile, osservo con gratitudine la bellezza della nostra reggia, con i suoi giardini lussureggianti e le sale maestose che promettono comfort e sicurezza. Mentre ci dirigiamo verso le nostre camere, un messaggero si avvicina rapidamente al duca e a Richard, consegnando loro una pergamena sigillata con il sigillo reale. Il duca apre il sigillo con un'espressione seria, leggendo attentamente il contenuto del messaggio mentre il silenzio cade pesante intorno a noi.

"È una comunicazione di guerra," annuncia il duca con voce grave, passando il messaggio a Richard. "Le nostre truppe sono richieste per difendere il confine settentrionale dall'ennesima incursione."

Richard legge il messaggio con occhi seri, la tensione riflessa sul suo volto giovane ma determinato. "Dobbiamo preparare immediatamente i nostri uomini e organizzare la difesa," dice con fermezza al padre "Non possiamo permettere che l'invasione minacci la nostra terra."

Il duca annuisce con gravità, accettando la responsabilità della situazione. "Prepara i tuoi uomini, Richard," risponde con serietà. "Io farò lo stesso. La nostra gente conta su di noi per proteggerli, e io conto su di te, Edmund, per proteggere la nostra famiglia."

Con una stretta di mano e uno sguardo di comprensione, padre e figlio si separano per prepararsi alla guerra imminente, mentre la tensione nel castello sale e l'incertezza permea l'aria. Conosco bene la guerra e il ruolo destinato alle donne in queste occasioni. So che succede ai vinti e ai vincitori, so che se il duca non dovesse mai tornare persino Lady Eleanor dipenderebbe da suo figlio. "Io voglio combattere" affermo facendo un passo avanti. Lady Eleanor mi guarda con sorpresa e preoccupazione, la sua espressione subito seria. "Daphne, mia cara, la guerra non è un gioco," risponde con voce ferma ma compassionevole. "È una faccenda per uomini"

Il duca, udendo le mie parole, si volta con un'espressione di sorpresa mista a preoccupazione. "Daphne" inizia con voce calma ma ferma, "la tua volontà di proteggere la nostra famiglia è ammirevole, ma la guerra è un'affare per uomini addestrati. Non possiamo permettere che metta a rischio la tua vita."

Ma io sono determinata a far valere il mio punto di vista. "Ma posso imparare, posso addestrarmi," insisto con determinazione, "non voglio rimanere indietro e guardare mentre altri combattono per noi."

Prima che il duca possa replicare, Edmund interviene con un'espressione dura sul volto. "Daphne, smettila," dice con voce tagliente, "non sai nulla di guerra, sei solo una bambina. Lascia che gli uomini facciano il loro dovere"

Mi sento ferita dalle sue parole e dalla sua freddezza. Ma so che è inutile continuare a discutere. Con un nodo in gola, mi ritiro nelle mie stanze sotto lo sguardo severo di Edmund, sentendomi respinta e non compresa.

Lady Eleanor mi raggiunge poco dopo, con un'espressione di preoccupazione sul volto. "Daphne, mia cara, so che hai un cuore coraggioso, ma la guerra è una cosa terribile e pericolosa," dice con dolcezza, cercando di confortarmi. "Non voglio che tu ti metta in pericolo."

La sua gentilezza mi tocca profondamente, e mi sforzo di sopprimere la mia delusione mentre accetto il suo abbraccio confortante. "Lo capisco," rispondo con voce calma, anche se il mio cuore è ancora pieno di determinazione. "Mi dispiace se ho causato preoccupazioni. Farò del mio meglio per stare al sicuro." rispondo come per tranquillizzarla.

Dopo che Lady Eleanor esce dalla mia camera, mi siedo sul letto, immersa nei miei pensieri. Improvvisamente, avverto una presenza nell'aria, una sensazione di potenza e forza che mi circonda. Mi volto di scatto e vedo la figura che si materializza gradualmente di fronte a me, una presenza imponente e maestosa che emana un'aura di potere e forza. È Ares, il dio della guerra, con il suo corpo muscoloso e imponente avvolto in una corazza scintillante. I suoi capelli corvini cadono in morbide onde intorno al viso, mentre gli occhi ardenti brillano di una luce intensa e penetrante. Una spada lucente è cinta alla sua vita, simbolo del suo dominio sulla battaglia e sulla guerra.

"Salve, Daphne," pronuncia il dio con voce profonda, ma al contempo rassicurante. La sua presenza imponente riempie la stanza, emanando un'aura di potere e autorità. Mi sento piccola di fronte a lui, ma anche protetta e guidata.

"A che ti è servito addestrarmi se non mi mandano in guerra?" gli chiedo con una certa dose di frustrazione, sentendo il mio coraggio mescolarsi con la delusione.

Ares mi guarda con un misto di ammirazione e preoccupazione. "Hai dimostrato grande abilità e coraggio nel tuo addestramento, Daphne," risponde sinceramente. "Ma la guerra è un'arte crudele e pericolosa, che hai già sperimentato"

"Proprio perchè l'ho sperimentata avrei più diritto di andare" ribatto "So come sopravvivere, so combattere, so difendermi" inizio a elencare ma il dio mi interrompe. "Basta così Daphne" mi ammonisce "All'ultima guerra sei finita moglie di un sultano" mi ricorda alzando la voce. "All'ultima guerra sarei dovuta rimanere a fare da madre a figli non miei" gli ricordo.

Ares mi guarda con sdegno "Le donne hanno ruolo di mogli e madri, non di guerriere. È la natura delle cose, gli uomini proteggono e le donne curano. È l'ordine stabilito dagli dei".

"Non mi pare sia stato un dio a generare tutto, ma benesi una dea, Gea era una donna, non un uomo. E se le donne possono creare la vita perchè non possono difenderla?"

"Le tue aspirazioni non cambieranno l'ordine stabilito" afferma avvicinandosi a me. Senza alcun preavviso mi afferra con forza, sollevando il mio esile corono da terra. Le mie urla soffocate si mescolano al suono sinistro della sua voce. "Devi capire il tuo posto, Daphne," mormora con voce rabbiosa, mentre la sua presa diventa sempre più oppressiva. "Ti prego, fermati!" imploro con voce strozzata dalle lacrime e dal terrore, ma le mie parole sembrano perdute nell'oscurità della sua furia incontenibile.

Le mani di Ares si muovono con forza brutale, strappandomi ogni possibilità di difesa o resistenza. Ogni tocco è come un marchio di fuoco sulla mia pelle, lasciando cicatrici invisibili che bruciano con un dolore acuto e persistente.

Mi ritrovo incapace di muovermi, di urlare, di pensare, mentre il mio corpo è intrappolato nella morsa implacabile del dio della guerra. Ogni movimento è una tortura, ogni respiro è un lamento soffocato, mentre l'orrore della violenza mi avvolge come una nebbia avvolgente. Le lacrime scorrono senza sosta lungo le mie guance, mescolandosi al sangue che macchia la mia pelle e i miei vestiti.

Dopo aver consumato il suo atto di violenza, Ares si allontana da me con un'ultima ammonizione carica di disprezzo e potere. "Ricorda il tuo posto, Daphne," sibila con voce fredda e tagliente, lasciandomi con il peso della sua minaccia nel cuore.

Mi trovo sola, avvolta dall'oscurità della stanza e dalla devastazione del mio essere. Il mio corpo trema di dolore e vergogna, mentre cerco disperatamente di raccogliere i pezzi della mia dignità infranta. Mi sforzo di trovare la forza di alzarmi, di mettermi in piedi ma non riesco.

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