144. Aiace

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19 novembre 1516 d.C

Mi trovo seduta, concentrata a cucire una coperta per il bambino che sta per arrivare. Improvvisamente, sento un piccolo schiocco e una sensazione di calore tra le gambe. Alzo lo sguardo, sorpresa, e incontro lo sguardo allarmato di Helen. Le contrazioni diventano sempre più intense, il dolore diventa una scia di fuoco che brucia attraverso di me. Con ogni respiro, cerco di trovare una piccola fessura di sollievo, ma il travaglio si intensifica implacabile. "Respira, Daphne," insiste Helen, la sua voce un faro di calma nella tempesta del dolore. Sentire il sostegno di Helen e la sua presenza accanto a me mi dà la forza di continuare.

Mentre mi aggrappo alla coperta che stavo cucendo, cercando un punto di ancoraggio nella tempesta del travaglio, la porta si apre e Lady Eleanor e la Duchessa di Howard entrano nella stanza. I loro volti riflettono preoccupazione e apprensione mentre si avvicinano al mio letto. "Come stai, mia cara?" chiede Lady Eleanor, la sua voce morbida con preoccupazione sincera. "Il bambino sta per arrivare," rispondo tra le contrazioni, stringendo la mano di Helen con forza mentre cerco di affrontare il dolore.

Poi, finalmente, dopo ore di travaglio doloroso, sento la benedizione della dea Era avvolgermi mentre il mio bambino si prepara ad entrare nel mondo. Con uno sforzo supremo, il mio corpo si arrende alla potenza del parto, e finalmente sento il sollievo mentre il mio bambino viene accolto tra le mie braccia.

Nella penombra della stanza, il bambino piange il suo primo respiro, annunciando la sua presenza al mondo. "È un maschio," annuncia con gioia Helen, che ha assistito al parto con premura e dedizione. Il bambino viene pulito e avvolto in un panno caldo prima di essere presentato alle due donne accanto a me. Mentre ancora tengo stretto il mio bambino, sento la porta della stanza aprirsi con delicatezza. Thomas, mio marito, entra con un'espressione di ansiosa attesa dipinta sul volto. "Daphne," chiama con voce vibrante di emozione mentre si avvicina al mio letto, "Come stai? Come sta il nostro bambino?"

Alzo lo sguardo verso di lui, i miei occhi ancora brillanti di lacrime di gioia e fatica. "Stiamo bene," rispondo con un sorriso radioso, "Guarda chi è qui con noi." Con un gesto solenne, gli porgo il nostro figlio avvolto in un panno morbido. Thomas adocchia con meraviglia il nostro piccolo, gli occhi colmi di amore e orgoglio. Con attenzione, Thomas prende il bambino tra le braccia, osservandolo con reverenza. "Come si chiama?" mi chiede. "Pensavo Aiace" rispondo guardandoli. Con un sorriso di comprensione, Thomas annuisce rispettosamente. "Aiace," ripete con voce morbida, come se assaporasse il suono del nome. "Un nome forte e nobile, degno di un vero guerriero." Con gesti delicati, lo avvolge ancora di più nel panno, come per proteggerlo dal mondo esterno. Guardo Thomas con gratitudine e amore, con una carezza tenera sul viso del nostro bambino, sorrido, sapendo che il nostro figlio sarà cresciuto in un ambiente ricco di amore, saggezza e coraggio.

Il mio cuore si blocca nel petto quando Ares appare all'improvviso nella stanza, il suo sguardo feroce fissato su di noi. La tensione nell'aria diventa palpabile mentre osserva il bambino tra le braccia di Thomas. "Ares," sussurro con una mescolanza di timore e risentimento, conscia del suo potere divino e della sua natura imprevedibile. Thomas, anche lui, indossa un'espressione di sorpresa e cautela, mentre tiene saldamente il nostro piccolo Aiace.

"L'hai chiamato come un grande guerriero che aveva la mia stima," afferma Ares avvicinandosi a suo figlio. La sua voce riecheggia nella stanza, carica di autorità e un velo di orgoglio. Guardo con apprensione la scena che si svolge davanti a me, incerta su come reagire alla presenza del dio della guerra. Ares si avvicina al bambino con una compostezza che fa trasparire la sua potenza divina, e una parte di me si sente impotente di fronte alla sua presenza sovrannaturale.

Thomas stringe ancora di più il nostro piccolo Aiace, come se volesse proteggerlo dalla forza inquietante di Ares. La sua determinazione brilla nei suoi occhi mentre fa fronte alla divinità con rispetto ma anche con una ferma determinazione di proteggere la nostra famiglia. "Non so cosa tu possa volere da noi, Ares," dice Thomas con voce calma ma ferma, "ma non permetterò che tu minacci la mia famiglia."

"Voglio poter vedere mio figlio" afferma Ares con autorità "Quel marmocchio che tieni tra le braccia" aggiunge poi con sfida "Tua moglie non te l'ha detto? Non ti ha raccontato di quando voleva partire per la guerra col duca di Northumberland e di come io l'ho salvata facendole ricordare il suo ruolo nella società? O della visita più recente propio in questa camera"

Le sue parole mi gelano il sangue nelle vene, mentre la memoria di quei momenti oscuri ritorna con violenza alla mia mente. Riesco a malapena a trattenere un gemito di angoscia, mentre osservo il volto serio di Thomas, che cerca di capire la verità dietro le parole di Ares. Thomas si volta verso di me, il suo sguardo pieno di domande mute. Posso percepire la confusione e la preoccupazione nei suoi occhi, mentre cerca di elaborare le informazioni che Ares ha appena rivelato. Con un sospiro, prendo una decisione. "Sì, Thomas," dico con voce tremante ma risoluta, "Ares ha ragione. Non è stato un servo. Ho mentito per proteggerti e proteggere il nostro bambino."

Thomas mi guarda intensamente, i suoi occhi ricolmi di emozioni contrastanti. "Bene, adesso che lo sai, dammi mio figlio" ordina Ares a Thomas. "Non posso lasciare che te lo porti via," risponde Thomas con voce ferma, il suo tono carico di determinazione "Non lascerò che la nostra famiglia venga strappata a pezzi da un uomo capriccioso."

Ares si avvicina minacciosamente, il suo sguardo feroce incanalando un potere ancestrale. "Non commettere l'errore di sfidare un dio," tuona con voce cupa, la sua presenza riempie la stanza di una tensione palpabile. "Esiste un solo Dio, e tu eretico sarai giustiziato" afferma Thomas con serietà. Ares, con uno sguardo infuocato, si prepara a pronunciare una risposta quando improvvisamente due figure oscure e minacciose si materializzano alle sue spalle: Deimos e Fobos. Il padre li guarda con orgoglio "Prendere ciò che è mio" ordina loro. Deimos e Fobos avanzano con passo deciso, i loro occhi bruciano di una luce sinistra mentre si avvicinano a me e al piccolo Aiace. Senza dire una parola, i due fratelli mi afferrano e prendono il bambino con una fermezza che non lascia spazio a obiezioni.
Ares osserva con un sorriso malizioso mentre lui e i suoi figli scompaiono nel nulla.

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