73. Invasori

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18 maggio 846 d.C

Sola e afflitta dalla perdita della mia famiglia, impossibilitata di ricominciare qui, mi trasferisco in una tranquilla villetta a Girona, cercando di ricostruire la mia vita. La casa, con le maestose mura di pietra, intatte nonostante il trascorrere degli anni, abbracciano il terreno circostante, creando un'atmosfera di solennità.

Navigo tra la solitudine e la ricerca di una nuova normalità, cercando di riaccendere la luce nella mia esistenza. L'ingresso principale, adornato da un portale elaborato e lavorato con cura, accoglie chiunque varchi la soglia con un'eleganza intramontabile. Le porte massicce in legno si aprono su un ampio foyer, dove la luce filtra attraverso finestre imponenti, creando giochi d'ombra e luce che danzano sul pavimento di marmo antico. La villa, distribuita su più piani, offre spazi ampi e ben proporzionati. Le stanze sono decorate con dettagli d'epoca, mobili pregiati e opere d'arte che raccontano la storia della famiglia che ha abitato questa dimora nel corso degli anni. I soffitti alti regalano un senso di grandezza, mentre camini in pietra aggiungono un tocco di calore e comfort. Il giardino circostante è un'esplosione di colori e profumi, con aiuole curatissime e alberi secolari che offrono ombra rinfrescante. Un viale lastricato con ciottoli conduce a un patio, il luogo ideale per trascorrere tranquille serate estive ammirando il cielo stellato sopra Leon.

Le strade di Girona diventano il mio nuovo scenario, e mentre esploro la città, cerco di trovare connessioni e una ragione per ricominciare.

25 giugno 846 d.C

Nel cuore della notte, l'armonia di Girona è spezzata dall'orrore della guerra. I soldati francesi cristiani invadono la città con foga, bruciando case e facendo prigionieri. La tranquilla serenità della mia nuova dimora è stravolta mentre le fiamme divorano il tessuto della città.

La mia villetta, un tempo rifugio di speranza, ora è avvolta nel caos della guerra. La bellezza degli interni decorati e dei giardini ben curati viene offuscata dal tumulto circostante. Fuggo nel buio, cercando rifugio, ma il destino ha altri piani.

Il crepitio delle fiamme è sovrastato dai gridi dei soldati e dalle urla degli abitanti. Nella confusione, cerco disperatamente di allontanarmi, ma un gruppo di soldati mi circonda.

"Ti arrendi, donna?" grida uno di loro, il volto coperto dalla ferocia della guerra. Vengo trascinata via, lontano dalla mia casa in fiamme, in una notte che ha trasformato la bellezza di Girona in un caos di terrore. Il cammino verso l'ignoto è segnato da grida disperate degli abitanti, dalle loro case che si sgretolano sotto l'impeto della guerra.

Il frastuono della guerra si fonde con il mio respiro "Maledetti siate!" urlo interiormente, impotente di fronte alla furia che ha distrutto il mio rifugio. Uno dei soldati mi afferra per il braccio con forza, stringendo la presa ogni volta che cerco di tirarmi indietro. "Sei solo una prigioniera, non fare scene," mi intima, il suo sguardo freddo che non conosce pietà.

La notte, un tempo silenziosa, è ora riempita da lamenti e odore di fumo acre. La piazza centrale, una volta luogo di incontri e celebrazioni, è ora teatro di un dramma oscuro. Le fiamme danzano intorno alla fontana, creando ombre spettrali che sembrano urlare di dolore.

Incatenata e trascinata attraverso le strade insanguinate di Girona, la mia anima ribelle sussurra maledizioni contro la ferocia che mi ha strappato la mia vita pacifica. Il soldato che mi ha afferrato ride, insensibile al dolore che scorre nelle mie vene. "La tua fede non ti salverà, donna. Ora sei prigioniera dei vincitori," dichiara con una freddezza che fa gelare il sangue. Faccio fatica a trattenere le lacrime mentre vedo la fontana circondata dalle fiamme, le ombre danzanti che sembrano danzare su una melodia di distruzione.

Mi ritrovo imprigionata dai cristiani, vittima di un conflitto che non conosce confini di fede. Mentre attraverso le vie che un tempo erano familiari. Con le catene che mordono la mia carne, mi ritrovo gettata in una cella fredda e buia. Le grida lontane dei compagni prigionieri risuonano nel corridoio, formando una sinistra melodia di disperazione. "Perché ci trattate così?" chiedo, la voce rotta dalla rabbia. Un soldato con un ghigno sprezzante mi risponde: "La guerra non conosce pietà. Voi siete vittime delle vostre credenze sbagliate e noi vi aiuteremo a trovare la via del Signore." Il freddo del pavimento di pietra penetra nelle mie ossa, mentre cerco di trovare conforto nelle parole delle compagne di sventura.

2 luglio 846 d.C

I giorni diventano un susseguirsi di momenti di angoscia e incertezza. Le guardie, vestite con la freddezza dell'armatura, varcano la soglia della cella con irregolarità, trascinandoci fuori per interrogatori spietati. "Confessa le tue alleanze, o sarai soggetta a pene ancor più severe," intima un soldato mentre il lume fioco di una candela fa danzare le ombre sulle pareti umide della prigione. "Non ho alleanze con nessuno! Sono solo una donna che ha perso tutto," rispondo con determinazione, il mio sguardo incontrando il suo senza timore.

La fame diventa la nostra compagna silenziosa, e la disperazione si insinua tra le sbarre. "Per quanto tempo dobbiamo sopportare questo tormento?" sussurra una giovane madre, stretta al petto un bambino che ha visto troppo presto l'orrore del mondo.

Le notti sono inframmezzate dal pianto soffocato delle prigioniere, mentre le stelle fuori dalla finestra sembrano lontane e inaccessibili. In quei momenti di tenebra, la solidarietà diventa il nostro baluardo contro l'oppressione, e il coraggio delle compagne di prigionia diventa la nostra forza.

Nella dura realtà della prigionia, restiamo uniti, cercando di preservare la nostra dignità in un mondo che sembra averla dimenticata.

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