Capitolo 5. Ritorno al West Beverly.

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Londra
Brenda era apparsa nervosa per quasi tutto il viaggio verso il ristorante; JT se ne era ovviamente accorto e onestamente, essendo stato presente all'ascolto del messaggio in segreteria, non aveva neanche bisogno di chiedersi il perché;  tuttavia la serata doveva andare avanti in qualche modo.
Si sedettero al tavolo. Il ristorante era moderno e si presentava come il nuovo centro di riferimento della cucina contaminata Giappone Italia... un misto di verdure estive, creme di peperoni al latte di cocco, caviale di melanzane, polvere di olive, capperi e basilico.
All'ingresso i camerieri si accorsero subito del temibile JT, il critico dei critici, e avvertirono il proprietario. Vennero fatti accomodare al tavolo prenotato a nome di Mr Smith. Jt amava prenotare con nomi diversi e anonimi.
JT ordinó per entrambi, come sempre:
"Allora riso mantecato al tè nero affumicato e crudo di scampi e limone".
Il cameriere pareva nervoso...JT lanció uno sguardo su Brenda che come previsto era distratta e assente..." e per la signora.. riso al the verde con trancio di pesce impanato al panko"
"Bene" disse il cameriere annotando tutto.
"Come vino... un Ferrari Perlè"
Il cameriere corse vie e JT chiuse il menu guardano Brenda negli occhi.
"Ne vuoi parlare?"
"Non molto direi"
"Non mi pare che abbiamo scelta"
Brenda sospiró. Jt aveva conosciuto Dylan nei due anni in cui lui aveva vissuto a Londra con Brenda. Avevano passato parecchie serate insieme, a parlare di musica e cucina. Era un filantropo, uno spirito libero. E pensó di non aver mai visto Brenda cosi felice se non in presenza di lui. Forse un pizzico di quella felicità si era rivista quando il fratello era arrivato in città...ma era una felicità di tipo diverso. Più familiare.
Poi improvvisamente Dylan era scomparso. Era tornato a L.A., si era rimesso con non sa chi, aveva avuto un figlio. E la parola Dylan non era mai più stata pronunciata da Brenda. Un argomento out.
"Senti, sono anni che siamo amici. Io penso che prima o poi dovresti parlarne. Tirare fuori ciò che senti, spargerlo sul tavolo. Magari può farti vedere le cose meno grandi di quelle che sono".
Brenda alzó le spalle: "cosa vuoi che ti dica? Lo conosci, sai bene che tipo di fantasma Dylan sia nella mia vita. Troppe volte ho lasciato che entrasse nella mia esistenza e che mi togliesse respiro ed equilibrio. Non è più la storia di essersi messo con la mia migliore amica quando avevamo 18 anni. È un intero progetto di vita costruito e distrutto. Lui va, viene. Ma io... non sono debole come lui. Non più. Lo amo e presumo che lo amerò sempre. Certe persone si posizionano nell'anima. Si piazzano proprio al centro. E non c'è modo di cacciarli via."
Brenda si fermò un secondo "Dylan aveva seri problemi di alcolismo e di eroina. I progetti di vita li accartoccia."
"Per questo se ne è andato l'ultima volta?"
"Si. Gli ho trovato la roba nel cassetto. Abbiamo litigato. L'ho sbattuto fuori di casa. È tornato a Los Angeles, si è nascosto per l'ennesima volta da me. Ha raccontato in giro che non mi vedeva da  due anni, ma io e te sappiamo che fino al giorno prima dormiva con me. Ha fatto finta di non conoscermi neanche."
"È questo che ti ha ferito di più?"
"Si. È questo. Perché mentre era lì, la notte telefonava a me. Poi sparisce. Poi ritorna. Ad un certo punto una persona deve scegliere. A volte l'amore non basta. Ho scelto io per entrambi. Soprattutto dopo che ho saputo che Kelly aspettava un figlio da lui. Il suo posto era lì."
" E ora è tornato..." sospirà JT.
"Già" sospirò Brenda.
"E sei pentita di aver cancellato il messaggio con il numero di telefono"
"Già" JT e Brenda scoppiarono a ridere, "a volte adoro essere così impulsiva. Mi toglie scelta."
Cercò di non pensarci, ma l'idea che lui fosse in città le occupava la mente. Una strana commistione di eccitazione e rabbia. Era lì fuori. Da qualche parte. Come una cosa che non si dice.


Los Angeles.

Brandon parcheggiò l'auto fuori dal West Beverly. Non era cambiato quasi nulla. Una massa di adolescenti si spostava ridendo nei corridoi. Per un attimo si rivide vicino al suo armadietto che ora apparteneva a chissà chi. Le risate con Dylan. Il Blaze. Steve e lui a pranzo. La radio di Silver.
Era strano come adesso tutto gli sembrasse infinitamente più piccolo e più leggero. Uno con i suoi sogni, di quel calibro, ha anche grosse responsabilità invisibili agli altri.
Quelle pressioni che poteva sentire solo lui e che spesso lo hanno fatto passare per ciò che non era. Invece lui si sentiva imperfetto, ma riempiva quei vuoti con l'impegno. Si diceva che se avesse fatto quel passo in più, quello sforzo in più, ne sarebbe sempre valsa la pena.
Chiese dove fosse l'ufficio di Mrs Taylor e un paio di ragazze glielo indicarono ridacchiando dietro la sua scia.
Fuori dalla porta poteva sentire la voce di Kelly che parlava al telefono. Bussò e sospirò quasi contemporaneamente. A volte, si va avente anche se sprovvisti di coraggio.
"Avanti"
Entrò con il miglior sorriso che possedeva "Mrs Taylor?"
"Dai Josh siediti. Sei in ritardo"Kelly non aveva neanche alzato lo sguardo.
Josh. Chissà cosa aveva combinato questo Josh. Ed era ancora in ritardo.
Lei alzò lo sguardo scostando leggermente i capelli e lo vide.
"O mio Dio", sul suo viso esplose una gioia visibile e innocente. Si alzò di scatto e andò ad abbracciarlo forte.
"Sei qui" disse. Come se fosse un soldato tornato da una guerra e non un fantasma del suo passato. Questo fece sentire meglio lui. Non si erano lasciati molto bene l'ultima volta. Erano diventati un argomento spinoso l'uno per l'altra tanto da lasciare che gli anni scorressero sotto le loro dita senza telefonare. Senza salutare. Eppure non c'era mai stato un solo giorno senza che Brandon avesse pensato a lei. Voleva solo che fosse in pace. Che stesse bene. Che avesse trovato la sua strada.
Rimasero così per qualche secondo.
"Donna mi aveva detto che eri qui e non riuscivo a capire perché non fossi la prima persona ad averti visto".
Brandon fece una smorfia di disapprovazione per  il suo orgoglio sempre fuori dai limiti. È vero, sarebbe stata una bella scena se fosse stata lei la prima persona ma la verità era che dal momento in cui aveva saputo dell'impiego a Los Angeles, aveva quasi rifiutato l'idea di ritornare in quella che una volta era stata casa sua. Kelly era stata casa sua.
Gli eventi poi avevano deciso diversamente.
Lei lo guardava con una gioia sincera. Era come se qualcosa di estremamente familiare fosse tornato ad avvolgerla e sollevarla dall'inferno dell'anima in cui si trovava. Lui riusciva a prenderla. Ne coglieva il senso. Sapeva dirle di no. La faceva faticare, guadagnare il terreno.
Le era sempre sembrato così inattaccabile seppur l'aveva visto perdere l'equilibrio.
Si sedettero alla scrivania.
"Non voglio rubarti troppo tempo, volevo solo salutarti".
"Credevo di dover attendere e penare per molto".
Brandon sorrise appena. Questa era l'idea, ma come al solito, quando si trattava di lei, cedeva subito, anche a se stesso.
"Come stai?" le chiese.
"Bene" rispose una Kelly non troppo convinta.
"Sammy?"
Lei si illuminò "Bene. Bene.  Vorrei tanto che tu lo conoscessi. Non ci siamo più.." si fermò e gli piantò gli occhi addosso.
"Già.." rispose lui "non ci siamo più". A quel punto avrebbe dovuto chiederle di Dylan, ma temeva di ferirla pur non conoscendo la risposta.
"Dove alloggi?"
"Oh il giornale mi paga una lussuosa camera all'Hilton. Devo sistemare alcune cose nella sede di Los Angeles"
"Quanto rimani?" la domanda venne fuori da sè  e Kelly non riuscì a farla tornare indietro per tempo.
"Tre mesi" rispose lui.
"Tre mesi" ripetè lei "Dio, sono così felice di vederti" e non riuscì a trattenere neanche questa frase.
"Vuoi fare un giro?" gli propose.
"Per la scuola?"
Lei fece spallucce "perché no, così chiacchieriamo un pochino e io intanto sorveglio questi mostri".
Lo prese sottobraccio. Scivolarono via per i corridoi e le aule silenziose. Parlarono ridendo più volte. Presero un caffè nella sala professori.
Una brodaglia terribile. Guardarono insieme le foto dei famosi della scuola.
"Oh Dio. Ci sono io. Brandon Walsh. Caporedattore New York Chronicle"
"Bello eh?"
"Non sono proprio famoso"
"Sei uno che ce la fatta Brandon. Uno che ha creduto in qualcosa e lo ha costruito. È più di quanto possano dire tanti" gli strinse ancora di più il braccio e lui sorrise.

Oltre la fine. Beverly Hills 90210Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora