113. Promesso.

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Quando Brenda atterrò il caldo asfissiante la avvolse non appena si aprirono le porte dell'aereoporto. Xavier le camminava a fianco silenzioso. Si erano salutati velocemente, si erano detti poco e niente. Xavier era grato della presenza di Brenda. Sapeva che per lei era un sacrificio e le avrebbe procurato dolore tuttavia riteneva che Dylan fosse ad un passo da un baratro. Un buco profondo dal quale non sarebbe risalito. Non questa volta.
Era un tentativo. Un tentativo necessario.
E questo lo sapeva anche Brenda.
Lei camminava accanto a lui, la faccia smagrita, gli occhi oltre l'orizzonte.
Aveva deciso di dire la verità a Brandon. Di raccontare dove sarebbe andata e perché. Non voleva mentire a suo fratello. Ne era nata una accesa discussione. Il rancore di Brandon verso Dylan era anormale e abnorme. Qualcosa che non riusciva a superare ma anzi qualcosa che quell'amore fraterno dilatava. Sembrava che non avrebbe mai trovato soluzione. Era devastante.
"Devo fargli firmare la rinuncia ai diritti sullo spettacolo" gli aveva detto per cercare una scusa che poi scusa non era. Doveva farlo davvero. Magari non in quel momento ma doveva.
Non si erano lasciati così bene e si era ripromessa di andare a Los Angeles al più presto. Di stare con suo fratello a casa Walsh. Soltanto loro. Per mostrargli che stava bene e che doveva smettere di preoccuparsi per lei. Perché il mondo lo potevano tenere fuori. Lo potevano tenere a bada.
Quando arrivarono alla casa, Xavier le fece un sorriso.
"È nella sua stanza. Di giorno rimane chiuso li, la notte non sappiamo dove vada".
Brenda fece un debole cenno di intesa. Mentre camminava nel cortile deserto dal caldo sentì che stava commettendo un errore grave e che lo avrebbe pagato. Esattamente come gli aveva detto Brandon.
Brenda salutò Isabel ed accettò qualcosa da bere con ghiaccio per cercare di riordinare la mente. Dì darle respiro.
Dylan era al di là della porta. Avvolto nel buio. Buio fuori. Buio dentro.
Quando Brenda aprì la porta sentì il puzzo di chiuso.
Si avvicinò alla finestra e tirò via le tende. Una luce accecante inondò la stanza poi apri la finestra. L'aria torrida che proveniva da fuori entrò per prendere il posto del puzzo di tristezza.
Brenda accostò le persiane nel tentativo di fornire un po' di frescura.
Quando si voltò Dylan la guardava con gli occhi spalancati. Quasi spaventati. Non sapeva se fosse vivo o morto e se lei fosse davvero lì o frutto di una allucinazione.
"Sei qui."
"Sono qui" gli rispose sorridendogli.
"Ti ho cercato tanto."
"Lo so."
"Non sapevo dove trovarti."
"Lo so" Brenda si guardò intorno. La stanza era un vero casino. Vestiti ovunque. Tracce di disperazione "che cosa stai combinando Dylan?"
"Resterai?"
"Non voglio parlare di questo adesso. Sono qui per aiutarti. Per risolvere le cose tra di noi."
Dylan si irrigidì " e poi?"
"E poi cosa?" Chiese Brenda.
"Non ti voglio qui ora se quando starò bene te ne andrai di nuovo."
Brenda sorrise.
"Senza offesa Dylan ma non ha proprio diritto ad avere pretese, andiamo alzati."
"Per andare dove?"
"Al mare" gli disse Brenda.
La cosa più semplice, quella che apparteneva loro perché Brenda non sapeva davvero da dove cominciare e decise di cominciare dal posto più familiare.
Dylan infilò un paio di occhiali da sole e pessime idee.
Non aveva dormito. Sentiva le ossa a pezzi. E pensava che Brenda non fosse davvero li. Magari era tipo il fantasma del passato che lo veniva a prendere per portarselo via.
Si sedettero ad un piccolo chiosco fronte mare, quattro tavoli in legno, una capanna di foglie di palma.
Dylan fece cadere un paio di monete sul tavolo.
L'aria salmastra entrò a pieno nei polmoni di entrambi.
"Chi ti ha fatto venire qui?"
"Xavier era disperato."
Lui fece un cenno di comprensione "non devo avere una bella cera".
"Be neanche io."
"Non è vero tu sei sempre bella. Un po' dimagrita. Ma bella" sorrise appena "come stai?" Le chiese.
"È stata dura D non te lo nascondo e non è ancora finita. Temo. Ma se posso dirlo, stare lontano da te ha funzionato."
"Per me non ha funzionato. Dove vivi? Sono stato a Londra e l'appartamento era vuoto".
"Preferisco non dirtelo D non voglio farti del male ma non vogliono farmene neanche io."
"Già"sospirò lui "e allora perché sei qui?"
Brenda conosceva bene la risposta ma preferì distogliere lo sguardo e ammirare una pace che non assaggiava con gli occhi da molto tempo.
"Questo posto è magnifico, capisco perché lo ami tanto."
"Amo anche te."
"Si" rispose lei ripotando i suoi occhi su di lui "lo so. Ma c'è qualcosa che io non riesco più a fare."
"Cosa?"
"Credere che un noi sia possibile"
"Si che è possibile."
"È troppo doloroso per me Dylan. Sai bene che non te lo direi se non fosse così".
"Non è successo niente."
"Non voglio parlare di questo"
Lui le afferró le mani e ripetè la stessa frase "non è successo niente."
"Forse, forse no Dylan. Ma come puoi pretendere che una persona viva con questo dubbio?"
Lui tolse le mani da quelle di lei e per la prima volta si accorse che l'aveva persa e che non aveva alcuna importanza se non fosse successo niente, perché ci sarebbe stata una volta successiva, e una serie di volte che Brenda avrebbe dovuto affrontare e non ne aveva la forza, forse neanche la volontà.
"E allora cosa vuoi?"
"Quando sono partita per Londra, anni fa, ti avevo promesso che sarei tornata e non lo feci. Quando seppi in quali condizioni eri, volevo tornare ogni giorno, ma non lo feci, sono qui per onorare la mia promessa. E sono qui perché noi due siamo speciali Dylan. E tu devi tornare a casa da tuo figlio. Ti stai perdendo il meglio. Stai facendo a lui ciò che è stato fatto a te."
"Ora non me la sento."
"Tu hai un figlio e ti permetti di fare finta che non esista."
Dylan la guardò e capi esattamente a cosa si riferiva lei.
Non sapeva cosa risponderle.
Non aveva pensato a Sammy. Questa è la verità. Ne a Kelly.
" Sei così concentrato su quello che hai perso tu Dylan, che non ti rendi conto neanche di quello che perde tutti i giorni quel bambino. Dopo ciò che è successo Brandon è sparito dalla sua vita, tu anche. Possibile che siete due mostri del genere?"
Dylan non rispose. Gli veniva da piangere. Fuggire era la sua specialità. Non voleva affrontare le cose.
"La notte dovrai chiudermi in camera e non aprire per nessun motivo"
"Cosa?" Chiese Brenda.
"La notte dovrai chiudermi in camera e sopportare i miei insulti. I miei pianti. Solo così ne potrò uscire. Credi di farcela?"
Dylan si era arreso. Da qualche parte dentro di lui era scattata la presa di coscienza. La voglia di risalire.
Di tornare.
"Dovrai chiudermi in quella stanza Bren, per tutto il tempo necessario, e dovrai rimanere fuori, devo sapere che sei lì. Le crisi saranno terribili. Mi sentirai piangere. Imprecare. Non dovrai aprire per nessun motivo."
"Va bene" gli rispose Brenda.

Oltre la fine. Beverly Hills 90210Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora