Brandon e Dylan atterrarono in Ecuador intorno a mezzogiorno, ora locale. Dylan non aveva detto una parola per tutto il viaggio. Il suo cervello era un compendio di brutte idee e di cattive decisioni che smontava e rimontava a piacimento. Brandon non si sarebbe sorpreso per niente se, appena atterrati, avesse comprato una pistola per sparare a quell'uomo. A volte era difficile capire Dylan, altre volte era la cosa che gli veniva meglio. Loro così diversi eppure uniti da un sottile filo rosso che non si era mai spezzato. Allentato forse. Ma mai rotto. Quando uno tirava, l'altro lo poteva chiaramente sentire. Era esattamente per questo motivo che Brandon aveva fortemente voluto andare con lui. Per istinto. Per paura che succedesse qualcosa di più grave. Perché conosceva le smarginature della sagoma di Dylan. Perché non voleva lasciarlo solo.
Non aveva idea di cosa sarebbe successo e le poche informazioni che aveva era quelle che aveva ricavato lui stesso. E non erano buone.
Sammy era sparito da meno di 24 ore. Non potevano chiamare casa. Non poteva sapere come stavano Kelly, Brenda e tutti gli altri. Non potevano fare niente. Troppo rischioso.
Xavier arrivò a bordo di una Jeep. Salutò con un abbraccio Dylan e furono fatte veloci presentazioni. Il caldo stava sfiatando Brandon. Infilò un paio di occhiali da sole per la luce accecante e il fatto che la Jeep fosse senza cappotta fu una specie di sollievo torrido.
Arrivarono alla casa famiglia e Brandon fu calato nel mondo di Dylan. Mani allungate che lo salutavano con gioia e chiedevano chi fosse lo straniero Brandon, chiedevano se avesse gomme da masticare e matite. Brandon non era nuovo alla miseria e a questi luoghi dimenticati da Dio. Gli vennero in mente l'Afghanistan, l'Iraq, l'India e un affastellamento di pensieri, visi e nomi che aveva incontrato e che cercava di custodire da sempre.
Alcune ragazzine chiesero di Brenda. Quando sarebbe tornata? E si stranirono parecchio quando Dylan non rispose alle domande.
Seppur cercasse di mantenere uno spirito di apparenza, la tensione di Dylan era palpabile e ai bambini non si può mentire. Non poteva nessuno. Neanche Dylan.
Isabel preparò della frutta fresca su un vassoio e si accomodarono in giardino.
In quei pochi giorni nessuno degli uomini di Perreira era venuto a chiedere dei ragazzi. Pareva che quella brutta storia fosse finita ed invece non era finita per niente.
Dylan fu costretto a raccontare ogni cosa e a rivelare perché fosse tornato così presto.
Xavier ascoltò in silenzio e capì perché gli scagnozzi di Don Perreira gli avevano dato appuntamento per il pomeriggio. Provò a chiedere di essere esentato. Quell'uomo gli incuteva timore.
Loro due erano nati nello stesso quartiere, stessa strada e stessa fame. Si conoscevano da ragazzi e Perreira era stato sempre un capetto. Un caporale del male. Nato in completa povertà come Xavier. Avevano scelto strade diverse. Perreira aveva percorso la strada della ricchezza facile e infarcita dal male.
"Io non potevo. Non ci sono mai riuscito, eppure" si rivolse al solo Brandon "quando nasci in questi posti è quasi sempre la scelta più semplice. Crescere per strada può renderti maligno. Ti può far marcire dentro".
Dylan condusse Brandon all'interno dell'edificio, mostrò in cosa si era impegnato, quali erano i ragazzi che Perreira voleva, ragazzine di 13/14 anni da avviare alla prostituzione, ragazzini di 13 anni da intossicare con sostanze chimiche per preparare la cocaina. Voleva quasi convincere se stesso di non aver sbagliato tutto. Voleva che Brandon lo vedesse. Lo toccasse con mano. Lo raccontasse. Voleva che assorbisse in nome di cosa e per chi si trovavano in quella situazione.
"È sempre così" pensò Brandon "le cose sembrano sempre così lontane, noi nelle nostre case sicure, con la nostra bella macchina; il più grande problema è se mangiare giapponese o italiano"; ripiombò in un sapore amaro che ben conosceva e che Dylan gli mostrava. Capì il perché Dylan fuggisse da Los Angeles per tornare in quei luoghi. Era come se quel dolore di cui le pareti erano impregnate coprisse il suo, se ne sentiva travolto. Lo calmava. Lo acquietava.
Brandon ascoltò Xavier, la sua storia, la storia del giorno che trovò Dylan rovesciato in mezzo ad una strada. Lui non fuggiva da se stesso o dagli altri ma andava verso se stesso. Controvento.
Come poteva Dylan spiegarlo a qualcuno? Farlo capire? Dentro le tempeste ci devi passare. Non c'è altro verso.
Guardò il suo amico con occhi sereni. Anche Dylan era solo un uomo. Come lui. Si erano incontrati a metà strada. Senza saperlo.
Pensò che un bell'articolo potesse interessare qualche associazione americana. Soprattutto quelle latine, magari qualche ragazzo si poteva ancora salvare. Ancora uno. Anche solo uno.
Improvvisamente gli tornò la voglia di partire, di andarsene là dove non voleva andare nessuno. Forse era questo il motivo per cui se ne era andato così tanti anni. Per non sentire quel senso di vuoto. Si era aggrappato a quello per salvarsi. Controvento. Anche lui.
Dopo pranzo si sistemarono in macchina. Era come se la città li sorvegliasse e seguisse il loro percorso. L'unica via era pagare e aspettare che Sammy ritornasse a casa. Non c'era altro da fare. Nessun atto eroico. La città era avvolta da un sole accecante mentre salivano su per la collina. Verso il feudo di Perreira. Dietro, una valigetta con i soldi. Più di quelli concordati. Perché ora la posta da riscattare era aumentata a dismisura.. Dollari americani. In contanti. Non segnati. Il cancello automatico si aprì e Brandon e Dylan si guardarono cercando un aggancio l'uno negli occhi dell'altro. Si aggrapparono al filo rosso. Controvento.
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Oltre la fine. Beverly Hills 90210
FanficFanfiction su una delle serie più amate degli anni 90 BeverlyHills90210. Una finestra su cosa è successo dopo la fine della famosa serie tenendo in considerazione le dichiarazioni degli scrittori, attori, e le interviste rilasciate. È una fanfiction...