Capitolo 47. Equilibri.

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Steve arrivò alla sede del giornale alle 19 circa, con un'ora abbondante di anticipo sull'appuntamento. Doveva dare una parvenza d'ordine perché non ne aveva avuto il tempo. Da quando Janet gli aveva dato appuntamento non aveva avuto neanche il tempo di pensare, considerando che si era precipitato a casa di Kelly, da lì a San Diego e ritorno con il piccolo Sammy.
Un misto di emozioni, un groviglio che ancora pulsava come materia viva e lo avevano tenuto in ostaggio tutto il giorno.
Sullo sfondo e in avvicinamento,  la tensione per un incontro che poteva essere risolutivo, così come poteva mandare tutto a rotoli. Ora quella tensione aveva guadagnato finalmente il centro della scena. Avanzava. Prendeva spazio.
Aveva bisogno di stemperarla. Aprì una bottiglia di un non precisato vino californiano. Non gli interessava l'etichetta, che neanche osservò, ma l'aprì distratto, guardandosi intorno e rovistando con lo sguardo tra cataste di vecchie copie del Beat, ancora in bella mostra, appunti, volantini, pubblicità varie. Un delirio.
"Sarà meglio che mi dia una mossa" disse a bassa voce mentre già versava il vino rosso in un bicchiere di carta ed affondava le labbra con avidità.
Janet fu puntuale come sua abitudine. Era avvolta in un cappotto color panna che le arrivava sotto il ginocchio, dal quale partivano degli stivali di pelle nera con un tacco che la elevava non poco.
Steve la trovava ancora molto bella e non ne fece mistero.
"Stai benissimo".
"Grazie, anche tu sei in forma".
"Si – sorrise Steve – credo di avere un aspetto orribile, ho trascorso una giornata molto pesante e stancante; ma ora siamo qui, quindi la piega non può che migliorare".
Di nuovo a Steve venne in mente che Janet non sapeva niente di Sammy ma di certo non voleva dirglielo in quel momento.
Janet lo prese come un altro complimento e si accomodò sulla poltrona della sua ex scrivania "l'ho sempre trovata molto comoda".
"Se questa poltrona potesse parlare" disse Steve ammiccando.
"Lasciamola in silenzio, playboy" gli rispose la donna "torniamo al presente. Ho provato ad andare avanti, a riorganizzare la mia vita, la nostra vita. Ma non funziona. Il mio tentativo è un continuo fallimento. Non sono felice. Maddy non è felice. la nostra scelta di separarci non mi sembra affatto vincente. Ho anche provato ad impegnarmi in una nuova storia. Ma Bruce applicava il calcolo aritmetico anche alla sua vita. Nessun imprevisto, nessuna sorpresa. Tutto era minuziosamente calcolato. Niente a che vedere con la tua totale improvvisazione".
Steve non sapeva se prenderlo come un complimento o come un'offesa "spesso mi mandavi fuori di testa" continuò Janet "ma altre volte mettevi un po' di brio alle nostre giornate. Un pizzico di follia che scardina gli equilibri e mi fa sentire...come dire, viva".
Steve bevve ancora quando si accorse di non avere offerto nulla a Janet.
"Scusami tesoro, non ti ho chiesto se gradisci un po' di vino".
Tesoro. L'aveva chiamata tesoro. Ne fu sorpreso, il suo orgoglio non lo avrebbe mai permesso. Ma evidentemente non era l'orgoglio a suggerirgli le parole. Anche Janet si soffermò su quella parola e ne fu intenerita.
"Calici Zalto, vedo"
"Mi arrangio" sorrise Steve "Senza di te, il vino non ha sapore; che senso ha valorizzarlo in un calice adeguato? uno squallido bicchiere di plastica va benissimo".
Non avrebbe potuto scegliere parole migliori. Janet sorrise mentre piangeva, si alzò e si diresse verso il marito.
"Stevy" e lo baciò a lungo "Possiamo ricominciare?" gli chiese.
"Io voglio solo riavere la mia famiglia; mia moglie, mia figlia. A proposito, dov'è Maddy?"
"Con la baby sitter, una signora di mezza età venuta a vivere da qualche settimana vicino casa nostra; la bambina l'adora e ci resta con piacere"
"Potremmo utilizzare spesso la signora Poppins" le sussurrò Steve e la baciò nuovamente.
I giorni di solitudine di Steve erano terminati. Finiti. Sepolti. Non gli sarebbe mancato dormire al Beat  e sapeva già che la tregua con Janet sarebbe durata poco. Avrebbero litigato. Lo avrebbe rimproverato. Ma lui la voleva disperatamente  e disperatamente la prese con sè. Con dolcezza. Ancora e ancora una volta.
David stava cullando Ethan mentre Donna faceva una doccia calda. Aveva saputo da Steve come erano andate le cose; lui la ricordava bene quella angoscia, l'aveva patita quando Erin gli era sparita da sotto gli occhi.
Roba che non si respira più immaginando scenari tragici.
Comunque Steve si era eclissato presto,  aveva un appuntamento importante di cui non aveva voluto confessare i dettagli per cui si sbrigò in fretta a raccontare della telefonata di Kelly, della corsa a San Diego, del ritorno a casa con Sammy, del rientro festoso ina casa Taylor. Insomma, lo aveva tranquillizzato.
"E Brandon e Dylan?"
"Spariti" gli disse Steve " se tornano vivi lì ammazzo io".
David si sentiva rilassato e grato mentre cullava Ethan. Per la prima volta si rese conto della fortuna che quella vita gli regalava ogni giorno e silenziosamente.
Da quando il piccolo  aveva ripreso dei ritmi sonno-veglia più vicini alla norma, aveva recuperato il suo rapporto con Donna , seriamente compromesso nelle ultime settimane.
Valerie era una ferita aperta. Una macchia sulla sua anima ma si imponeva di non pensarci, di lasciare stare. Se ne sarebbe andata. Voleva bene a quella ragazza e a volte era troppo difficile da scalfire nella sua durezza ma David conosceva la storia di lei. Sapeva da dove veniva la ricerca frenetica di conferme che Valerie disperatamente nascondeva dietro le battute e gli occhi azzurri. Il fatto è che David non poteva essere la risposta alle sue domande. C'è stato un tempo in cui avrebbe voluto. Avrebbe potuto.
Donna uscì dalla doccia e portò via David dai suoi pensieri. Indossò un accappatoio e si diresse nella camera da letto. Silver aveva da poco addormentato il bambino e lo stava poggiando nella sua culla, nella stanza adiacente alla loro. Donna si era soffermata sulla soglia della porta, osservando padre e figlio con orgoglio.
David la vide. In accappatoio. Serena.
"Donna, stai piangendo?"
"No, sono felice. Negli ultimi mesi mi sono concentrata su quello che non andava: gli strilli di Ethan, le notti insonni, la tua collaborazione maldestra, le tue fughe da casa. Mentre mi rendo conto che è tutto meraviglioso. Ho l'uomo che amo da sempre al mio fianco, il più bello dei bambini che mi illumina le giornate con i suoi sorrisoni, sto bene. Veramente bene. Sono felice. Solo che non sempre me ne rendo conto"
"Bastava dormirci su" rispose David, che l'abbracciò. "Quanto ci ho messo ad aprire questo scrigno?" e slacciò la cintura dell'accappatoio.
"Un po'" sorrise Donna.
" Ora però ho le chiavi"
"E puoi usarle quando vuoi" lo baciò.
Quella notte fecero l'amore più volte. Ethan seppe essere discreto. Sembrava capire che i genitori avevano bisogno di intimità, di riavvicinarsi, anche fisicamente. E lo fecero. I dissidi, le incomprensioni, il tradimento, tutto sembrò scivolare via con le gocce di sudore che i corpi spinsero con forza fuori, ritrovando quella complicità che per troppo tempo avevano dimenticato.
Equilibri.

Oltre la fine. Beverly Hills 90210Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora