Capitolo 13. Incroci.

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Kel si sentiva stranamente serena. Come non si sentiva da parecchio tempo. Era uscita presto dal lavoro, preso Sammy da scuola, fatto la spesa. Era una serata clemente, non fredda, tanto da permettere a Sammy di provare a fare qualche tiro libero in giardino. Lo guardava lanciare la palla e attenderne la ricaduta nel cesto ma la palla si impennava in aria. Sammy non mollava. Correva a riprenderla e ricominciava da capo.
"Chi viene a cena?" le chiese mentre palleggiava.
"Un mio amico"
"E come si chiama questo amico?"
"Si chiama Brandon"
"E sa giocare a basket?"
"Si. Credo proprio di sì"
"Ah bene" rispose Sammy "perché tu proprio non lo sai fare"
"Oh ti ringrazio"
"Papà sa fare. Tu no " puntualizzó Sammy crudele.
Kel si fermò un secondo, sapeva che suo figlio non aveva intenzionalità, però quando lo nominava qualcosa si spezzava. Si malediva per essere in quella situazione. Per ciò che Sammy stava perdendo e che lei conosceva molto bene. Non si spiegava come Dylan riuscisse a stare lontano da lui; eppure venivano dalle stesse mancanze. Se lo era chiesto per anni. Le cose tra loro funzionavano nella misura in cui avevano sempre funzionato. Addio e ritorni. Sembrava che non potessero stare nè senza nè insieme. C'erano state giornate durissime in cui lui si era sforzato di restare, ma quell'anima in tumulto non aveva pace. Non riusciva ad acquietarsi e trattenerlo aveva solo peggiorato le cose. Adattarsi a lui invece aveva consumato Kelly.
Il telefono squillò e Kelly pensó che fosse Brandon per disdire. No dai.
"Pronto?"
"Ciao straniera" la voce di Dylan era disturbata.
"Dylan?"
"Hei"
"Sarà piena notte a Londra, potevi chiamare anche più tardi"
"Non sono a Londra"
"Ah no? Già problemi in paradiso?"
"Kel..." sbuffó lui.
" e allora dove sei?"
" a Machala"
Dylan era tornato su uno dei suoi progetti. La scuola che stava costruendo in Ecuador e i suoi progetti di ricerca ambientali.
"Vuoi parlare con Sammy?"
"Volevo parlare anche con te"
"Dobbiamo?"
"Dobbiamo. Mi dispiace di averti lasciato solo un messaggio quando sono arrivato a Londra, avrei dovuto aspettare che tornassi a casa e provare a richiamare"
" Non fa niente" disse lei con un tono spontaneo e dolce.
"No, avrei dovuto"concluse risoluto lui "e so che sei arrabbiata con me ma Kel, sono sempre io"
"Lo so"
"Rientro per il compleanno di Sammy e passeremo un po' di tempo insieme"
"So che lo farai"
"Probabilmente Brenda verrà con me"
Dall'altra parte ci fu silenzio.
"Kelly?"
"Brenda è lì con te?"
"Si è con me. Volevo farle vedere i miei progetti."
"State insieme?"
"Non lo so, è ancora un divenire"
Ancora quel cuore spaccato a metà con il quale lei aveva dovuto convivere. Continuamente. E la sfiancava. Aveva creduto che Sammy potesse bastare, che fosse sufficiente. Ma era stato un errore. Dylan non lo imbrogli. Dylan non lo imbraghi.
"Kelly non stiamo insieme da anni"
"Questo lo so"
"Non voglio aver paura di dirti le cose"
"Infatti non devi averne" Kel sospirò "dobbiamo trovare un compromesso, qualcosa che non distrugga in macerie ciò che abbiamo. Che ci siamo guadagnati. Che abbiamo voluto. Ma io non so neanche da dove cominciare"
"Neanche io. Ma possiamo provarci?"
"Possiamo" rispose lei arresa "ti passo Sammy cosi lo saluti. Ho gente a cena"
"Chi viene?" chiese lui.
"Brandon" gli rispose Kelly.
"Davvero?"
"Davvero" Kelly cominciava ad aver fretta "non farti idee strane. Lui non è come te"
"Che vuol dire che non è come me?" Dylan aveva la voce vagamente alterata.
"Brandon non entra a gamba tesa nella vita delle persone. Non lo ha mai fatto. Ma non lo vedo da anni e io ho voglia di passare una serata con un adulto. Un mio amico. Non dobbiamo per forza finire a letto insieme. Non funziona sempre cosi. Non per tutti. A volte le persone sanno prendere il cuore degli altri e tenerlo nella mano senza frantumarlo"
"Ah si? È questo che ho fatto io?"
"È quello che hai fatto tu e io non sono più una ragazzina che crede ad ogni parola, che si lascia trascinare" Kel si fermò, tiró un respiro "scusami. Sono stata ingiusta"
"Figurati"
"Ti passo Sammy?"
Kelly richiamó il figlio e lo vide allontanarsi con il telefono e la palla da basket "ehi Pa! Viene un amico, si. Sto facendo dei tiri.. mica tanto pa... si faccio il bravo, quando torni? Davvero?"
E sparì in casa.
Kel chiuse gli occhi e si ripetè quello che si era ripetuta parecchie volte, lascia andare Kel, lascia andare.

Machala (Ecuador)

Brenda stava guardano l'oceano Pacifico. Era poco distante da Dylan. Lo vedeva muoversi e sorridere. L'oceano, lui. Non sapeva neanche perché aveva accettato di arrivare fino in Ecuador e che giorni l'aspettassero. Ma era felice di essere lì. A volte bisogna solo godersi l'attimo.
Dylan le fece cenno che aveva terminato e che potevano andare. L'aria era umida e pesante ma lo spettacolo del tramonto le ricordó per un attimo L.A. . Erano dieci anni che non sfiorava con gli occhi quell'oceano e quel tramonto dipinto sopra.
Erano al porto Bolivar. Avevano affittato un fuoristrada verde scuro scoperto.
"Hai finito?"
"Si. Tuo fratello è invitato a cena stasera"
Brenda lo guardò un attimo per scorgere qualche segno di dissenso ma non ne trovò.
"Da Kel?"
"Si" lui si voltò e vide lo sguardo di chi scrutava "non ho intenzione di affrontare argomenti che non ci sono. Voglio solo che lei sia felice. Lo voglio davvero. Le ho fatto male Brenda. Le ho fatto male, forse troppo"
Non solo a lei, penso Brenda. Aveva promesso di non fare domande.
"Dove andiamo?"
"A cena" rispose lui. C'è un ottimo ristorante di pesce in fondo alla strada.
"Sai cosa mi ricorda questo posto?"
"Baja" indovinò lui.
"Già" rise lei.
"Come si è incazzato Jimbo"
Brenda rise ancora più forte.
"Jim e Cindy ti hanno sempre voluto bene. Questo tu lo devi sapere"
"Si lo so"
Si strinsero la mano.
"'Magari ci sarà da ballare"
"Magari" rispose Brenda.

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Oltre la fine. Beverly Hills 90210Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora