153. Aperture e chiusure.

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Alle 7 in punto la sveglia aveva tirato giù dal letto Steve. Era sabato mattina, Janet doveva partire per una due giorni con il suo compagno, destinazione Yosemite. Erano appassionati di trekking, un'attività per la quale la piccola Maddy non aveva ancora la tempra. E quindi, papà Sanders si era reso disponibile ad accogliere in casa sua la piccolina. Brandon, che negli ultimi giorni si era sistemato nella cameretta della bambina, passava sempre più notti a casa Walsh. Anche quella notte non era tornato. Forse le cose andavano davvero meglio e presto si sarebbero sistemate. Lo sperava per loro e lo sperava per riavere l'appartamento per sè, anche se c'era la carta David ancora in piedi.
David occupava il divano nella sala d'ingresso, ma si era ripromesso di trovare una sistemazione meno precaria, visto che la decisione di allontanarsi da casa propria era sempre meno temporanea. Fece una doccia e si preparò la colazione. Suonarono alla porta, Steve fu sorpreso visto che Janet, da accordi, non sarebbe dovuta arrivare prima delle 9.30. David lo anticipò ed andò ad aprire.
"Ciao Clare"
"Ciao David, cosa ci fai qui?"
"Ci abito, per il momento"
"Problemi con Donna?" disse con un sorrisetto poco allegro
"Evidentemente; ti chiamo Steve"
"Si, grazie"
David si diresse in cucina, dove Steve stava sistemando
"Hai visite, Sanders"
"Janet?"
"No, Clare"
Steve rimase come paralizzato a sentire quel nome.
"Steve, ti sta cadendo il latte per terra", David era divertito dalla scena.
"Accidenti. Come ti sembra? Arrabbiata? Distrutta? Comprensiva?"
"Steve, mi sembra alla porta. Vai, ti aspetta"
"Si, certo"
Steve si presentò alla ragazza, pronto a gettarsi ai suoi piedi implorando perdono, piangendo se fosse il caso, ma non poteva farsi sfuggire quell'apertura che lei aveva dimostrato presentandosi a casa sua. Quella che trovò fu una Clare sotto tono, aveva delle profonde occhiaie che denunciavano notti insonni. Sembrava una donna in cerca di un porto sicuro. Forse era per quello che si era presentata, aveva bisogno di qualcuno che la sorreggesse ed era disposta anche a perdonare  pur di trovare conforto ed amore. Questa fu l'impressione che ebbe appena varcò la soglia della sala d'ingresso.
"Ciao Clare"
"Ciao Steve"
"Come stai?"
"Uno schifo, un vero schifo"
"Immagino, mi dispiace veramente tanto per tuo padre. Non ho avuto modo di dirtelo, ma credo che tu già lo sapessi"
"Si Steve, lo so"
"Avrei voluto starti vicino in questi giorni, se solo me lo avessi permesso"
David irruppe nella scena "Scusate ragazzi, non voglio interrompervi, tolgo il disturbo" ed uscì.
Anche se l'apparizione fu breve, Steve lo odiò per avere rotto quel dialogo che bramava da giorni.
"Mi hai fatto male Steve, di te mi fidavo"
"Lo so e mi dispiace; credimi, mi dispiace veramente tanto. Ma non è andata come credi"
"E dimmi Steve, come credo? Perché io non lo so più"
"Non è successo nulla. Ammetto di avere baciato Valerie"
"E non ti pare abbastanza?" Clare guardava fisso il ragazzo, attraverso le lacrime che cominciarono ad emergere spontanee, ma senza interferire sul tono della voce; Steve abbassò lo sguardo.
"Si Clare, è abbastanza per tradire la tua fiducia; specie se tu sei nella stanza accanto; specie se quel bacio è scambiato con un'amica".
"Amica di chi?"
"Tua, mia, nostra. O almeno così sembrava".
"Appunto, sembrava. Ma evidentemente non era".
"Clare, stavo riordinando in cucina. Valerie si è avvicinata e mi ha baciato. Io ho ricambiato, lei mi ha sfilato la camicia. Ho sbagliato, avrei dovuto scostarmi. E non voglio fuggire dalle mie responsabilità e dare la colpa all'alcol, o a lei, non sarebbe giusto. Ma non siamo andati oltre, è arrivata la chiamata di Andrea"
"Già, ma se non fosse arrivata? Se nessuno avesse interrotto quel bacio?"
"Chi può dirlo? Magari sarei tornato in me; magari Valerie si sarebbe resa conto di quanto aveva iniziato"
"Ma tu veramente ci credi?" Clare si stava irrigidendo e Steve se ne accorse. Decise di sprofondare nella colpa ed affidarsi alla clemenza "della corte"
"No, Clare. Non ci credo. Probabilmente saremmo andati oltre. Ma è un processo alle intenzioni, non è accaduto. Quella maledetta telefonata è arrivata e ci ha fatto piombare velocemente nella realtà. E ci siamo fermati. Un bacio Clare. Tutto quello che è accaduto è un bacio. Che non vuole essere un'attenuante, ma questo è. Un bacio. Non voglio perderti per un bacio. Dammi un'altra possibilità"
"Credi di meritarla?"
"Si Clare; se sei qui è perché me la merito, perché te la meriti. Ce la meritiamo. Lasciami rientrare nella tua vita. Ne abbiamo bisogno, tutti e due"
"Non lo so Steve, mi hai fatto molto male – Clare ora piangeva accorata, Steve si avvicinò e l'abbracciò – come faccio a fidarmi ancora di te?"
"Devi farlo Clare, non accadrà più, te lo prometto"
La ragazza, lentamente, si scostò.
"Sono stata da Valerie, mi ha raccontato la stessa cosa, addossandosi la colpa, tutta. Forse non è così marcia come pensavo"
"Forse no"
"questo non la scagiona, né ti assolve. Ma è un primo passo. Ora vado"
"E noi?"
"Ho bisogno di tempo, Steve. Devo potermi nuovamente fidare di te. E di sicuro non sono ancora pronta"
"Non insisto; ti sono grato di avermi dato la possibilità di spiegare come siano andate le cose; e di avermi fatto rientrare nella tua vita; anche se al momento, non vorrai darmi il ruolo che avevo. Ti aspetterò Clare"
"Grazie", la ragazza asciugò gli occhi "Ciao Steve" ed uscì senza voltarsi
"Ciao Clare" rispose lui, rivolgendosi alla porta già chiusa. Guardò l'ora, da lì a breve Maddy sarebbe arrivata.

David si stava dirigendo al Peach Pit, da qualche giorno stava seguendo i lavori con il neo ruolo di comproprietario. I contatti con Valerie si era fatti ormai quotidiani. Ognuno rispettava l'autonomia e le idee dell'altro, quelle prime battute lasciavano ben sperare su una collaborazione proficua per entrambi e per il locale. Dal cellulare chiamò Donna, che nel frattempo si era trasferita a casa di Felice. Aveva bisogno di distrarsi e si era buttata a capofitto nel lavoro, prendendo delle commesse sulle quali aveva temporeggiato perché non sapeva come organizzarsi, presa dal ruolo di madre e regina del focolare domestico, come aveva ripetuto sfogandosi alle amiche sino a quella mattina. Ed aveva bisogno di una mano con il figlio, che Felice fu felice di darle. Donna vide sul cellulare il nome del marito ed un misto di ansia e rabbia le risalì dalle viscere sino alle mani ed alle corde vocali
"Cosa vuoi?"
"Ciao Donna"
"Si, saltiamo i convenevoli. Perché mi stai chiamando?"
"Credo che abbiamo bisogno di un confronto civile e pacato; io sono sempre il padre di Ethan e sono ancora tuo marito"
"Allora te lo ricordi"
"Donna, non possiamo continuare la conversazione su questi toni, tra sarcasmo ed odio"
"Io non ti odio David, sei solo la più grande delusione della mia vita"
"Mi dispiace di averti delusa, non era mia intenzione; di certo, non era mia volontà arrivare a questo punto. Ma è dove sono adesso e non possiamo lasciare le cose in sospeso"
"Quindi?"
"Quindi credo sia il caso di incontrarci, soli e senza il bambino, e capire come procedere; cosa farne delle nostre vite e del nostro matrimonio"
"Mi è sembrato di capire che non t'interessa salvarlo"
"Donna, io non provo più il sentimento di prima, come facciamo a salvare un matrimonio in queste condizioni?"
"Ed allora cosa vuoi da me?" Donna cominciò a piangere al telefono
"Non voglio che finisca tutto così; dobbiamo capire come ricalibrare il nostro rapporto; e come posso continuare a fare il padre di mio figlio"
"Capisco; sappi che ho già parlato con il mio avvocato"
"Immaginavo, è nel tuo diritto; possiamo vederci oggi pomeriggio?"
"Sono impegnata"
"Quando allora?"
"Non lo so, mi faccio viva io, va bene?"
"Voglio vedere Ethan"
"Oggi pomeriggio puoi andare da Felice, le dirò che passi; io sarò fuori per lavoro"
"Grazie Donna"
"Non lo faccio per te, lo faccio per mio figlio, che ha pur bisogno di un padre, anche se quel padre sei tu" e riattaccò.
David si sentiva decisamente provato. Si sentiva in colpa per lo stato d'animo di Donna, temeva che la sua ferita le facesse fare qualcosa che non era nelle sue corde, come mettergli il figlio contro. Ma sentiva di non avere alternative. Gli mancava il bambino, questo era innegabile. Ma non gli mancava lei, né la loro casa, né il clima che si era instaurato da tanti, troppi mesi. E non  gli mancava il suo lavoro, dal quale si era licenziato già da qualche giorno. Mentre era galvanizzato dalla nuova esperienza, passava le giornate ad elaborare nuovi progetti, nuove iniziative. Ne parlava con chiunque: con Valerie, ovviamente, che l'ascoltava contagiata dal suo entusiasmo; con Brandon e Steve, a casa; con suo padre, al telefono. E tutti non avevano potuto fare a meno di notare che David sembrava tornato a dieci anni prima, entusiasta della vita e dei suoi risvolti.
Arrivò al locale, l'insegna After Dark era ancora coperta, ma già occupava la sua posizione. I lavori murari erano terminati, così come gli impianti erano stati sistemati. Si lavorava ora alle rifiniture ed alla sistemazione degli arredi. Pensò che mancava poco all'inaugurazione; disse da solo, a bassa voce "Non vedo l'ora" e sorrise compiaciuto.

Oltre la fine. Beverly Hills 90210Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora