Capitolo 14. La bambina dagli occhi verdi.

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Brandon arrivò puntale. Rimase qualche secondo a fissare la casa di Kel e a cercare di riordinare la mente. Era stato fino a tardi in ufficio a discutere con Barret.  Johnson aveva fatto altri nomi tra cui due consiglieri, Bean e Salisburin; appalti pilotati, milioni di dollari stornati dai conti pubblici . Si erano immersi in un lavoro furioso. L'intero sistema per la costruzione pubblica di L.A. poteva saltare e con lei anche persone molto vicine al governatore.
Non aveva ancora chiaro cosa Johnson volesse. Perché non avesse parlato con la polizia e perché avesse scelto proprio lui. Non glielo aveva chiesto ma era sua intenzione andare a fondo.
Camminava nel vialetto di Kelly con due bottiglie di un ottimo taglio bordolese che aveva scoperto in un ristorante chic di Londra, sulla scorta dei suggerimenti data a Brenda da JT. Lui aveva ordinato e Betty glielo aveva fatto recapitare in giornata. Essere un capo aveva i suoi vantaggi.  Sentì la voce di lei che richiamava Sammy in cucina. Non aveva mai pensato davvero all'impatto che quel bambino avrebbe avuto su di lui. Il figlio di Dylan e Kelly.
Kel apri la porta ancora prima di suonare.
"Hei, ho sentito la macchina"
Lo bació sulla guancia.
"Vieni dai"
Kel era sempre una donna bellissima. Aveva i capelli biondi morbidamente raccolti  e un filo di lucida labbra.
I jeans e il maglioncino bianco che indossava lasciavano trasparire le sue forme eleganti.
Sammy gli apparve davanti timidamente. Aveva la stessa forma degli occhi di Dylan, ma l'allegria dentro e l'espressione avevano il sapore della Kelly, che lui conosceva molto bene.  Quel bambino era familiare. Più di quanto si sarebbe mai aspettato.
Si strinsero la mano come due gentil uomini. 
"Il vino" disse lui porgendole le bottiglie.
Kel sorrise.
Brandon si guardò intorno. La scelta degli arredi faceva trasparire il gusto e l'organizzazione di Kelly.
Sammy ancora tentava i suoi maldestri canestri.
"Giornata pesante?" gli chiese Kel.
"Abbastanza" rispose lui togliendo la giacca.
La tavola in giardino era apparecchiata con cura. L'abbinamento dei colori, la scelta delle forme.
"Sei sempre stata brava in queste cose"disse lui.
"In cosa?"
"Nel rendere belle le cose più semplici"
Brandon stappó il vino e lo versó per entrambi.
"Ah .. devo andare ad aiutarlo, un uomo non dovrebbe mai stare solo nei suoi primi canestri"
Kelly guardó nella stessa direzione in cui guardava Brandon.
Lo sport, il basket. Sammy e i suoi tiri liberi.
Brandon si avvicinò al piccolo arrotolandosi le maniche della camicia.
"Ok ragazzo, se vuoi possiamo fare qualche tiro insieme"
"A che serve, non ci riesco.."
"Cosa cosa cosa... certo che riesci, il basket ragazzo mio.." si abbassò avvicinando il suo viso a quello di Sammy e sistemandogli le dita sulla palla " è una questione di concentrazione, di visualizzazione; guarda il canestro Sammy, non la palla, il canestro.. ora tira"
La palla si alzò... leggera..
Kel osservava il tiro... la palla si infilò a canestro.
"'Bang!" gridò Brandon.
"Bang!" ripetè Sammy
E vai con il cinque.
"Vuoi riprovare?"
"Si"
Sammy recuperò la palla e si riavvicinó a Brandon. I due volti erano molto vicini tanto da provocare dolore a Kelly. Un dolore sordo e lontano di molti anni prima.
"Non permettere neanche a te stesso,  Sammy" sussurrò Brandon " di dire che non sai fare qualcosa, sistema le dita, vai"
"Bang!"
Brandon tornó dal suo vino, da Kelly, e osservava da lontano Sammy ormai esaltato dai risultati. Sporadici ma pur sempre risultati.
"Credo che tu abbia fatto la sua giornata!"
"Adoro il basket. Adoro lo sport in generale."
"Si questo me lo ricordo" disse istintivamente lei.
"Già" sorrise lui.
Sammy tornó al tavolo.. e Brandon si occupò del barbecue. Risero più volte. Parlarono di cose semplici.  Seguirono i suoi discorsi da bambino, le parole ancora incerte e storpiate. Ogni tanto Kel guardava il profilo di Brandon mentre lui non guardava.
"Hai saputo la novità?" gli chiese lei.
Brandon non era sicuro della risposta.
"Torna Valerie"
"Si" rise lui "ho saputo, almeno guarda il lato positivo"
"E quale sarebbe B?"
"Non viviamo più tutti insieme"
Kel sbottó a ridere "giusto"
Brandon si fece serio "che anni quelli".
"Intendi terribili?"
"Ah ah, no no, sono stati degli anni bellissimi, gli inizi sono sempre meravigliosi, non avevamo la più pallida idea di che farne di noi. Ma eravamo insieme. Eravamo felici senza saperlo"
"Già" rispose lei. Guardò l'ora e richiamò Sammy.
"A letto, ora è tardi"
Kel lo prese in braccio e lo portó via.
"Bang!" così lo salutó Sammy.
Si addormentò facilmente. Esausto.
"Una serata bellissima, vero?" chiese Kel di ritorno.
"Si rispose lui, meravigliosa".
Si versarono dell'altro vino.
Kel non lasciò passare molto "Brenda e Dylan sono in Ecuador"
"Si lo so" rispose lui distrattamente, bevendo un sorso "devono averci chiamato contemporaneamente" risero.
Lei non riusciva a smettere di osservarlo, cercando di carpirne i segreti. L'invincibilità di Brandon non sembrava più cosi intatta, eppure ne sentiva ancora il profumo bianco.
"Sei felice tu?" gli chiese lei.
"La felicità è sopravvalutata Kel, ho fatto ciò che volevo fare. L'ho fatto ogni giorno con la stessa passione. Per me è cosi. Sono sereno" si voltò verso di lei. Ora che lei non guardava più e fissava il vino nel bicchiere.
"Ahh Kel" riprese lui "hai sempre avuto questo posto dentro te, inaccessibile a chiunque, questo sorriso triste che a te sta tanto bene, tanto quanto la gioia che esplode nei tuoi occhi quando sei felice.
"Mi sei mancato" disse lei senza preavviso.
"Anche tu" rispose lui.
"Non sono più la ragazza che hai lasciato"
"Me ne sono accorto" 
Lei si alzò e si andò a sedere vicino a lui.
Appoggiò la testa sulla sua spalla.
E lui le cinse la spalla.
"Ora dovremmo che ne so baciarci e andare fare l'amore come se non ci fosse un domani".
"Si penso anche io"
Risero.
"Questa è la cosa che mi è mancata di più di te" disse lei
"Cosa?"
"Il fatto che la mia testa si incastri perfettamente nelle tue braccia"
"Quello  che non hanno mai capito di noi è esattamente questo, ci incastravamo"
"Mica roba da niente" finì per dire lui.
Risero ancora.
Kel e Brandon lasciarono che quei minuti scivolassero fra loro due, raccontandosi il più possibile dei posti visti, della gente incontrata, una fame di raccontare ogni singolo giorno in cui uno non era vicino all'altro.
Brandon le raccontó della guerra in  Afghanistan, di come tra capo e collo lo avessero spedito lì a fare l'inviato di guerra.
"Hai avuto paura?"
"Ogni singolo giorno" rispose lui guardandola.
Non aveva difese e non aveva intenzione di averle.
"Un giorno seguivo una pattuglia. Ci siamo fermati ad Herat. Era una giornata caldissima. In giro sembrava non esserci nessuno. Solo bambini. Bambini come Sammy che giocavano per strada con giocattoli di fortuna. Quattro assi legate da uno spago.
C'era una ragazzina. Capelli corvini. Occhi verdissimi. Un viso perfetto. Era seduta in disparte e teneva una bambola tra le braccia. Lo coccolava e cantava una nenia. Le scattai una foto. E lei mi sorrise. Mi avevano avvertito di non lasciare soldi perché sarebbero arrivati gli altri come cavallette. Lei mi fece capire che voleva una penna e un quaderno. Tutto lì. Ne presi un paio che tenevo in tasca. E le regalai il mio taccuino. Sorrise di nuovo. Poi fu un inferno. Un attimo dopo i talebani aprirono il fuoco. Riuscimmo a riparare. I militari risposero al fuoco. Quando tutto finì la ragazzina era a terra. In una pozza di sangue. Insieme ad altri bambini. Senza pietà. Non so neanche il suo nome"
Kel lo guardava tramortita dal modo profondo in cui lui le aveva raccontato una storia semplice.
Brandon sorrise "la guerra tira fuori il peggio delle persone, ma ti dona anche molto"
"Tipo cosa?"
"Il valore del tempo" rispose lui "il valore della fortuna che abbiamo. Nascere in questa o quella parte del mondo è solo fortuna. Non ci sono meriti per questo".
Comunque" riprese Brandon "ho visto anche posti meravigliosi. Ho girato l'Europa. Sono stato di fronte a laghi bellissimi. Incastonati in mezzo al nulla. Due cieli che si toccavano. E montagne innevate. E mercati pieni di gente"
"Mi sarebbe piaciuto esserci anche io"
Brandon si voltò verso di lei " tu eri lì"
Kel lo guardò come se riscoprisse nuovamente  un Brandon che non era mai troppo lontano da lei.
Avvicinò le labbra alle sue. Lentamente. Qualcosa scattò e niente fu più uguale da quel momento. Era come se gli argini di un fiume si fossero rotti. Gli anni di attesa di Brandon rimanendo ai margini  vennero spazzati via dalle sue mani curiose sopra di lei.
Lei ritrovava i centimetri di pelle così familiari, cercandoli furiosamente sotto la sua camicia.
Dentro i suoi pantaloni.
"Mamma" la voce di Sammy lì fermò. Come un muro.
Kelly si scostò da lui.
"Si è svegliato"
"Già"
"Devo andare"
"Lo so"
"Domani mi chiamerai oppure ti eclissi"
"Ti chiamo"
"Arriva Valerie"
Lui rise. Sdrammatizziamo giusto.
Lui la bació.
"Grazie per la meravigliosa serata Mrs Taylor"
"Grazie  lei Mr Walsh"
Un vecchio trucco.

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Oltre la fine. Beverly Hills 90210Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora