Capitolo 56. Possibilità.

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Beverly Hills

Brandon aveva convocato Brian Ward nel suo ufficio. Voleva scrutarlo, osservarlo, capire se l'ultima cosa che voleva fare prima di lasciare L.A. avesse un senso e una misura.
Brian era evidentemente emozionato. Si era appena laureato. Pieno di sogni. Di speranze. Di cose delle quali parlare. Cercava solo una possibilità.
Brandon vide grosse similitudini con il se stesso di anni prima. Quei no che aveva  ricevuto in realtà gli avevano aperto pagine inimmaginabili di vita. Aveva girato il mondo grazie a quei no. Aveva rinunciato anche a sé per quei no.
Barrett era presente, aveva ripreso il servizio, la direzione della sua creatura, che aveva trovato svecchiata, ringiovanita, viva.
Walsh sapeva fare il suo mestiere.
"Lavorerò giorno e notte. Farò la cronaca cittadina, di quartiere, quello che volete. Gratis. Mi basta fare esperienza. Non mi assumono se non ho esperienza, ma se non mi assumono non farò esperienza".
"Sì, la conosciamo bene questa storia" disse Brandon "Non ti agitare Brian. Sei troppo emozionato" lo calmò "raccontami di te. Cosa ti piace fare. Hai hobby? Una famiglia? Una fidanzata?"
Brian si adeguò a quelle domande, pur di farsi assumere gli avrebbe raccontato dai suoi primi mesi di vita in poi.
"Vivo con la mia ragazza Cassie, in un appartamento nel quartiere di Pico Union. Viviamo insieme da poco. Stiamo insieme da due anni. Una storia lunga".
"E lei che fa?"
"È un paramedico. Ha appena cominciato anche lei."
"Bene così, potresti avere le notizie prima di tutti" rise Barrett.
Brandon scrutò il curriculum e qualche articolo che Brian aveva portato.  I pezzi erano buoni, ottime capacità linguistiche. Non era male.
Si strinsero la mano. Da lunedì era in prova.
Barrett non fece domande, ovviamente tutta quella faccenda aveva il suo bene placido. Sembrava che Walsh ci tenesse particolarmente e poteva immaginarne i motivi. In qualche modo voleva risarcire Brandon per ciò che aveva tolto a lui.
"Quel mio rifiuto ha cambiato la tua vita Walsh. In meglio o in peggio?" gli chiese mentre Brandon stava ficcando le sue cose nella scatola.
"Non saprei dirtelo" rispose lui "è cambiata, ha decisamente svoltato. È andata come doveva presumo e quindi va bene cosi. Non me le faccio mai queste domande".
"Ti hanno detto niente da Washington?"
"Solo che qualcosa bolle in pentola per me. Quindi poi lo vedi che quel no è servito sicuramente" risero.
"Ci sarebbe un posto come responsabile della Cbs costa orientale" disse di un fiato Barrett.
Brandon gli sorrise e scosse la testa "Non posso restare".
"Perché no?" lo scrutò, capì che non aveva alcuna voglia di rispondergli "capisco. Ma il posto c'è. Pensaci. Ti vogliono."
"No" disse lui "preferisco andare".
Si strinsero la mano e si salutarono con affetto, mentre Barrett riprendeva possesso della sua scrivania.
Betty era evidentemente emozionata per la partenza di Brandon.
"C'è qualcosa che posso fare per lei? Un caffè? Le chiamo un taxi?"
"No, Betty. Volevo dirti che ti ringrazio per avermi aiutato in questi mesi. Senza di te non ce l'avrei fatta".
Lei sembrava inorgoglita e ammorbidita nello sguardo, frutto di una bellezza non recente, ma che brillava ancora.
"Anzi, Betty, una cosa la puoi fare per me. Non ho spedito questo. Fallo per me. Magari fra un po', non subito".
Betty prese il pacchetto di carta marrone, l'indirizzo era scritto ben chiaro con un tratto ordinato e nero.
Brandon uscì da quegli uffici senza guardarsi indietro. Era contento in fondo di tornare a Washington. Il suo appartamento alienato e alienante lo aspettava. La redazione anche. La sua perfetta comfort zone. Forse poteva uscire un po' di più, impegnarsi a conoscere qualche ragazza, magari là fuori per lui qualcuno c'era.  In quegli anni non ci aveva provato davvero.
Prese un taxi e andò fino all'oceano. Nightswimming gli risuonava nella testa. Era una partenza diversa da quella di anni prima. Non era verso l'ignoto. E sapeva che le sue tracce non erano state cancellate. Le sue orme risalivano in superficie. E questo bastava.
Aveva salutato chi doveva. Come poteva. Respirò profondamente. Due ore dopo il suo aereo decollava verso Washington.
Dylan arrivò a casa Taylor intorno alle cinque, per gli allenamenti di Sammy.
Trovò il piccolo ad aspettare sui gradini di casa.
"La mamma?"
"È in giardino."
"Ok. Infilati in macchina vado ad avvertirla".
Dylan lo superò e andò da lei. La vide di spalle.
"Kel? Sono arrivato."
Kelly non si mosse. Fissava qualche punto indeterminato che lui non poteva vedere.
"Brandon se ne è andato oggi vero?" gli chiese con la voce spezzata.
Dylan rispose di sì e quel sì fece chiudere gli occhi di Kel per istinto. Per protezione. Per mancanza.

Londra.
Raynolds disse a Brenda che prendersi   la responsabilità di quel musical era una scommessa su di lei.
"Sto investendo soldi, Brenda. E non solo io".
Poteva scegliersi una squadra e avrebbe sostenuto lei i colloqui. Coreografi. Sceneggiatori. Era il capo assoluto. A Brenda pareva strano che le dessero una tale carta bianca. Doveva proprio essere piaciuta la sua scrittura. In fondo era una storia vera, per altro fruibile,  spendibile su un pubblico ampio.
Cominciò a valutare la rosa dei nomi, con qualcuno aveva lavorato, con altri no.  Era più  difficile di quanto credesse. Meglio così, non aveva tempo di pensare. Ogni tanto Dylan la chiamava, voleva sapere come stava dall'altra parte del mondo, come andavano i suoi progetti. Le raccontava di Sammy, che sembrava aver  superato il trauma. Giocava nei pulcini del basket. Kelly aveva cominciato a mollare la presa. Glielo lasciava più spesso. Brandon se ne era andato.
Dylan sceglieva di restare a Los Angeles. Di fare il padre.
Brenda comprendeva, capiva, soffriva nei minuti di quella chiamate, fino a sperare che non ve ne fossero altre. Dylan non  riusciva  a perdonarsi di aver messo in pericolo suo figlio.
A volte la vita è così, una serie di coincidenze e di porte che si aprono a scomparsa e ne vieni risucchiato senza riuscire a stare bene.
Parlavano molto al telefono. Quando a L.A. era il primo pomeriggio e per lei era sera inoltrata.
Brenda conosceva già quella strada, l'aveva già attraversata, percorsa, sofferta. Le telefonate sarebbero diventate sempre più rade fino a scomparire.
Non riusciva a dirgli di no. Non era mai riuscita e  si odiava per questo. Non poteva stare con lui, ma non poteva neanche stare senza di lui.

Oltre la fine. Beverly Hills 90210Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora