L'Ecuador era diventato anche il posto di Brenda. Andavano e venivano da quei luoghi incantati appena possibile. Lei riusciva pienamente a comprendere perché Dylan avesse trovato il suo rifugio in quei luoghi, che erano ora anche i suoi.
Si sistemò sotto la magnolia in giardino insieme a Blanca e ad Isabel. Pulivano fagiolini per la cena. Una quantità impressionante di fagiolini e verdure da tagliare.
Blanca le sorrideva, si impegnava a spezzare le punte in modo preciso e a lasciare andare i pezzi buoni dentro il canovaccio aperto. Facevano giochi con le parole in lingua inglese a cui partecipava anche Isabel. Giochi di spelling e gare con gli altri ragazzini. Brenda guardava quella bambina mentre la stessa era impegnata in altro. Ne era irrimediabilmente attratta.
"Allora come procede con il telefilm?" le chiese Isabel.
"Bene" sorrise Brenda "molto bene, stiamo procedendo con le riprese, beh" si interruppe Brenda "a parte questa piccola vacanza".
Isabel sorrise " e con Dylan?"
"Benissimo" disse convinta Brenda "lo sai c'è stato un periodo difficile ma lo abbiamo superato".
Isabel scrutò gli occhi di Brenda poi si rivolse alla sola Blanca.
"Piccola credo che sia arrivata l'ora dei compiti"
"no dai ancora cinque minuti a me piace stare qui"
"Blanca.." la rimproverò dolcemente Isabel.
La bambina mostro un debole disappunto "va bene" abbracciò forte Brenda che la salutò con un affettuoso "ci vediamo dopo".
Entrambe la seguirono con lo sguardo mentre si infilava all'ombra della casa.
"È una bambina meravigliosa" disse Brenda.
"È vero" annuì Isabel con un sorriso "purtroppo non è fortunata con le adozioni. Una è appena fallita."
"Davvero?" chiese Brenda.
"Una adozione internazionale, le carte sono tutte in mano agli assistenti sociali. Blanca parla inglese pensavo insomma che sarebbe stata tra le prime ad andarsene. Ma sono sicura che le troveranno una famiglia per bene. Insomma, quando fai questo lavoro lo sai che prima o poi questi ragazzi andranno via, vuoi perché sono diventati maggiorenni, vuoi perché qualcuno li accoglie. L'unica cosa che rimane è la speranza che stiano bene e che rimanga sempre il ricordo del periodo passato qui. Che tornino solo per dirci che stanno bene."
"Qualcuno è mai tornato?"
"Qualcuno"
"È stava bene?"
"Qualcuno no, purtroppo. A volte la sfortuna è una strega malvagia".
"E tu non hai paura?" chiese Brenda "non so proprio come fai a lasciarli andare"
"Devo" le rispose Isabel "non possiamo tenerli per sempre. Devo avere fiducia nel mondo. Avere dei figli è un atto di fiducia nel mondo."
"Mi dispiace che tu non possa averne di tuoi" le disse ingenuamente Brenda.
"Cosa ti fa pensare che io non ne possa avere?" chiese Isabel.
"Oh scusami"
"No" sorrise lei "non ti preoccupare. Io posso avere figli Brenda ma ho scelto di non averne ho già i miei ragazzi qui. Volevo togliere dolore dal mondo in questo modo, c'è così tanto bisogno.
Brenda l'ascoltava rapita e quasi in colpa per la sua incapacità di provare sentimenti simili. Le salirono ancora lacrime impigliate non si sa esattamente dove.
"Che succede?" chiese Isabel.
"Io e Dylan stiamo provando ad avere un bambino, bhè sai, dopo quello che è successo, è oltre un anno che ci proviamo. É una sofferenza frustrante. A volte penso che lui non ne voglia, voglio dire, lui ha Sammy, forse è appagato da quello, io invece non trovo pace."
"Capisco" rispose Isabel "ma come fai a dire che lui non ne voglia? È quello che ti ha detto?"
"Dylan farebbe di tutto per rendermi felice. Direbbe di tutto. Si sente in colpa ma io sento che manca qualcosa. A volte mi incolpo penso che sia io quella troppo frenetica e che solo perché lui non ha il mio ritmo non vuole dire che non ci tenga. Ma poi vedi? Noi prendiamo, partiamo, non avremmo più quella libertà che lui ha avuto anche con Sammy e alla quale io rinuncerei volentieri. Quella sensazione strana che sento è che non sono sicura che vi rinuncerebbe lui."
"Hai solo una soluzione, parlargliene in modo chiaro"
Brenda scosse la testa.
Blanca uscì in quel momento.
Brenda la osservò, nei lineamenti curvi e giovani. Le sarebbe piaciuto davvero un giorno avere una figlia come lei. Con quella stessa vividezza negli occhi.
Con quel guizzo e quell'intelligenza superiore. Astuta. Energica.Los Angeles.
Brandon aspettava in aereoporto. Kelly sarebbe dovuta atterrare da San Francisco a momenti. Fortunatamente Grace si era addormentata durante il viaggio in macchina e Sammy era impegnato a farsi massaggiare da quelle poltrone da una moneta. Rideva come un matto e faceva sorridere anche Brandon.
Quella sera aveva intenzione di parlare con lei. Il percorso di Kelly era a metà. Mancavano ancora diverse settimane, lei aveva maturato l'idea delle dimissioni dalla High School per cui era evidente che ormai si era immersa e addentrata in quella nuova carriera, ed in effetti era rinata e se in qualche modo Brandon si sentiva fiero di aver fatto parte di quella svolta, come un eroe silenzioso e senza volto, dall'altra sentiva che quell'estate cruciale anche per lui aveva esigenza di rientrare. Una occasione come quella che gli aveva proposto Simmons poteva valere oro per la sua carriera e certi treni non ripassano facilmente. Sammy si era spostato a fare capriole sulle transenne fisse, sotto l'occhio vigile di Brandon.
"Per favore stai attento" gli aveva chiesto.
Il suo cellulare squillò.
"Steve dimmi"
"Ho fatto un casino Bran" la voce di Steve era un misto di confusione e costernazione.
"Che è successo"
"Il rettore Arnold si è sentito male questa notte è ricoverato in ospedale da Andrea"
"Cosa?" chiese Brandon.
"no, non ti preoccupare ora è fuori pericolo, è stato operato da uno bravo. Gli hanno messo un by pass, la terapia intensiva è solo una routine"
"Devo passarci più tardi allora"
"E come fai non fanno entrare i bambini"
"No, sta tornando Kelly, sono all'aereoporto, non c'è problema" rispose Brandon abbastanza frustrato.
Ormai i suoi amici lo consideravano una specie di Casalingo disperato.
"Insomma quale sarebbe il casino che hai combinato?"
"Ho fatto un casino con Clare"
"Perché la cosa non mi sorprende?"
"Perché mi conosci"
"Infatti; lei dov'è ora?"
"Credo in ospedale da Andrea."
Brandon si voltò tenendo d'occhio Grace e Sammy. Il tempo di inquadrarlo e con un tonfo Sammy era caduto di faccia da una delle sue capriole. Direttamente sul marmo puntinato degli arrivi.
Il bambino aveva la bocca che sanguinava.
Brandon riattaccò senza pensarci.
Aiutò Sammy a rialzarsi. Recuperò Grace e andarono nel bagno. Cercò di lavargli via il sangue che usciva copioso e continuava a rassicurarlo, che non era niente. Intanto il labbro si gonfiava e anche Grace mostrava segni di insofferenza.
"Per favore Sammy stai fermo o non riesco a vedere cosa ti sei fatto"
Sammy si agitava e si era macchiato la maglietta di sangue.
"Mi fai male"
"Diavolo Sammy stai fermo"Brandon gli aveva urlato abbastanza da farlo fermare con le lacrime appese agli occhi.
"Tu non sei mio padre" gli disse Sammy in un modo terribile.
"Hai ragione, non lo sono, ma che ti piaccia o no devi darmi retta ora".
Finì di pulirlo e alla fine era risultato un piccolo taglio sotto il labbro inferiore. Chiese del ghiaccio al punto di primo soccorso..
L'infermiera gli diede un' occhiata. Non era nulla di grave. Il labbro sarebbe stato gonfio qualche giorno ma ormai Sammy si rifiutava di parlare con lui.
Tornarono indietro. Le porte si aprirono e videro Kelly uscire accompagnata dal suo collega Mcgragor. Un professorone di bell'aspetto che allungava la mano sulla schiena di Kel per accompagnarla bella camminata.
Brandon si innervosì alla vista e Kelly se ne accorse.
Il malumore si aggiunse al malumore.
Kelly vide subito il labbro gonfio di Sammy il quale si buttò tra le braccia della madre disperandosi più per il fatto di essere stato malamente sgridato da Brandon che per il labbro dolente.
"È stato un incidente Kel"
"Ma tu dove stavi guardando" Kelly era indisposta. Stanca per il viaggio, non sapeva cosa fosse successo
"Io ero al telefono con Steve"
"Ah fantastico. E Grace dove era appesa al check in?"disse sarcastica Kelly.
"Mi ha anche urlato contro" incalzò Samuel.
Kel gli lanciò un'occhiata malevola.
"Complimenti" disse sarcastica.
Di nuovo quel tono soffocante. Quella punta di sarcasmo, quel non sapere cosa dire.
"Gli ho solo detto di stare fermo"
Brandon allungò il braccio per sfiorare Sammy ma quello si nascose dietro la madre.
Come se Brandon fosse il pericolo pubblico per loro.
Questo ferì enormemente Brandon.
"È stato solo un incidente. Non si è fatto niente."
Kel lo guardò con occhi di rimprovero.
"A me non sembra che non si sia fatto niente."
"Come ti pare Kelly. E incredibile come tu giri tutto contro di me, mi faccio un culo così per cercare di sostenerti in questa cosa e guarda il risultato."
Bran prese nervosamente Grace dal passeggino e si avviò verso l'uscita spingendo con frustrazione, la sua vita, quei momenti.
"La macchina è di la".
Kel lo seguiva tenendo per mano Sammy.
Era dispiaciuta per il tono che aveva usato con Brandon. Ultimamente non riuscivano ad avere una conversazione normale, che non precedesse un litigio. Una incomprensione. Urla uno contro l'altra. Si stavano trasformando. Distorcendo.
Sembrava che quella sua trasformazione la stesse allontanando da lui, che li stesse distruggendo. Doveva riconoscere a Brandon che aveva fatto un lavoro straordinario, che pochi avrebbero fatto, però quella sua nuova lei, le piaceva, la faceva sentire sicura e al sicuro.
Quando arrivarono a casa Kel tirò fuori la scatola con uno dei transformer che Brandon gli aveva indicato.
"So che sei stato bravo" disse a Sammy porgendoglielo.
"Proprio quello che desideravo grazie mamma!"
Kelly gli sorrise poi guardò Brandon con occhi imbarazzati. Si era presa un merito che non aveva, che aveva indicato lui.
Quando i bambini si furono entrambi addormentati Kel scese da Brandon, seduto in cucina.
"Mi dispiace di aver reagito in quel modo in aereoporto" disse a lui.
Brandon le diede uno sguardo misero.
"Si immagino che sia così."
"Che vuoi dire?"
"Non voglio litigare di nuovo con te Kel"
"Non stiamo litigando"
"Davvero? Ultimamente sembra che sia l'unica cosa che sappiamo fare" rispose Brandon "o vai fuori per lavoro oppure litighiamo."
Kel pareva ferita.
"Dimmi una cosa, come mai hai regalato una scatola di transformers? Non avevi preso i lego?"
"Tu mi hai detto che voleva quello"
"Esatto Kelly io. Quello a cui dice tu non sei mio padre, potevamo almeno darglielo insieme invece di essere tu la fata buona e io quello che gli fa spaccare la faccia contro il marmo."
"Quando ti ha detto questa frase?" Chiese Kelly sorpresa.
"Oggi. Dopo essersi fatto male."
"D'accordo" disse Kelly "il mio senso di colpa verso i bambini ha voluto strafare. Mi dispiace"
"Anche questa già sentita."
"Ma che ti prende?"gli chiese Kel.
"La settimana prossima torno al lavoro, ho cose urgenti da fare, dobbiamo prendere qualcuno che ci aiuti."
Kel si arrabbiò visibilmente "non erano questi i patti"
"Si bhe i patti sono cambiati. Possiamo fare entrambe le cose. Come fanno milioni di persone nel mondo. Io proprio non ti capisco Kel. Cosa altro vuoi da me. Cosa devo fare per renderti felice. Sono due mesi che ti vedo a malapena. Quando vieni o dormi, o lavori."
"È il mio lavoro".
"E io cosa sarei?" Le chiese Brandon "senti, io torno al lavoro, organizzerò dei colloqui per prendere qualcuno che ci aiuti. Una babysitter brava e qualificata. Che piaccia ad entrambi. Spero che tu vorrai essere presente."
"Non voglio nessuno in questa casa. Non voglio estranei." Gridò Kelly.
Brandon fece un sorriso sarcastico.
"Lo sapevo che era un errore"
"Cosa?" Chiese Kel.
"Tornare da Washington"
Brandon pronunciò quella frase ma se ne pentì immediatamente. Fu dolorosa anche per lui, dettata dalla rabbia, dall' incomprensione. Non sapeva neanche esattamente come fosse venuta fuori. Era arrabbiato. Era stanco. Forse era per ferirla come lei aveva ferito lui. Kel rimase immobile. Le uscirono quelle lacrime silenziose di chi non contorce il viso ma lascia defluire fuori tutto come un dolore lineare e Bran avrebbe voluto prenderla con se chiederle scusa. Ma accusava anche lui la solitudine. La mancanza. La poca cura.
Si alzò e la sorpassò senza guardala lasciandola in piedi in mezzo alla cucina.
"Dove vai?" gli chiese Kel mentre lo osservava prendere le chiavi della macchina.
"Ho bisogno di aria almeno a questo avrò diritto o devo chiederti il permesso anche per questa stronzata. Non ti preoccupare quando torno avrai tutto il tempo di rendermi la vita un inferno" rispose lui chiudendosi la porta alle spalle.Cosa pensate della storia fino ad adesso? Cosa pensate che succederà? Abbiamo davvero bisogno dei vostri commenti, delle vostre opinioni.
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Oltre la fine. Beverly Hills 90210
FanfictionFanfiction su una delle serie più amate degli anni 90 BeverlyHills90210. Una finestra su cosa è successo dopo la fine della famosa serie tenendo in considerazione le dichiarazioni degli scrittori, attori, e le interviste rilasciate. È una fanfiction...