Capitolo 51. Cuore dannato.

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Dylan osservava Brenda fare i bagagli. Ne assorbiva i contorni. I lunghi capelli neri raccolti in una coda ben sostenuta. Gli occhi cerulei che squadravano, sceglievano e piegavano in un ordine urgente.
"Alcune cose le lascio qui" disse lei.
"Magari vieni a riprenderle".
"Magari me le vieni a riportare tu" sorrise.
"Brenda.." sospirò lui, attratto dalle sue mani che delicatamente si posavano sulle cose.
"Lo so" disse lei "lo so. Ne abbiamo parlato e riparlato per tutte queste notti. Il tuo posto è qui adesso."
"Esiste un posto per me?"
Brenda sorrise e si sedette sul letto. Lo scrutava innamorata ma esausta. Sfinita dalle parole. Da quel ragazzo incontrato anni prima che l'aveva presa per mano, mostrato il cuore, dannato il suo. Per il quale aveva lottato duramente con la sua famiglia. Che le aveva voltato le spalle e poi era tornato e poi andato via ancora.
"Si che esiste" gli rispose " È ovunque per quanto ne so io. È nella tua natura e forse dovresti smettere di combattere questi demoni, perché i demoni sono parte integrante di te. Hai una famiglia. Hai me. Hai i tuoi amici. Sei stato amato e hai amato. Sai ascoltare. Smettila di fuggire dalle ombre. Magari se ti fermi da qualche parte scopri che ti adatti perfettamente al posto in cui sei. A volte penso che tu abbia paura proprio di questo. Di fermarti. Di vedere come è".
"Forse hai ragione".
Brenda riprese a fare i bagagli "farei tanto a meno di avere ragione D" lo guardò con la coda dell'occhio "ti ricordi quando sei venuto a Londra? Non adesso, intendo otto anni fa".
"Me lo ricordo".
"Non credevo che ti avrei rivisto ma sapevo che ti avrei riconosciuto ovunque. E in fondo a quel teatro io ti ho visto. Prima di tutti. Prima che tu vedessi te stesso. Ho visto anche la nostra fine prima ancora di cominciare ma non mi importava. Eravamo noi. Eravamo soli. Eravamo al mondo" lo fissava serena "Il tuo ricordo di Antonia non è mai stato un problema per me. Perché sapevo che apparteneva ad una porzione della tua vita vivente ma conclusa. Sei tu l'unico problema che era rimasto a me".
"Tutto ciò che tocco si distrugge" sospirò lui.
"Le cose funzionano nella misura in cui tu vuoi farle funzionare, Dylan, e si distruggono quando smetti di proteggerle. Tu hai smesso di proteggermi. E sei tornato qui per giustificare te stesso. Per nasconderti. Io amo te" disse lei "ti ho sempre amato e ti amerò sempre. Non metterlo mai in dubbio. In qualche modo io ti aspetterò sempre. Ricordi quella volta in macchina di ritorno da Palm Springs cosa ti dissi? Come potevo innamorarmi di qualcun altro se sono sempre innamorata di te? Per quanto mi scocci ammetterlo è ancora così. E sarà sempre così. Ma non ho intenzione di combattere alcuna guerra. Non più, e neanche Brandon" aggiunse Brenda "sei tu che devi scegliere me. Sei tu che devi tornare in fondo a quel teatro per me. Non posso chiedertelo io.
"Si, questo lo so"
"Siamo stanchi dei vostri cuori divisi a metà. Delle vostre indecisioni. Non è giusto, questo lo comprendi?"
"Lo sai che fra me e lei non ha funzionato. Lei finiva per essere infelice e io anche. È uno schema che si ripete continuamente. A volte penso che Kel amasse l'idea di me e non me."
"Non ha funzionato, ma avete un figlio e questa è una tua precisa responsabilità" Brenda si fermò "dovete pensare a cosa volete, dare priorità. Io spero sempre di vederti tornare e forse ti cerco, in ogni angolo ed in ogni luogo dove sono stata. A volte mi sembra di vederti. In mezzo alla gente. Vorrei vederti restare. Scegliere me. Ma non te lo posso chiedere. Non con Sammy."
Mise il suo viso davanti a quello di Dylan "non te lo posso chiedere perché ti distruggerebbe dover scegliere e distruggerebbe noi".
Dylan fece cenno di sì con la testa. Brenda aveva ragione. Non era giusto. Lei si tirò su e lui appoggiò la testa sul ventre di lei. Rimasero così. E fuori la pioggia cominciava a ticchettare i vetri delle finestre.
"Comunque io ti ringrazio per questi mesi insieme. Per essere venuto a Londra. Per l'Ecuador. Per Los Angeles. Sei stata la mia felicità" lui tirò su la testa e posò i suoi occhi in quelli di lei.
"Pensa che volevo portarti a Minneapolis dai tuoi"
"Sul serio?" Brenda sorrise.
"Sul serio"
"Dylan, Jim e Cindy"
"Bei tempi"
"Già" disse lei " io spero di vederti tornare. E quando ti vedrò saprò che è per me. Per noi. Ti chiedo di non farlo per nessun altro motivo. Non farlo per mancanza temporanea, non farlo per paura della solitudine.  Non farlo per inquietudine."
"Ti accompagno all'aereoporto"
"No" disse lei scuotendo la testa "no, è troppo doloroso".
Dylan sentì le lacrime salirgli su da un posto sconosciuto. Le percepì e non volle fermarle. Brenda le baciò. Dolcemente. Con misura. Sul viso di lui.
Da lì si spostò alla sua bocca e lui sul seno di lei.
Slacciarono i pantaloni. Infilarono le mani nelle fessure di quell'amore dannato. Ne nutrirono le spaccature. Penetrarono, in piedi, i luoghi nascosti.
E così, si salutarono Brenda e Dylan, ancora una volta e sempre. Senza pretese, connessi nell'unico livello possibile, oltre, incondizionatamente. Ebbero il coraggio di ridere e sorridere delle loro vite. Il tempo rallentò come un battito di un atleta. E poi si spense del tutto. Lasciandoli soli a fare l'amore. Forse per l'ultima volta. Forse per un tempo che continua ancora oggi.
Poi lei fece un paio di telefonate. Dylan la sentiva in cucina, salutare tutti, scusarsi per non essere passata e per la fretta.
Il taxi aspettava fuori. Lui accompagnò lei sull'uscio. Brenda non voleva che andassero oltre o le sarebbe stato insopportabile.
"Guardami bene Dylan" disse lei afferrando gli occhi di lui" Sei e resti l'amore della mia vita. Non sarò mai troppo lontana" gli disse, poi scivolò via in una rara giornata di pioggia a Los Angeles.

Oltre la fine. Beverly Hills 90210Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora