Capitolo 5

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Louis bevve tutto in un sorso il caffè che si era preparato scottandosi la lingua. Imprecò, mentre pensava che era impossibile farsi piacere i primi giorni di scuola. Nonostante si fosse messo la sveglia ad un'ora più che decente, come al solito era terribilmente in ritardo.
<<Merda.>> biascicò, precipitandosi al lavandino e cominciando a far scorrere l'acqua fredda. Afferrò un bicchiere di vetro e lo riempì fino a metà, poi bevve per sentire il tanto agognato sollievo.

<<Buongiorno anche a te, ragazzo.>> borbottò suo padre entrando in cucina mentre si faceva il nodo alla cravatta. Era davvero un miracolo che quella mattina fosse in casa, era una vita che non stavano insieme per fare colazione prima che cominciasse il primo giorno di scuola.

Suo padre, Mark, lavorava per una ditta importante ed era via quasi tutti i giorni, a orari alterni che cambiavano di settimana in settimana. Louis lo vedeva davvero poco, infatti rimaneva solo in casa per la maggior parte del tempo. Nel corso degli anni aveva capito che suo padre doveva fidarsi molto di lui per lasciargli la casa così spesso. Non che ci fosse molto di cui dubitare, lui era un ragazzo semplice a cui piaceva scattare fotografie e cantare. Non era un animale da festa e i pochi amici che aveva non li portava a casa sua per distruggerla durante un party notturno. No, Louis William Tomlinson non era certo quel tipo di persona.

Sorrise mentre risciacquava il suo bicchiere. <<Ehi. Scusa, papà, non ti avevo sentito. Buongiorno anche a te.>>
Mark si sedette a tavola e cominciò a mangiare biscotti con il latte. Louis corse in bagno per sistemarsi i capelli che durante la notte avevano assunto una forma assurda. Tenne la porta aperta, così da poter parlare ugualmente con suo padre.
<<In frigo ci devono essere dei muffin che ho preparato ieri.>> gridò, mentre con le dita maneggiava il ciuffo per fargli assumere una posa spettinata ad arte. <<Se ti va puoi mangiarli, io non li voglio.>> continuò poi.

Mise un po' di lacca, poi osservò per bene il suo riflesso nello specchio e si disse che poteva anche andare bene così. Si era vestito con uno dei suoi outfit preferiti, quel giorno: jeans stretti, camicia bianca e jilet.

Quando tornò in cucina, trovò suo padre accanto al frigo che divorava un muffin in piedi. Louis gli sorrise, mentre si rendeva conto che aveva allacciato male la cravatta. Gli andò incontro e gliela disfò per potergli rifare il nodo.
<<Non imparerai mai, papà.>> borbottò Louis.
<<Ehi, era sempre tua madre che mi faceva il nodo. Ricordi? Io sono proprio negato.>>

Louis rise, non riuscendo però a mascherare una vena di tristezza. Era sempre lì, non ce la faceva proprio a nasconderla. <<Già, me lo ricordo.>> mormorò.
Ci fu un momento di totale silenzio. Quando Louis terminò di sistemare il nodo, Mark gli mise le mani sulle spalle e le strinse delicatamente.
<<Se succede qualcosa a scuola, Louis, qualsiasi cosa...chiamami. Sai che non deve per forza andare avanti così.>>

Lui trasalì, ma cercò comunque di rimanere composto per suo padre. <<Andrà tutto bene, papà. Me la sono cavata fino ad adesso, posso benissimo continuare. Sono, uhm, piuttosto abituato.>>
<<Lo so, ma vorrei solo che tu sapessi che.. che ci sono anche io. Che potrei provare a darti una mano, se lo volessi.>>

Louis alzò un angolino della bocca, andando a formare un sorriso stanco. <<Grazie, papà, ma voglio farcela da solo. Vai a lavorare, adesso, altrimenti fai tardi.>>
Mark gli concesse un abbraccio goffo e veloce. <<Dio, sei proprio come tua madre. Così testardo.>>
Louis ridacchiò. Suo padre gli diceva spesso quelle parole, in effetti, ma lui più che testardo si sentiva determinato. Determinato ad affrontare un altro anno di scuola di battaglie e ferite aperte. Salutò suo padre con la mano prima di vederlo andare via, poi prese le chiavi della sua macchina e uscì per andare a scuola.

Louis desiderava con tutto il suo cuore che il suo quarto anno fosse diverso dai precedenti. Lo voleva davvero, ma sapeva che sarebbe stato molto difficile che quel suo desiderio si avverasse.
Viveva in un piccolo paesino vicino a Prior Lake, Minnesota. Un luogo incantato circondato da ettari di foreste e piccoli laghetti con non più di tremila anime. Andava al liceo pubblico, che non distava più di cinque chilometri da casa sua, al limite del confine nord, dove cominciavano le grandi foreste che Louis tanto amava.

Come faceva sempre prima di andare a scuola, passò a prendere la sua migliore amica, Eleanor Calder. Era un'esuberante ragazza ebrea con due papà gay e una personalità più unica che rara. Come lui, Eleanor era determinata e intenzionata a sfondare nel mondo della musica. Brodway, precisamente, e a differenza della maggior parte delle persone che Louis conosceva, Eleanor sarebbe stata intenzionata a uccidere chiunque pur di arrivare in cima. Nonostante questo piccolo particolare, lei era comunque una persona che era in grado di donarti il cuore. Era leale e forte, molto più forte di altre ragazze del liceo che Louis conosceva che fingevano di esserlo. Era talentuosa e incredibilmente chiacchierona, ma più di tutto, follemente innamorata del suo ragazzo, Niall Horan, il quaterback della squadra di football del liceo.

Eleanor gli stava parlando di lui, in quel momento, di quanto fosse fiera del fatto che era da molto che non litigavano e che erano felici, davvero felici e che per una volta sentiva di non dover aver paura del futuro. Louis era davvero molto contento per loro - voleva bene a entrambi, un bene che forse andava un po' al di là di quello che riceveva, perché a conti fatti erano i suoi migliori amici e per lui rappresentavano davvero tutto. Essendo solo in casa per la maggior parte del tempo e avendo perso la madre quando era ancora molto piccolo, lui tendeva a dare alle persone di cui si fidava più di sé stesso che poteva. Era difficile, incredibilmente difficile perché non riusciva mai a dare tutto sé stesso, non poteva, era più forte di lui. Ma quando pensava ai suoi amici non poteva fare a meno di credere che quella fosse la cosa più simile al concetto di famiglia che potesse avere.

Anche gli altri membri del club - il gruppo di canto della scuola - gli erano stati molto vicini in momenti passati, e Louis era loro così grato per questo. Soprattutto quando aveva fatto coming-out al secondo anno - uno degli anni più terribili, tra le altre cose.

I momenti in cui stringeva fra le mani una macchina fotografica e cantava circondato dai suoi amici: quelli erano i momenti in cui poteva dire di essere sé stesso. E anche i momenti in cui poteva vedere il suo lupo, quello era ovvio.

Ma era anche un segreto.

<<...quindi credo che andremo in un posto speciale. Niall non ha voluto dirmi il nome, ha solo detto che sarà una sorpresa. Louis, ma mi stai ascoltando?>> chiese Eleanor mentre il suo sorriso si spegneva lentamente.

<<Certo che ti sto ascoltando.>> rispose Louis mentre entrava nel parcheggio della scuola.
<<Non mi sembra. Sei preoccupato, vero?>> domandò lei, abbassando bruscamente il tono di voce.
<<No. Cioè, un pochino, Eleanor, ma...credo sia normale. Ormai semplicemente convivo con il fatto che lui sia lì e che la scuola non possa fare niente per difendermi.>>
<<Io e Niall ci siamo messi d'accordo. Non ti lasceremo solo un momento, quando sarai nei corridoi. E oggi parleremo anche con gli altri membri del club.>>

Louis sospirò mentre parcheggiava la macchina in posto che trovo vicino all'entrata principale. <<Eleanor, no. Voglio cavarmela da solo, ok? Stan sarà anche il triplo di me, ma posso farcela ad affrontarlo. Sono così stanco di vivere nella paura, Eleanor, e voglio che finisca, non sai quanto, ma non sarà nascondendomi che cambierò le cose.>>

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