Capitolo 6

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Scesero dalla macchina e in un attimo Eleanor andò verso di lui e lo prese a braccetto. <<Per qualsiasi cosa, tu sai che noi saremo sempre qui, vero?>>
<<Lo so, tesoro. E vi ringrazio per questo.>>
Lei poggiò la testa sulla sua spalla.
<<Allora, so che è un cambiamento drastico di argomento, ma oggi ti andrebbe di accompagnarmi al negozio di dischi dove siamo stati quest'estate?>>

Louis arrossì all'istante. <<P-perchè vuoi andare proprio lì?>>
Eleanor ridacchiò. <<Oh mio dio, stai arrossendo, Louis.>> lo prese in giro.
<<Non è vero, Eleanor!>> disse lui, cercando di mostrarle l'espressione più offesa che riuscì a trovare.
<<E invece sì!>> insistè lei. <<Avanti, Louis, ma cos'è che ti impedisce di andarci? Era così ovvio che quel ragazzo fosse interessato a te. Non faceva altro che fissarti.>>
<<Io non me ne sono accorto.>> borbottò.
<<Perchè sei cieco, Louis. Molto cieco. E poi ti ha anche regalato quell'adorabile segnalibro. Ora dammi un buon motivo per non tornare in quel negozio, avanti.>>

Lui ridacchiò, cercando di nascondere il suo nervosismo. In realtà non sapeva perché non aveva mai voluto tornare in quel negozio - o forse lo sapeva, ma non lo voleva ammettere ad alta voce. La verità era che quel ragazzo gli aveva fatto sentire qualcosa. Qualcosa di radicale e importante al livello del petto, qualcosa che era impossibile da spiegare a parole. Louis lo aveva guardato, e nei suoi occhi semplicemente aveva trovato un ragazzo diverso. Un ragazzo aperto e incredibilmente bello, adorabile e impacciato, ma soprattutto dagli occhi verdi, splendenti, unici.

Proprio come quelli del suo lupo.

<<Non lo so, Eleanor. Posso...posso pensarci?>>
<<Oh santa cotoletta, Louis! Non riesco proprio a capire di cosa tu abbia paura.>> ammise Eleanor mentre entravano e si dirigevano ai loro armadietti, di tanto in tanto salutando le persone che conoscevano. Una volta raggiunti, li aprirono e vi sistemarono dentro le loro cose. Li richiusero nel medesimo istante e si guardarono negli occhi. Lei sorrise, un sorriso sincero e incredibilmente dolce.

<<Succederà, prima o poi, Louis. Puoi scappare quanto vuoi, ma succederà, è solo una questione di tempo. Si tratta di trovare la persona giusta, e alla fine ti giuro che non ci sarà alcun motivo di aver paura.>>
Louis stava per ribattere che era davvero assurdo che fossero finiti a parlare d'amore; lui si era sempre sentito così piccolo di fronte a quella parola, quando da un punto dietro di loro cominciarono a provenire delle voci. Un vociferare troppo alto e troppo intenso per essere dovuto a qualcosa di insignificante o passeggero. Si incamminarono verso la parte finale del corridoio, trovando raggruppato lì un gran numero di persone. Eleanor era troppo piccola per poter vedere, ma Louis mettendosi sulle punte si rese conto che tutta quella gente era radunata attorno ad un avviso.>>

Il sangue si gelò nelle sue vene. Sentì un brivido invaderlo tutto, e per un attimo temette di essere sul punto di svenire.
<<Louis, cosa sta succedendo?>> chiese Eleanor, continuando a saltellare per poter vedere al di sopra delle teste degli altri. <<Non riesco a capire.>>
Louis deglutì, avvolgendosi il corpo con le braccia. <<Si- si tratta di Stan>> sussurrò con un filo di voce.
Eleanor lo guardò senza capire. <<C'è scritto...c'è scritto che è scomparso. Dopo essere stato aggredito dai lupi.>>

Louis non sapeva dire bene quando tutto quello fosse cominciato; l'unica cosa che sapeva con certezza è che poi non era mai finito, e che che quella situazione lo spaventava a morte.

Era ormai dal secondo anno - l'anno in cui aveva raggiunto il club, praticamente - che un gruppo di ragazzi lo assillava e lo prendeva in giro. Louis aveva sempre convissuto con questo genere di cose, un po' per il modo in cui si vestiva e per la voce che aveva, per cui all'inizio non si era molto preoccupato. Semplicemente, era sicuro del fatto che quei ragazzi lo trattassero così perché erano stupidi, ignoranti e magari anche un po' invidiosi, sotto sotto. Le parole non gli avevano mai fatto troppa paura, perché anche lui era capacissimo di usarle in risposta.
Ma ciò che non aveva messo in conto era che quei ragazzi non avevano intenzione di fermarsi alle parole. Cominciarono gli spintoni contro gli armadietti, le spallate nei corridoio mentre nessuno guardava, in modo che potessero essere scambiati per gesti del tutto accidentali, dettati dalla fretta. Ma lui sapeva perfettamente che non era così.

Ne aveva parlato quasi subito alla preside e più avanti al consiglio d'istituto, ma ciò che quei ragazzi facevano a Louis non era qualcosa che loro volevano risolvere così in fretta, era chiaro. A parole erano stati bravi a promettere più sicurezza, ma a conti fatti continuava ad essere spintonato di qua e di là e l'unica punizione che quei ragazzi ricevevano era una nota veloce o una sospensione. Nulla che li potesse concretamente fermare o spaventare.

Al terzo anno per Louis, molti dei ragazzi che facevano parte di quel gruppo se ne andarono al college. Fece lo sbaglio di pensare che per quel motivo l'agonia fosse finita. Ma si sbagliava.
Stanley Lucas era un ragazzo alto e robusto, uno dei più forti della squadra di football, Niall glielo ripeteva sempre. Era sempre stato quello che lo spingeva di più, quello che cercava di spaventarlo in qualsiasi posto per caso si trovassero. E Louis lo odiava. Sapeva che odiare era una cosa orribile e sbagliata, ma non poteva farne a meno. Stan lo prendeva in giro per come si vestiva, per la voce che aveva, per il fatto che avesse un visino troppo dolce e perché, come diceva lui, Louis era troppo gay. E per queste ragioni, sommate al fatto che ogni due per tre cercava di farlo cadere o di gettargli una granita in faccia, sì, Louis lo odiava. Con un tutto il cuore, un veleno che si irradiava nel sangue e che gli ribolliva dentro.

Ormai si era convinto, a un certo punto, che poteva arrivare alla fine dei suoi anni di liceo in quel modo. Odiando Stan ed affrontandolo di tanto in tanto, prendendosi qualche pezzo di ghiaccio in faccia e sentendosi dire cose orribili. Ce la poteva fare, era sicuro di quello. Aveva sopportato dolori ben peggiori nella sua vita, poteva benissimo sopportare qualche insulto in più. Se n'era convinto, almeno finchè un giorno Stan lo aveva spinto in un'aula vuota e lo aveva baciato.

Un bacio rude, disordinato e agghiacciante. Louis ricordava solo che le labbra di Stan sapevano di ferro, come se fino a un momento prima di baciarlo fosse stato lì a mordersi il labbro così forte fino a farne uscire sangue. Ricordava di aver sentito il cuore precipitare per l'orrore, perché voleva togliersi da quella stretta malsana, voleva scappare via ma Stan era così grande in confronto a lui, era stato impossibile. E così aveva lasciato che lo baciasse, e poi, una volta che lo aveva lasciato solo - dopo aver dato un pugno al muro più vicino e aver imprecato - aveva pianto come non faceva da tantissimo tempo. E aveva vomitato anche l'anima.

Gli c'erano volute settimane intere per convincersi a parlarne con qualcuno. Non ne aveva il coraggio. Aveva paura che non gli credessero, che gli dessero del pazzo. Molte persone a causa del suo incidente che aveva avuto coi lupi da piccolo lo pensavano. Quindi, perché qualcuno avrebbe dovuto credergli?
Alla fine ne parlò con Perrie, che al club era stata la sua prima vera amica. Poi con Eleanor, e mano a mano trovò il coraggio di parlarne alla classe intera, compreso il suo professore, David - per questi ultimi, tralasciando il particolare del bacio, naturalmente. Ma per ammissione di quest'ultimo, la questione era fin troppo delicata per poter essere portata al consiglio d'istituto. Nessuno voleva avere a che fare con un caso di outing, Louis meno di tutti.

Le scelte erano due: trasferirsi in una scuola privata e spendere soldi che suo padre non aveva, o continuare ad andare alla sua scuola a testa alta cercando di evitare Stan il più possibile.
Louis optò per la seconda ipotesi. Trasferirsi avrebbe significato mollare, e lui non era debole, lui era coraggioso. Forse nessuno lo avrebbe detto dal suo fisico, ma dentro lo era davvero. E avrebbe fatto di tutto, tutto quello che era in suo potere per combattere quella situazione perché era una persona come tutte, una persona che aveva un cuore e dei sentimenti e che meritava di essere protetta, anche se nessuno sembrava accorgersene.

Voleva solo dimostrare questo. Dimostrare che, nonostante tutto, lui poteva farcela.

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